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Sentimental Value di Joachim Trier è il film favorito per la Palma d’oro, almeno a giudicare dalla standing ovation che ha ricevuto Quindici minuti di applausi, la più lunga standing ovation in questa edizione del festival.

Il decennale di Windows XP ovvero Bill Gates lo show man

27 Ottobre 2011

Questa settimana ricorre il decimo anniversario del lancio di Windows XP, il sistema operativo di Microsoft che buona parte del mondo ha utilizzato  e (spesso) maledetto – anche se ora quelle stesse persone fanno gli gnorri dietro il loro laptop Apple.

Lanciato il 25 ottobre 2001, XP nacque come una rimediazione di Windows 2000 e nel giro di qualche anno invase il mondo, raggiungendo l’80% degli utenti di personal computer e ampliando l’impero dell’azienda di Bill Gates già consolidato con Windows 95.

XP è stato amato e odiato in misura uguale: per i Microsoft-critici è il simbolo del male; per i billgatesiani, è l’ambiente di lavoro dei bei tempi andati, rimpianto soprattutto qualche anno fa, quando Microsoft lanciò Vista, uno dei sistemi operativi più discussi (e non bene) della carriera dell’azienda.

Il decennale dal lancio è comunque un’occasione per rivedere parte del keynote con cui Bill Gates lanciò il nuovo prodotto. Dopo settimane passate a rivedersi le performance di Steve Jobs (come quella con cui presentò l’iPhone), è forse ora di rivedere come se la cavava Bill Gates.
Più timido, meno rockstar di mr. Apple, Gates sapeva comunque cavarsela, sfruttando pienamente il suo lato geek davanti a un pubblico di smanettoni old school (i keynote Apple erano pieni di smanettoni, sì, ma anche di fighetti accorsi per assistere all’Evento) e puntando su battute e gag che possono fare colpo solo su un pubblico di secchioni (categoria a cui Bill appartiene), come dimostra il dialogo uomo-macchina tra il fondatore di Microsoft e il sistema DOS. Quel genere di cose di cui il ciccione del negozio di fumetti dei Simpson andrebbe pazzo.

 

E ricordate la sfilata di vip tipica delle adunate jobsiane? Ebbene, per lanciare XP Microsoft chiamò Regis Philbin, storico volto televisivo statunitense (una sorta di Mike Bongiorno a stelle e strisce), nonché uno dei bersagli preferiti delle battute di David Letterman. Insieme i due fecero un siparietto niente male, della serie “nipotino che insegna al nonno come cliccare su start”. (La qualità del video non è granché ma l’audio rende l’idea).

 

Bill non era male, ci sapeva fare. Certo, non ha mai raccontato una favola hippie a dei laureandi di Stanford e basta vederlo con le mani in mano e stretto in quella camicia da 3a C per capire che non può essere considerato né hungry né foolish. Eppure i suoi show, rivisti, sorprendono. Perché il pubblico ride. Applaude. A volte, scatta il boato.

Steve Jobs non è stato l’unico ad aver dei fan e un pubblico da concerto rock. Anche Bill Gates li ha avuti (e sono le stesse persone che criticano Jobs per il suo divismo, forse): solo che Bill era la star dei primi banchi e dei secchioni; Steve regnava tra le ultime file e le biondine che passavano nel corridoio.

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