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Trieste è piena di turisti delle crociere che non possono attraccare a Venezia e quindi li scaricano a Trieste Le persone fanno un giro in città e poi prendono l'autobus. Per Venezia.
I Radiohead hanno annunciato un nuovo tour che farà tappa anche in Italia Arriveranno a Bologna, a novembre. I biglietti saranno disponibili solo registrandosi prima sul sito della band dal 5 al 7 settembre.
Alla grande parata militare di Xi Jinping in Cina hanno partecipato anche dei soldati-lupi-robot Hanno sostituito i loro predecessori, i cani-robot, che evidentemente non hanno soddisfatto i generali cinesi.
Shein ha usato un modello AI uguale a Luigi Mangione in una pubblicità ma ha dovuto rimuoverla subito È durata poco, molto poco, la prima volta di Luigi Mangione come testimonial di una multinazionale (a sua insaputa).
Sulla Global Sumud Flotilla c’è anche la scrittrice Naoise Dolan «Qualunque cosa accada sulla barca non potrà causarmi più disperazione di quanta ne provocherebbe il non fare nulla», ha detto.
Chloe Malle è la nuova direttrice di Vogue Us Figlia dell'attrice Candice Bergen e del regista francese Louis Malle, dal 2023 era direttrice del sito di Vogue, dove lavora da 14 anni.
Anche la più importante associazione di studiosi del genocidio del mondo dice che quello che sta avvenendo a Gaza è un genocidio L'International Association of Genocide Scholars ha pubblicato una risoluzione in cui condanna apertamente Israele.
La standing ovation più lunga di Venezia l’ha presa The Rock Per il suo ruolo in The Smashing Machine, il biopic sul lottatore Mark Kerr diretto da Benny Safdie.

Il desiderio di essere strani

Da Phoebe di Friends fino alle serie tv di oggi, come il "personaggio strambo" ha conquistato i pitch per il piccolo schermo, prendendosi molte rivincite.

17 Dicembre 2015

Quando ho visto Lisa Kudrow sul palco assieme a Taylor Swift per cantare Smelly cat (“Gatto Rognoso”) ho capito che la rivincita era completata. Non che la cosa non fosse chiara già da un pezzo, ma quell’immagine la rendeva palese. Ciò che resta maggiormente di Friends è Phoebe Buffay. Il resto vivacchia, resiste come eco, come ricordo, al massimo come citazione. Ma di Phoebe è zeppa la televisione di oggi. Si girano un bel po’ di sit-com classiche in cui si continua a usare l’amico strambo come contorno – il tizio con la sensibilità fuori dal mondo che non ha pudore a dire ai protagonisti che il re è nudo ogni puntata, perché fa ridere – ma non mi capita mai di vedere una delle serie tv che “fanno parlare”, quelle che prendono i premi, senza la certezza che a un certo punto uno dei protagonisti mi faccia pensare “pure qui un’altra Phoebe Buffay”.

Durante le oltre duecento puntate di Friends, il bilanciamento tra i vari personaggi non è mai cambiato. Poteva capitare che a uno dei sei protagonisti nascesse un figlio, morisse un parente o perdesse il lavoro, ma gli altri cinque non potevano fare da comprimari. Avevano la loro trama. Striminzita o secondaria nei termini del coinvolgimento emotivo degli spettatori, non come spazio. A Ross nasceva il primo figlio, Joey assisteva al parto di una ragazza madre appena conosciuta, Rachel flirtava con un dottore, Phoebe faceva da paciere tra Ross e la nuova compagna della moglie, etc. Era, però, altrettanto chiaro che il centro dell’azione fosse il salotto di Monica e Rachel (poi Chandler), al massimo l’abitazione di fronte o il locale sotto casa. Tutto orbitava lì attorno. Ci si allontanava un po’, a turno, ma si ritornava sempre lì. L’orbita più distante è sempre stata quella di Phoebe, persino negli episodi in cui abitava in quella casa. Là cercava il saltuario calore della famiglia mentre gli altri, chi più chi meno, cercavano un luogo fisso dove evitare la propria. A volte perfino in maniera un po’ forzata. Tant’è vero che chiunque almeno una volta ha pensato: “Perché è amica di queste persone?”.

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Per farla breve ho sempre avuto l’impressione che Phoebe fosse la più sacrificabile tra i sei. Non che non fosse simpatica – era anzi la preferita di molti fan – e spesso risultava essere la cosa migliore di un episodio, ma il suo apporto allo sviluppo della storia, sulla lunga durata, era praticamente nullo (per esempio non troverà la conclusione della “sua” vicenda, unica tra tutti e sei, nell’ultimo episodio. Si sposerà a metà dell’ultima serie mentre tutti gli altri cambieranno la propria vita nelle ultime scene). Abbiamo sempre avuto l’impressione che avesse tanto da dire e niente di raccontabile. Ci piaceva la sua alienità, ma poi ci interessava di più che Ross e Rachel si mettessero assieme o che Monica e Chandler si comportassero da persone serie. O che tutti trovassero un lavoro vero. O che lo trovassero il più tardi possibile in modo da continuare a cazzeggiare.

Ci piaceva l’alienità di Phoebe, ma poi ci interessava di più che Ross e Rachel si mettessero assieme

Avevo torto. Perché oggi delle vite delle Monica e delle Rachel non ci interessa quasi niente. Da quanto tempo non vediamo una serie con un personaggio ordinario come Monica Geller protagonista non lo so neanche. Guardereste una serie su una ragazza maniaca della pulizia che vuole fare la cuoca? La cuoca ancora ancora, ma facciamo che intanto è incinta perché il fratello le ha chiesto di impiantare nel suo utero il figlio che vorrebbe avere con l’anziana professoressa di scuola con cui è fuggito (cosa davvero successa a Phoebe). Una serie su una figlia di buona famiglia che vuole provare a farcela da sola a New York e fa la cameriera in attesa che le si presenti un’occasione? Siamo seri. È troppo poco. Facciamo che uno spirito è migrato in lei così che possa alternare espressioni proprie a esclamazioni dello spirito (altra cosa successa in Friends). O che la mamma s’è suicidata ma – attenzione – lei crede che il suo spirito sia trasmigrato in un gatto (successo anche questo, ovviamente). Ecco che il pitch già suonerebbe più attuale.

Se non vestisse come un personaggio di un film del Sundance in uno sketch del Saturday Night Live non ne guarderemmo neanche il pilota. Ora, non è che voglia sopravvalutare Friends o Phoebe oltre quanto già meritino, dopotutto negli stessi anni dello show cresceva il Sundance che è il vero mandante morale del “quirky”, geniale definizione di qualcosa che sa essere “strano e carino” al tempo stesso (non a caso nell’Urban dictionary “Phoebe” risulta come primo esempio della definizione di “quirky”). Ma Phoebe è stata fondamentale per abituare al quirky quelli che poi avrebbero adorato Dharma & Greg, Miranda July, Little Miss Sunshine, eccetera.

Phoebe ha anche avuto l’obbligato difetto della stanchezza del personaggio: alla nona stagione potevano pure decidere che avrebbe raccolto chewing-gum dai marciapiedi per fare qualcosa per la pace nel mondo (no, questo non l’hanno fatto davvero), ma così ha anche sdoganato quella stanchezza che ci fa passivamente accettare qualsiasi stramberia all’insegna dell’ormai vale tutto. Che dal mio punto di vista è il grande difetto di, per esempio, Unbreakable Kimmy Schmidt, qui messo giù bene in un inaspettato autodafé.

weird

O Transparent, in cui da contorno a Maura che vive il vero conflitto, per cui siamo curiosi di vedere gli episodi, dobbiamo sorbirci le bizzarre avventure senza capo né coda dei tre figli e fingere di credere davvero che una risposta come questa che segue alla domanda «Che cosa mangi?» sia spiazzante o rivelatoria di qualcosa e non solo quirky. (Nota bene: stiamo usando quirky senza alcun significato dispregiativo).

food

Potrei trovare analoghi esempi pure in Modern Family o in The Last Man on Earth o Parks and Recreation (quasi tutti show che guardo avidamente, intendiamoci, l’intrattenimento davvero scarso è altrove) ma soprattutto Girls che, per me, è l’apoteosi del Phoebismo. Tra le quattro protagoniste ci sono almeno tre Phoebe e nessuna Monica. A malapena una Rachel, cioè Marnie. Le altre: Shoshanna è evidentemente una Phoebe rimasta sotto qualche acido, Hannah è una Phoebe che deve ancora rinunciare all’idea che per stare bene devi combinare qualcosa nella vita e perfino Jessa è chiaramente una Phoebe a cui è stato brutalmente sradicato ogni senso dell’umorismo. Anche perché, dopotutto, noi sappiamo perfettamente come sarebbe una Phoebe senza senso dell’umorismo. Ogni tanto, in Friends, faceva capolino Ursula, la sorella gemella “cattiva” di Friends. Che non era solo una parodia delle gemelle cattive delle telenovelas, ma anche una parodia di Phoebe stessa. Ed ecco qui una scena: ditemi se non è uguale a Jessa, perfino nell’espressione.

ga

Ovviamente per non cadere negli stereotipi c’è anche un quirky maschile. Per rimanere sempre in tema Girls.

girls

O, ancora meglio, Master of None.

warning

Non ho citato tutti questi show per accusarli di limitarsi al “quirky” (tranne forse UKS, quello è solo quirky e basta), ma perché a mio parere personaggi che richiedono una sospensione dell’incredulità perfino superiore a quella richiesta dai Fantastici 4 diventano meno efficaci – è il loro limite – quando l’ambizione sarebbe, oltre a intrattenere, anche quella di raccontare cose “significative”. Da un po’ di anni a queste parte usiamo “superficiale” anche come complimento. Ne capisco il senso. Ma è altrettanto vero che certi show possono essere superficiali e basta, senza alcuna nuova accezione.

Al momento c’è, però, in onda un personaggio che a suo modo rappresenta già una presa in giro del quirky ed è Peggy Blumquist, interpretata da Kirsten Dunst nella seconda stagione di Fargo.

perso

Perché mentre la naiveté dei personaggi citati finora è l’espediente per farla franca sempre e comunque, in qualsiasi situazione, episodio dopo episodio, per Peggy è una condanna (no spoiler, non ho ancora idea di come prosegua la serie mentre scrivo, basta un episodio per comprendere quanto sia una condanna a prescindere dallo sviluppo). La sua stramberia la mette in pericolo, la costringe a mentire, la fa impazzire. È perfettamente in linea con la serie: le storie di Fargo sono piene di stupidi. Ma se il marito è più simile agli stupidi della prima stagione, stupidi evangelici, del tipo “beati i poveri di spirito perché di essi è il regno dei cieli”, la stupidità di Peggy, invece, è negativa. È un quirky antipatico. Che sia, però, l’anticipo di una nuova tendenza è forse più una speranza che una possibilità.

Nella foto di copertina Lisa Kudrow nel 2005 a Park City, Utah (Carlo Allegri/Getty Images).
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