«Davanti a uno Stato che sostiene un genocidio, cosa dovrebbero fare le persone per bene?», ha scritto sul Guardian, condannando la decisione del governo inglese.
A New York le primarie democratiche le ha vinte a sorpresa un candidato sindaco molto di sinistra
Zohran Mamdani ha battuto Andrew Cuomo, grazie a una campagna elettorale molto radicale e al sostegno degli elettori più giovani.

In un periodo di profonda crisi identitaria, il Partito democratico statunitense ha finalmente battuto un colpo, ribaltando l’esito di una tornata di primarie che sembrava scontato. Come riporta il Guardian, il grande favorito per la vittoria fino a poche settimane fa era Andrew Cuomo, politico di grande esperienza, centrista moderato, sostenuto da importanti finanziatori e da figure di spicco del partito come Bill Clinton. Invece nella notte, a spoglio non ancora concluso, Cuomo ha già riconosciuto la vittoria del suo avversario: il 33enne Zohran Mamdani, che potrebbe diventare il primo sindaco musulmano di New York.
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A evidenziare i punti forte della sua campagna elettorale è stato lo stesso Cuomo nel discorso in cui ha riconosciuto la vittoria dell’avversario. Pur godendo di meno fondi e appoggi all’interno del partito, Mamdani, che si autodefinisce un socialdemocratico, si è rivolto all’elettorato più giovane, che lo ha sostenuto compatto alle primarie. Rispetto al suo avversario – indebolito da tutta una serie di scandali che ne hanno intaccato fortemente l’immagine – Mamdani si è dimostrato il candidato di quella che in Italia chiameremmo la sinistra radicale, senza però “spaventare” l’elettorato. Anche perché, alcune questioni a New York sono ormai percepite come urgenti a prescindere dalla fede politica. Un blocco degli aumenti degli affitti per tutte le case in equo canone, l’eliminazione del biglietto per i mezzi pubblici, la creazione di un assessorato comunale dedicato alla salute mentale, una tassa del 2 per cento sui redditi di tutti i residenti che dichiarano più di un milione all’anno, l’aumento dell’imposta sul reddito delle società all’11.5 per cento, la costruzione di nuove case popolari e di supermercati municipali dove le persone a basso reddito possano fare la spesa: questi alcuni dei punti fondamentali della campagna elettorale di Mamdani. Secondo gli analisti, alla vittoria ha contribuito anche la sua posizione su Gaza e sul governo israeliano: già nel 2023, Mamdani aveva presentato una proposta di legge – respinta – all’Assemblea di Stato di New York, di cui fa parte da tre legislature, per togliere qualsiasi agevolazione fiscale alle aziende newyorchesi che intrattengono rapporti con i coloni israeliani nella Striscia e in Cisgiordania.
Nelle parole di Cuomo: «Ha messo insieme una grande campagna, ha toccato i giovani, li ha ispirati, li ha emozionati e li ha spinti a uscire e votare. Lo applaudo sinceramente per il suo impegno.» La vittoria inaspettata Mamdani – a suo agio sui social, ma questo ormai si dice di qualsiasi candidato 40enne o under 40, negli Usa e nel resto del mondo, mentre si parla meno dei 50 mila volontari che per lui hanno fatto campagna porta a porta – sta accendendo le speranze dell’ala progressista del Partito democratico (Alexandria Ocasio-Cortez si è da tempo schierata al suo fianco) in tutto il Paese. Ora dovrà riuscire nell’impresa, difficilissima, di vincere le elezioni del prossimo 4 novembre. È vero che a New York gli elettori registrati come democratici sono molti di più di quelli registrati come repubblicani, ma Mamdani non avrà tutto il partito – almeno, non da subito – a sostenerlo e dovrà vedersela sicuramente con Eric Adams, sindaco uscente, molto impopolare, ex Democratico che in questa tornata elettorale si presenta come indipendente. Un’indicazione sulle sue reali possibilità di vittoria la avremo a metà luglio, quando arriveranno i dati definitivi usciti da queste primarie democratiche e capiremo esattamente quante persone, e quali, hanno votato per Mamdani e potrebbero votare di nuovo per lui.

«Davanti a uno Stato che sostiene un genocidio, cosa dovrebbero fare le persone per bene?», ha scritto sul Guardian, condannando la decisione del governo inglese.

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