Un paesino calabrese di 7 mila abitanti con una incredibile densità di praticanti della nobile arte del karaoke. Si canta al bar, in strada, da soli, in coppia, guidati dal Fiorello locale, persino, ogni tanto, in chiesa.
È stato sgomberato il centro sociale Leoncavallo di Milano
La polizia è entrata questa mattina alle 7:30, l'operazione verrà completata oggi, dopo più di 30 anni di contenziosi e 133 rinvii.

L’ultimo rinvio poco più di un mese fa: il 15 luglio lo sgombero del Leoncavallo, il più famoso centro sociale di Milano, era stato rimandato al 9 settembre. È stato il centotrentatreesimo rinvio, l’ultimo: questa mattina, con un’operazione iniziata alle 7:30, la polizia ha provveduto allo sgombero. Nel momento in cui le forze dell’ordine, assieme all’ufficiale giudiziario, hanno fatto irruzione, dentro l’immobile di via Watteau non c’era nessuno. L’operazione è ancora in corso e ci vorranno diverse ore prima di completarla. La polizia ha chiuso tutti gli accessi a via Watteau per consentire agli operai, incaricati dai proprietari dell’immobile, di sigillare i portoni d’ingresso.
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Non appena la notizia si è diffusa, diverse persone si sono radunate nelle vicinanze per protestare contro lo sgombero. Nel pomeriggio è prevista un’assemblea pubblica – luogo e ora non sono ancora stati precisati – organizzata dal Leoncavallo per discutere dell’accaduto e decidere come procedere. Al momento, nessuno cosa succedere da qui in poi. Da tempo sono è in corso una discussione tra il Leoncavallo e il comune di Milano per raggiungere un accordo e trasferire il centro sociale in un altro immobile in via San Dionigi, nella zona sud del Corvetto. La discussione, però, procede lentamente perché questo edificio necessita di lavori di bonifica a causa delle presenza di amianto, lavori che costerebbero almeno 300 mila euro.
Adesso dell’edificio di via Watteau riprende possesso la famiglia Cabassi, che da tempo porta avanti un contenzioso con il Comune di Milano. Questo contenzioso era giunto al termine nel 2024, quando la Corte d’appello di Milano aveva condannato il ministero dell’Interno – responsabile del mancato sgombero – a risarcire i Cabassi della cifra di tre milioni di euro. Il Viminale aveva chiesto quei soldi a Marina Boer, presidente dell’associazione Mamme antifasciste del Leoncavallo, l’unica ufficialmente registrata con la sede sociale presso l’ormai ex Leoncavallo (e quindi, tecnicamente, vittima dello sgombero).