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Dopo 60 anni a Mosca è stato inaugurato un nuovo monumento dedicato a Stalin Si trova nella stazione della metropolitana Taganskaya ed è l'esatta riproduzione di un monumento "perso" nel 1966.
Per prepararsi al ruolo di giurata del Booker, Sarah Jessica Parker ha detto che sta leggendo due libri al giorno Ha preso molto sul serio il ruolo, che prevede la lettura di 170 libri entro il 29 luglio.
In Slovacchia hanno deciso che la soluzione al problema degli orsi è mangiarli Ce ne sono troppi nelle foreste del Paese e il governo vuole diminuirne drasticamente il numero, anche se si tratta di una specie protetta.
A causa della crisi climatica un ghiacciaio in Svizzera è collassato e ha distrutto un intero villaggio Il sistema di monitoraggio ha permesso di evacuare per tempo il paese, ma il disastro di Blatten potrebbe ripetersi presto.
Maria Grazia Chiuri lascia la direzione creativa di Dior Dopo la collezione Cruise presentata a Roma due giorni fa, la stilista romana e la Maison francese si separano definitivamente dopo 9 anni.
Elon Musk ha lasciato il Doge ma assicura che è ancora il migliore amico di Donald Trump I due hanno bisticciato un po' nell'ultimo periodo, quindi Musk ne ha approfittato per rassicurare i fan suoi e di Trump.
Il produttore di Popeye di Robert Altman ha detto che quello è stato senza dubbio il film più incocainato di sempre Secondo Barry Diller, Ceo di Paramount all'epoca delle riprese, così tanta droga sul set di un film non si è mai vista.

I quadri dei detenuti di Guantanamo in mostra a New York

Acquarelli, dipinti a olio, sculture: una mostra raccoglie le opere realizzate dai carcerati di una delle prigioni più tremende del mondo.

15 Dicembre 2017

In un articolo del New Yorker Alexandra Schwartz racconta le storie di alcuni detenuti di Guantanamo, tra cui quella di Djamel Ameziane, arrivato al centro di detenzione di Guantanamo Bay poco dopo la sua apertura, all’inizio del 2002. Cittadino algerino, Ameziane aveva lasciato il suo paese all’inizio degli anni novanta, durante la guerra civile, e cercato rifugio prima a Vienna, dove lavorava come chef, poi a Montreal e infine in Afghanistan. Quando gli Stati Uniti, nel 2003, invasero il Paese, Ameziane cercò di attraversare il confine con il Pakistan, ma fu catturato da un gruppo di cacciatori di taglie e consegnato all’esercito americano per cinquemila dollari. A Guantanamo fu messo in isolamento e torturato. Non è mai stato accusato di un crimine e i suoi avvocati hanno insistito: è stato vittima delle circostanze. Nel 2008, teoricamente, il suo rilascio è stato autorizzato, ma lui non aveva nessun posto dove andare. Gli Stati Uniti volevano rimandarlo in Algeria, lui temeva per la sua sicurezza. Insomma, senza aver mai commesso nessun crimine, colpevole soltanto di aver cercato di salvarsi la vita, Ameziane è rimasto in carcere dieci anni: gli ultimi cinque li ha passati a dipingere acquarelli.

Questa è solo una delle storie raccontate da Alexandra Schwartz nel suo articolo, che in realtà non è un’inchiesta sulle storie dei detenuti di Guantanamo, ma la recensione di una mostra, quella che inaugurerà a gennaio a New York al John Jay College of Criminal Justice e riunirà tutte le opere pittoriche realizzate dai prigionieri, sia quelli ormai liberi che quelli ancora incarcerati. C’è sicuramente qualcosa di molto importante in questi disegni, pitture, acquerelli e sculture. È toccante pensare che i detenuti di uno dei carceri più tremendi del mondo abbiano trovato rifugio tra i pennelli e i fogli di carta: ma ancora più toccante è notare come molte delle loro opere siano dedicate al mare e a tutto quello che rappresenta. Non per niente la mostra si intitola “Ode to the Sea: Art from Guantánamo Bay”.

Immagine: Untitled (Buildings on a Shore) un acquarello di Djamel Ameziane
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