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Per la prima volta nella storia, nel mondo ci sono più bambini obesi che sottopeso Stando a un report dell'Unicef, oggi un bambini su 10 soffre di obesità, addirittura uno su 5 è in sovrappeso.
Su internet la T-shirt dell’assassino di Charlie Kirk sta andando a ruba, anche a prezzi altissimi Su eBay sono spuntati decine di annunci in cui la maglietta viene venduta a prezzi che arrivano anche a 500 dollari.
In Corea del Nord sono aumentate le condanne a morte per chi guarda film e serie TV straniere Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, il regime di Kim Jong-un ora usa anche l'AI per perseguire questo grave crimine.
L’episodio di South Park che prendeva in giro Charlie Kirk è stato “cancellato” La decisione è arrivata dopo le proteste dei conservatori statunitensi, che accusano lo show di aver contribuito al clima d’odio contro Kirk.
La bandiera di One Piece è diventata un simbolo di protesta in tutto il mondo Prima in Nepal e adesso anche in Francia: la bandiera del manga di Eichiiro Oda è diventato il vessillo di tutti coloro che si ribellano ai governi.
Il video dell’omicidio di una ragazza ucraina a Charlotte, North Carolina, è diventato un’arma di propaganda di tutta la destra mondiale A partire, ovviamente, dal movimento Maga nel Stati Uniti, da Donald Trump in persona, fino all'Italia, a Matteo Salvini.
Le proteste di Bloquons tout in Francia sarebbero partite tutte da un post in un gruppo Telegram Un post neanche tanto recente: è apparso su Telegram a maggio ma è diventato virale negli ultimi giorni, subito prima e subito dopo le dimissioni di Bayrou.
C’è un nuovo uomo più ricco del mondo che ha superato Elon Musk grazie all’AI Si chiama Larry Ellison e ha scavalcato l'allievo-rivale grazie alla crescita record della sua Oracle, dovuta agli investimenti nell'intelligenza artificiale.

Linus e l’invenzione della radio

Con il romanzo Fino a quando, ripercorre la sua storia prima e dopo Radio Deejay: lo abbiamo incontrato.

02 Giugno 2020

«Qui parlano i poveri cristi della Sicilia occidentale». Prima di Radio Alice e di tante altre combattive stazioni locali che in quei burrascosi Settanta arrivarono a prendersi la scena senza chiedere permesso, fu la volta di Radio Sicilia Libera e di Danilo Dolci. Nel 1970, da Partinico, lo scrittore e attivista impropriamente etichettato come il Gandhi siciliano si inventò dal nulla ventisette ore di diretta consecutiva per cercare di attirare l’attenzione sugli scandali legati alla ricostruzione della valle del Belice, colpita due anni prima da un violento terremoto. Una performance, interrotta dall’arrivo della polizia (la vita di Radio Sicilia Libera durò esattamente quelle ventisette ore), che tecnicamente può essere considerata più un’opera di testimonianza che una vera trasmissione radiofonica, ma a cui gli addetti ai lavori fanno riferimento per indicare una simbolica data di nascita delle radio non pubbliche, quelle che solo qualche anno più tardi passeranno alla storia come le radio libere, legittimate nel 1976 da un sentenza della Corte Costituzionale che poneva fine al monopolio di Stato e un anno prima dai versi di una nota canzone di di Eugenio Finardi: «Amo la radio perché arriva dalla gente / entra nelle case e ci parla direttamente / se una radio è libera, ma libera veramente / piace ancor di più perché libera la mente».

La narrazione storiografica ha sempre raccontato quella stagione di libertà creativa delle radio privilegiando le storie delle radio militanti, anche comprensibilmente, visto il clima politico dell’epoca. Ma è forse opportuno ricordare che, nella realtà, quelle radio erano solamente una piccolissima minoranza delle oltre duemila radio locali presenti sul territorio sul finire degli anni Settanta. «Le radio politiche hanno avuto giustamente più letteratura, ma erano una piccolissima percentuale, il 95 per cento era composto da quelle musicali. Radio orgogliose del concetto di “non stop music”, nate e cresciute con il suono della disco music», dice a Studio Linus, che ha appena pubblicato Fino a quando (Mondadori) il suo nuovo romanzo che, alternando verità e finzione, ripercorre a strappi la sua avventura musicale, dalle redazioni delle sgangherate periferie milanesi alla direzione di Radio Deejay.

«All’epoca noi sentivamo le prime radio di intrattenimento, penso a Radio Milano International, la più famosa, come un tempo si ascoltava Radio Londra», racconta Linus, che ricorda il suo primo provino come fosse ieri: «A Radio Milano 2, provammo in uno stanzino. Mi dissero che avevo una bella voce. Dopo neanche un’ora era già in onda con un amico». Erano tempi in cui i dischi si portavano da casa. Tutto in quegli anni era confuso, approssimativo, e quindi molto divertente. «Nessuno avrebbe scommesso una lira sul futuro della categoria, a tutti interessava solo divertirsi, conoscere gente e sentirsi per una volta protagonisti. Sembrava un gioco bellissimo che prima o poi sarebbe finito per lasciar posto a qualcosa di più concreto». Di concreto allora c’era la musica, rigorosamente internazionale. In una prima fase il soul e la disco music, poi, a partire da metà anni Ottanta, la cosiddetta “British invasion”: musica elettronica, Depeche Mode, Duran Duran. Chi in quei primi anni si azzardava a passare una canzone di Francesco De Gregori poteva anche rischiare l’accusa di alto tradimento.

“Fino a quando” di Linus, edito da Mondadori

Nel frattempo in Italia si assiste alla trionfale entrata in scena della televisione commerciale. Una rivoluzione che avrà ripercussioni anche sulla “sorella minore”. «All’inizio certo non ci favorì, anzi, fummo destabilizzati – ricorda Linus – ma con il crescere della tv privata e della sua credibilità commerciale anche le radio cominciarono ad attirare gli inserzionisti e quindi a darsi una struttura più professionale».

Cambiano i tempi e le mode, crescono gli ascoltatori, più vecchi di un decennio, e si modificano i palinsesti. La musica resta l’elemento centrale ma rispetto agli esordi perde il suo ruolo monopolizzatore. C’è bisogno di intrattenimento, anche surreale. Siamo agli albori di una nuova stagione radiofonica, caratterizzata da quelli che gli americani chiameranno “radio personality”.  A Radio Deejay di Claudio Cecchetto, dove Linus lavora già da alcuni anni, arrivano Amadeus, Fiorello e soprattutto Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti. «Lorenzo aveva già fatto un provino l’anno prima, per Deejay Television. Molto elegante, molto british, era diverso dagli altri. Poi nell’87, dopo una clamorosa stagione in un locale del Cilento, arriva a Radio Deejay. E arriva come una rivoluzione. Noi eravamo molto milanesi, posati, parecchio trattenuti. Lui era già negli anni Novanta, era già il rap, l’house, il colore. Noi eravamo dei trentenni, lui ne aveva a malapena venti. Non c’è stato più nessuno come lui».

Nel primo capitolo del libro Linus immagina, senza particolari rimpianti, il suo ultimo giorno in radio. «Non finisce il mondo, non finisce nulla, finisce solo la quotidianità, il rito». Ma è solo finzione letteraria. Nella realtà è ancora sul ponte di comando, curioso osservatore di un mezzo che negli anni è stato costretto a modificare le proprie abitudini per non farsi travolgere dalla rivoluzione digitale. «Il pubblico è cambiato, la radio ha lasciato ad altri mezzi le fasce più giovani, spostandosi sui 30-45 anni, ma gode di ottima salute. L’unica difficoltà sarà trovare nuovi talenti, visto che i giovanissimi non l’ascoltano e preferiscono fare altro. Ma sono certo che la radio ha davanti a sé un futuro infinito».

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