In 48 ore il Paese è piombato nel caos, il governo è stato costretto a fare marcia indietro e a chiedere pure scusa.
Ci sono persone che non si possono iscrivere a niente su internet perché di cognome fanno Null
“When Your Last Name Is Null, Nothing Works” è il titolo di un divertente articolo del Wall Street Journal che racconta le vicessitudini di varie persone alle prese con il cognome “Null”. Nontra Null, ad esempio, si è trovata intrappolata in un incubo burocratico quando ha richiesto un visto per partecipare al matrimonio di un’amica in India. Il sistema del consolato indiano si è semplicemente rifiutato di elaborare la sua domanda, riconoscendo “Null” come un campo vuoto anziché un vero cognome. Per evitare questo tipo di problemi, la donna è spesso costretta a utilizzare il cognome da nubile, Yantaprasert.
La radice del problema risale agli anni ’60, quando l’informatico britannico Tony Hoare introdusse “null” come concetto di programmazione per indicare l’assenza di dati e quindi un valore mancante o non valido. Sebbene apparentemente utile, l’implementazione ha portato a innumerevoli vulnerabilità ed errori software, tanto che lo stesso Hoare in seguito lo ha definito il suo “errore da un miliardo di dollari”. Il termine è ancora ampiamente utilizzato in linguaggi di programmazione come Java e C#, il che significa che è improbabile che il problema scompaia presto.
Il Wall Street Journal ha riportato anche il caso di Jan Null, un meteorologo che incontra regolarmente dei problemi quando prenota hotel online.Ma l’esempio più divertente è quello che riguarda un certo Joseph Tartaro, un revisore della sicurezza informatica che ha pensato bene di usare “NULL” come targa: poiché i database di controllo spesso usano “null” come segnaposto per le informazioni mancanti, Tartaro si è presto trovato inondato di multe stradali destinate ad auto con targhe non registrate.

Argomenti sui quali ha preferito interpellare Julia Roberts e Andrew Garfield, gli altri due protagonisti di questa intervista a tre fatta durante la Mostra del cinema di Venezia.

Tote bag, Birkenstock Boston, jeans giapponesi, auricolari a filo, in mano una tazza di matcha e un libro, meglio se di Sally Rooney o bell hooks: è la divisa del performative man, che dovrebbe essere l'antidoto al maschio tossico. Ma che rischia di essere pure peggio.