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Chi vive all’estero conosce meglio se stesso, dice un nuovo studio

Può sembrare il solito cliché dello studente fuori sede, ma in molti lo possono confermare: trasferirsi aiuta a conoscere meglio se stessi. A motivare un apparente luogo comune è stato un recente studio di Hajo Adam, assistente docente presso la Rice University di Houston. Il concetto studiato e misurato da Adam è quello della «self-concept clarity», la chiara consapevolezza di sé e delle proprie scelte, che risulta particolarmente alta nelle persone che decidono di vivere in un altro paese rispetto a quello di nascita.
Tra le conclusioni dello studio, riportate da Quartz, si sottolinea che tale consapevolezza è maggiore quanto più profonda è la permanenza all’estero del soggetto. In altre parole, «è meglio vivere 10 anni in un Paese che 2 anni in 5 Paesi diversi», come ha detto Adam. Quello che conta è infatti la durata di ambientamento all’estero, che comprende sempre un fase iniziale di considerazioni pratiche – dove abitare, come trovare i servizi principali – seguita da una fase di sedimentazione interiore di ciò che si è appreso. Vivere all’estero potrà essere complicato all’inizio, ma il processo di auto-apprendimento aiuta a capire meglio chi siamo, oltre che a definire meglio il nostro percorso di carriera. Ricerche precedenti di Adam avevano inoltre attribuito all’interazione multiculturale lo sviluppo della creatività: tra i suoi effetti benefici ci sarebbero anche la flessibilità mentale e la capacità di trovare diverse soluzioni ai problemi.
In testata: M.C. Escher, “Mano con sfera riflettente”, 1935

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