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23:28 mercoledì 17 settembre 2025
Nel nuovo film di Carlo Verdone ci sarà anche Karla Sofía Gascón, la protagonista caduta in disgrazia di Emilia Pérez La notizia ha permesso a Scuola di seduzione di finire addirittura tra le breaking news di Variety.
Enzo Iacchetti che urla «Cos’hai detto, stronzo? Vengo giù e ti prendo a pugni» è diventato l’idolo di internet Il suo sbrocco a È sempre Cartabianca sul genocidio a Gaza lo ha fatto diventare l'uomo più amato (e memato) sui social.
Ci sono anche Annie Ernaux e Sally Rooney tra coloro che hanno chiesto a Macron di ripristinare il programma per evacuare scrittori e artisti da Gaza E assieme a loro hanno firmato l'appello anche Abdulrazak Gurnah, Mathias Énard, Naomi Klein, Deborah Levy e molti altri.
Per Tyler Robinson, l’uomo accusato dell’omicidio di Charlie Kirk, verrà chiesta la pena di morte  La procura lo ha accusato di omicidio aggravato, reato per il quale il codice penale dello Utah prevede la pena capitale. 
Una editorialista del Washington Post è stata licenziata per delle dichiarazioni contro Charlie Kirk Karen Attiah ha scoperto di essere diventata ex editorialista del giornale proprio dopo aver fatto sui social commenti molto critici verso Kirk.
In Nepal hanno nominato una nuova Presidente del Consiglio anche grazie a un referendum su Discord Per la prima volta nella storia, una piattaforma pensata per tutt'altro scopo ha contribuito all'elezione di un Primo ministro.
Amanda Knox è la prima ospite della nuova stagione del podcast di Gwyneth Paltrow Un’intervista il cui scopo, secondo Paltrow, è «restituire ad Amanda la sua voce», ma anche permetterle di promuovere il suo Substack.
Luigi Mangione non è più accusato di terrorismo ma rischia comunque la pena di morte L'accusa di terrorismo è caduta nel processo in corso nello Stato di New York, ma è in quello federale che Mangione rischia la pena capitale.

Il Ministero della Verità

12 Luglio 2011

La Repubblica popolare cinese ha sempre preso sul serio il controllo dell’informazione. Fondamentale, a sentire Pechino, per mantenere il potere all’interno della nazione ed evitare pericolose proteste o la diffusione di notizie imbarazzanti per il Partito o lesive della dignità dei cittadini. Addetti ai lavori a parte, nessuno è mai riuscito ad avere accesso alle direttive più recenti riguardanti la censura delle informazioni diramate dal governo centrale nel 2008, fino a quando, qualche giorno fa, una fuga di notizie che la polizia del web non è riuscita a fermare in tempo ha fatto rimbalzare da un blog all’altro quelle che i cinesi definiscono “le regole del Ministero della Verità”.

E così il mondo intero ha scoperto che, quando descrivono fatti di cronaca, i giornalisti devono stare attenti a non utilizzare termini come zoppo, cieco, sordo, idiota, pazzo o ritardato quando si riferiscono a persone con ritardi fisici o mentali. E’ opportuno chiamarli disabili o, meglio ancora, persone con un handicap intellettuale. Quando si parla di prodotti commerciali, medicinali o innovazioni tecnologiche, vanno evitate espressioni come ottimo, il migliore, il più famoso, perché non è consentito esprimere un giudizio o una preferenza. Sono banditi anche i vari re/regine dello schermo o superstar per riferirsi alle celebrità dello spettacolo: meglio non dare loro troppa importanza. A proposito degli uomini politici, indipendentemente dal ruolo ricoperto, è vietato l’uso dell’avverbio personalmente, e mai potrà essere tollerata la scelta di abbreviarne la carica ricoperta. Off limits sono anche tutte quelle espressioni colloquiali usate nel linguaggio orale per esprimere stupore (wow!) o imprecazioni varie (maledizione!), purché non sia necessario riportarle in un dialogo ma, in questo caso, va sempre aggiunta una nota per precisare la sfumatura linguistica del termine utilizzato.

Non è possibile riferirsi alle minoranze etniche come se fossero gruppi etnici. Tutt’al più le si può considerare come tribù. Mentre quando si parla di musulmani, è opportuno evitare di nominare i maiali.
Divieti ancora più perentori riguardano i riferimenti alle “isole cinesi”: mai utilizzare la parola Cina quando si parla di Hong Kong, Macao e Taiwan visto che, di fatto, ci si sta riferendo allo stesso paese. Ancora più grave sarebbe raccontare, ad esempio, di “turisti di Hong Kong o Taiwan in visita in Cina”: in Cina ci vivono già, quindi è più corretto specificare che stanno facendo i turisti sul continente. Bandito anche qualsiasi riferimento ad altri territori contesi: l’arcipelago Nansha non corrisponde alle Isole Spartly, l’isola Diaoyu non può chiamarsi Senkaku così come lo Xinjiang non può essere definito come Turkestan orientale.
Infine, il Partito raccomanda di fare attenzione anche ai vocaboli utilizzati nelle notizie che si occupano di affari internazionali. Nello specifico, bisogna evitare di usare l’abbreviazione “Corea del Nord” per riferirsi alla “Repubblica popolare democratica di Choson”, letteralmente “paese del fresco mattino”, la denominazione utilizzata nell’antichità per lo stato che si formò nella regione nord-occidentale dell’attuale Corea, guidato, narra una leggenda, da un saggio cinese. Meglio fare riferimento a episodi di “radicalismo religioso” piuttosto che di “fondamentalismo islamico”, parlare di Africa Subsahariana piuttosto che di Africa Nera, e non rivelare mai il colore della pelle o la religione di chi si macchia di crimini feroci.

Se per certi aspetti fa sorridere constatare che per tutte quelle notizie che non mettono in discussione l’onore e la rispettabilità del partito, le convinzioni di natura territoriale o concedono presunte libertà ai cittadini le regole del “Ministero della Verità” seguono i principi del politically correct, è evidente che queste direttive sono finalizzate ad ottenere un altro risultato: spingere chiunque a confrontarsi con il ministero della Propaganda ogni qual volta si ha la sensazione di doversi occupare di una notizia delicata. E chi trova strana l’assenza di riferimenti diretti ai fatti di Tiananmen, al rispetto dei diritti umani o alle proteste degli operai può rassegnarsi: questi sono temi che hanno portato in prigione tutti i reporter che hanno avuto il coraggio di occuparsene in maniera non tradizionale. Quindi è scontato che, per evitare uno scontro diretto con il Partito, è opportuno imporsi di dimenticare. Anche perché è ancora troppo lontano il giorno in cui Pechino potrebbe decidere di cambiare idea lasciando maggiore libertà alla stampa nazionale.

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