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Oltra alle bandiere di One Piece, nelle proteste in Usa è spuntato un altro strano simbolo: i costumi gonfiabili da animale Costumi da rana, da dinosauro, da unicorno: se ne vedono diversi in tutte le città in cui si protesta con Trump e contro l'Ice.
Secondo Christopher Nolan, non c’è un attore che quest’anno abbia offerto un’interpretazione migliore di The Rock in The Smashing Machine Quello del regista è il più importante endorsement ricevuto da The Rock nella sua rincorsa all'Oscar per il Miglior attore protagonista.
Dopo 65 anni di pubblicazione, Il Vernacoliere chiude ma non esclude il ritorno Lo ha annunciato su Facebook il fondatore e direttore Mario Cardinali, che ha detto di essere «un po' stanchino» e spiegato la situazione di crisi del giornale.
Nel cinema non si è mai vista una campagna promozionale come quella di Bugonia Tra siti cospirazionisti e cartelloni vandalizzati, il marketing per il lancio del nuovo film di Yorgos Lanthimos è uno dei più azzeccati degli ultimi anni.
Londra è la città europea che sta battendo ogni record in fatto di telefoni rubati Solo nel 2024 ne sono stati rubati più di 80 mila, la maggior parte dei quali rivenduti poi sul mercato nero internazionale.
È morto Drew Struzan, l’illustratore che ha disegnato le locandine di moltissimi successi di Hollywood Star Wars, Indiana Jones, Ritorno al futuro, E.T, Blade Runner, I Goonies, La cosa: la locandina che vi viene in mente pensando a questi film l'ha disegnata lui.
I lettori di Jia Tolentino non hanno preso bene la sua collaborazione con Airbnb Sia gli ammiratori che i detrattori sono rimasti molto delusi dalla sua decisione di lavorare con un'azienda come Airbnb.
Nella nuova campagna Moncler c’è la reunion di Al Pacino e Robert De Niro Si chiama Warmer Together e vuole celebrare «le emozioni e il calore dello stare insieme».

Cibo matto

Da Masterchef e Real Time a Eataly, e poi le nuove imprese food di Feltrinelli e quel verbo lì, "impiattare": la nuova cultura del mangiare in Italia, a tavola, in tv e su Instagram.

25 Febbraio 2014

Oggi si parla di cibo, ma partiamo da qualche numero per circoscrivere e dimensionare il fenomeno.

Nel 2013 il settore alimentare ha pesato sul Pil italiano circa l’11% e oggi i temi food e cucina hanno una presenza massiccia sui media: 70 programmi tv (che raggiungono mensilmente circa 35 milioni di persone), 25mila food blogger (il che non è propriamente un bene…), più di mille siti tematici e centodieci (110!) testate cartacee.

Insomma, una cosa GROSSA.

Il centro media Mec del gruppo Wpp ha presentato la settimana scorsa un’interessante ricerca dal titolo “FoodFWD” (da cui sono stati estratti i dati qui sopra) finalizzata a rilevare la percezione dei consumatori sul tema ‘cibo e alimentazione’ e a definire le linee guida per aiutare i brand a rafforzare la comunicazione come leva competitiva.

Dalla ricerca vengono fuori un sacco di cose curiose su come è cambiato il modo di mangiare e su come oggi sia fortemente influenzato dall’esperienza di nuovi prodotti (circa il 50%), da nuovi stili di consumo (31%) e dai consigli di cuochi in tv (19%); quest’ultima percentuale, seppur nuova e minoritaria, è quella più efficace, cioè modifica di fatto il modo di mangiare delle persone. Il che è piuttosto paradossale, considerando che il medium televisivo, per sua stessa natura, coinvolge solo il senso visivo e non quello del gusto e dell’olfatto, naturalmente più coinvolti nell’esperienza.

Oggi però il senso visivo vince su tutto, basti pensare a una parola come impiattamento, entrata nel gergo comune e alla consuetudine di instagrammare i piatti cucinati o serviti al ristorante (come nel peggiore dei menù turistici). Però, ecco, al di là di facili giudizi su gusti personali e senza entrare nell’argomento food porn, è importante capire perché oggi il cibo rappresenta un fondamentale elemento di senso.

«L’attenzione al cibo mediatizzato esiste ma, altro paradosso, le persone mediamente cucinano sempre meno. Sostanzialmente è come lo sport: i programmi sportivi sono i più seguiti di tutti, ma questo non vuol dire che poi le persone pratichino sport, anzi, il tasso di obesità, aumenta sempre più. La spettacolarizzazione del cibo si accompagna alla crisi del modello del pasto preparato in cucina». Chi parla è Nicola Perullo, professore associato di Estetica all’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e autore de autore del libro La cucina è arte? Filosofia della passione culinaria (Carocci) che ho contattato per aiutarmi a interpretare meglio questo fenomeno. «Il cibo è da sempre un tema interessante perché riguarda direttamente il corpo. Noi mettiamo dentro di noi il cibo e questo ha degli effetti sul corpo: ingrassiamo, ci ubriachiamo, eccetera. Se tutto questo diventa un’esperienza esteriorizzata e sublimata in una dimensione virtuale diventando come la moda e il design – qualcosa cioè che si può anche fare a distanza – allora si ha una neutralizzazione che rende questo fenomeno temporaneo e vano».

Il piacere alimentare, che un tempo era considerato fenomeno di élite, si sta sempre più trasformando in fenomeno di massa: l’influenza dei media sul cibo, infatti, coinvolge tutte le categorie di consumo, dal “generalismo evoluto” popolato da “casalinghe di Voghera reloaded” e che hanno come eroine le varie Clerici e Parodi al pop food, contaminato con il mondo della moda e del design e rappresentato da programmi come Masterchef o i format di Real Time.

«Il cibo è trasversale perché riguarda tutti. Non esiste un Masterchef o un Trip Advisor sul vino perché quello dell’enologia è un mondo chiuso, autoreferenziale e che necessita di linguaggio, scelte e culture specifiche, mentre il cibo ha di per sé un vissuto comune ed è, per sua natura, ontologicamente più pop», continua Perullo. Ma più dei programmi tv e dei progetti digitali (web e app) di grande successo come Giallo Zafferano sono particolarmente interessanti la moltiplicazioni di format e appuntamenti live (come la Milano Food Week) e alle strategia di sviluppo di catene e retail legate direttamente o indirettamente al cibo.

Come avevo già accennato nel pezzo sui momenti marketing che hanno caratterizzato il 2013, il cibo è diventato anche un territorio di comunicazione dove tutti vogliono entrare e per molti sta iniziando a rappresentare un business: Feltrinelli, per vendere qualche libro in più si è messo a servire cibo, comprando “L’Antica Focacceria S. Francesco”, simbolo dello street food del capoluogo siciliano, e ideando la catena Red (Read Eat Dream). La divisione Food dell’Ikea realizza anno dopo anno crescite a due cifre e che oggi pesa quasi il 10% sul totale fatturato. «La fondazione di Ferran Adrià, forse il cuoco più ricco e famoso nel mondo, che aprirà a metà del 2014 sarà in gran parte finanziata da Telefonica, la compagnia di telefonia spagnola» ci racconta Nicola Perullo. «L’equivalenza cibo di qualità = qualità della vita permette a qualsiasi marchio, anche non agro-alimentare, ad accostarsi al mondo della gastronomia e ricavarne un’immagine positiva sul pubblico».

«Farinetti ha sostanzialmente preso la filosofia di Slow Food e l’ha trasferita dall’ambito dell’associazionismo e “politico” a un ambito puramente commerciale».

E poi c’è Eataly. La catena di punti vendita alimentari ideata da Oscar Farinetti, che già si occupa di cibo, sta facendo l’operazione opposta e quindi ancora più sofisticata. Farinetti riempie il cibo di storie e contenuti appropriati alla città che lo ospite e che non sempre vengono valorizzati. Se a Firenze il fil rouge naturale (e un po’ scontato) dei tre piani vicino a Piazza Duomo è quello della storia e del rinascimento, a Milano, che ultimamente è stata privata di importanti locali e teatri per la musica e teatro, proprio all’interno dell’ex Teatro Smeraldo dal 18 marzo il nuovo Eataly sarà dedicato al pop e al rock. Pare che un palco unirà verticalmente i primi due piani dell’edificio e ci sarà un lungo cartellone di ospiti che ogni sera suonerà per conservare e mantenere il Dna del teatro. Concludiamo così la chiacchierata con Perullo: «Farinetti ha sostanzialmente preso la filosofia di Slow Food e l’ha trasferita dall’ambito dell’associazionismo e “politico” a un ambito puramente commerciale. La sua idea principale è che il cibo è narrazione: la qualità conta, ma conta più il racconto (anche retorico, spesso superficiale) che viene costruito intorno al cibo che deve insegnare, intrattenere ed essere inclusivo».

Immagine: l’attrice Diane Aubrey alle prese con un piatto di spaghetti e un libro sugli spaghetti, Londra, 1961 (Chris Ware / Stringer / Getty Images)

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