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I Talebani hanno fatto un assurdo video promozionale per invitare i turisti americani a fare le vacanze in Afghanistan Il video con la sua surreale ironia su ostaggi rapiti e kalashnikov, mira a proporre il paese come meta di un “turismo avventuroso”.
Justin Bieber ha pubblicato un nuovo album senza dire niente a nessuno Si intitola Swag e arriva, a sorpresa, quattro anni dopo il suo ultimo disco, anni segnati da scandali e momenti difficili.
Damon Albarn ha ammesso che la guerra del Britpop alla fine l’hanno vinta gli Oasis Il frontman dei Blur concede la vittoria agli storici rivali ai fratelli Gallagher nell’estate della loro reunion.
La nuova stagione di Scrubs si farà e ci sarà anche la reunion del cast originale Se ne parlava da tempo ma ora è ufficiale: nuova stagione in produzione, con il ritorno del trio di protagonisti.
La danzatrice del ventre è diventato un mestiere molto pericoloso da fare in Egitto Spesso finiscono agli arresti per incitazione al vizio: è successo già cinque volte negli ultimi due anni, l'ultima all'italiana Linda Martino.
Ferrero (e la Nutella) va così bene che starebbe per comprare la Kellog’s Per una cifra che si aggira attorno ai tre miliardi di dollari. Se l'affare dovesse andare in porto, Ferrero diventerebbe leader del settore negli Usa.
Il cofanetto dei migliori film di Ornella Muti curato da Sean Baker esiste davvero Il regista premio Oscar negli ultimi mesi ha lavorato all’edizione restaurata di quattro film con protagonista l’attrice italiana, di cui è grandissimo fan.
Nell’internet del futuro forse non dovremo neanche più cliccare perché farà tutto l’AI Le aziende tech specializzate in AI stanno lanciando nuovi browser che cambieranno il modo di navigare: al posto di cliccare, chatteremo.

Quello che la politica può imparare da Gucci, secondo il New York Times

10 Luglio 2017

La politica americana, e in particolare i liberal, avrebbero molto da imparare dal mondo della moda, sostiene Vanessa Friedman, la chief fashion critic del New York Times , in un recente editoriale intitolato “What Gucci Can Teach the Democrats“, uscito sul supplemento domenicale del quotidiano. Friedman parte da alcune considerazioni fatte da suoi colleghi al Nyt che si occupano, a differenza sua, solitamente di politica, e che hanno notato quanto gli elettori stiano diventando più imprevedibili e meno legati alle vecchie logiche di fedeltà di partito. Una dinamica che Steven Erlanger, il corrispondente del quotidiano a Londra, aveva già paragonato a quella dei consumatori: «La gente sta cambiando squadra, e non con una dinamica tribale, ma come farebbero dei consumatori», aveva scritto lo scorso mese, a partire dalle elezioni britanniche.

E se è vero che gli elettori stanno diventando più simili a dei consumatori volubili, prosegue la fashion critic, poche aree di business possono offrire idee su come affrontare questo cambiamento rispetto alla moda, che ha avuto a che fare con un cambiamento radicale nei gusti della sua base già a partire da dieci anni fa. La giornalista cita Robert Burke,  direttore moda di Bergdorf Goodman fondatore di un’agenzia di consulenza, che a sua volta la mette giù così: «Una volta parlavamo del “cliente di abiti firmati” o del “cliente del fast fashion” o del “cliente di Céline”, e se qualcuno rientrava in queste categorie, allora voleva dire che le sue scelte erano facilmente prevedibili e che c’erano pochi crossover. Poi a partire dal 2006 o dal 2007, e ancora di più dopo la crisi, tutto è cambiato drasticamente. I clienti sono diventati molto più indipendenti».

grandi magazzini

«I consumatori moda hanno iniziato a fare scelte dettate non più da ciò che si aspettava da loro o in base a ciò che decideva un brand il cui sistema di valori era stato passato loro come un’eredità: hanno iniziato a scegliere in base a ciò che gli stava meglio, quello che si addiceva meglio a loro individualmente, sul momento», scrive l’autrice. Per poi porsi la domanda: «Allora, se è vero che anche i consumatori politici stanno seguendo lo stesso modello di comportamento, non avrebbe senso domandarsi se c’è qualcosa che i partiti politici possono imparare dagli adattamenti strategici dei brand di abbigliamento?». Infatti i grandi brand di moda «non hanno risolto il problema della lealtà» dei consumatori, però da un decennio ormai stanno sperimentando nuove modalità di relazionarsi con loro. Le strategie di adattamento cui si riferisce  Friedman (che nonostante il titolo non cita mai Gucci nello specifico) includono la scelta, fatta da Saks, i grandi magazzini di Fifth Avenue, di eliminare la distinzione tra marchi alti e bassi, e il cambiamento di Burberry, che ha unificato le linee. Inoltre si cita il conglomerato LVMH per la sua politica di «trasparenza semi-radicale». Più in generale, poi, Friedman  nota la tendenza a trasformare lo shopping, e dunque i punti vendita, in un’esperienza individuale.

Foto: Getty
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