Attualità

Reinventare Malta

Tra cultura mediterranea, araba e anglosassone, la piccola isola cerca di ripensare il proprio ruolo all'interno della competizione globale

di Nicola Bozzi

Malta è un posto quintessenzialmente mediterraneo. L’isola è abbastanza vicina alla Sicilia perché i dolci si facciano accaniti e i baracchini siano gravidi di sottaceti (hanno pure un drink molto simile al chinotto, si chiama Kinnie guardacaso), ma l’influenza araba sul malti, che è l’unica lingua semitica in caratteri occidentali, è lampante. A parte il linguaggio (che quando si presenta in due o tre parole ricorda molto il Signore degli Anelli, in frasi lunghe sembra quasi che un gatto dispettoso si sia seduto sulla tastiera) la popolazione locale è al 98% cattolica e la storica resistenza ai turchi è motivo di orgoglio nazionale. Ci sono più chiese tra Malta, Gozo e Comino che giorni nell’anno, ovvero una per ogni 1000 abitanti (l’unica moschea l’ha costruita Gheddafi a fine anni ’70), e fino al 2011 non si poteva divorziare ufficialmente. Quando ci sono stato io una bandiera garriva felicemente per la nomina a cardinale di un prete locale al Vaticano, per la seconda volta nella storia.

Tra monumenti religiosi e fortificazioni varie (i maltesi si sono sempre dovuti difendere parecchio, dai turchi fino ai nazisti) non è difficile immaginare che il turismo sia una delle colonne portanti dell’economia locale. Secondo Business Insider infatti Malta è una delle 25 nazioni al mondo più dipendenti dall’influsso di visitatori internazionali, che arrivano attratti dall’immaginario medievale dei Cavalieri e dell’ex capitale Mdina o dal più frivolo carnevale di La Valletta, con i suoi variopinti carrozzoni e le coreografie di gruppo in piazza con adulti e bambini. Caldamente incoraggiato dal governo è in particolare il turismo di lusso, che (grazie anche all’industria cinematografica internazionale, che spesso si porta gli attrezzi per girare film tipo Asterix, Alexander o Il Codice Da Vinci) ha ispirato gente come Tom Cruise e David Beckham a comprarsi casa sull’isola.

Ma anche un paese carico di storia come la Repubblica di Malta ha voglia di immaginare il proprio futuro oltre i margini di una cartolina. Il Partit Nazzjonalista (vincitore di tre elezioni consecutive, anche se con sempre meno margine sui Laburisti) cerca da tempo di attirare investimenti stranieri e, grazie a incentivi fiscali e legislazioni competitive, è riuscito a far lievitare negli ultimi anni settori come i servizi finanziari e l’e-gaming (il gioco d’azzardo online).

Fino adesso, però, il progetto di gran lunga più ambizioso e controverso è quello di SmartCity Malta, un intervento urbanistico senza precedenti locali che punta a convertire la depressa zona meridionale dell’isola ad hub per la knowledge economy, una vera e propria città sostenibile dell’industria informatica con uffici, residenze, strutture commerciali e spazi pubblici, che da un lato raduni le industrie locali e dall’altro le attiri da fuori. Il formato è ambizioso e non stupisce che la Tecom Investments, incaricata dello sviluppo, sia una sussidiaria della Dubai Holding dell’emiro Mohammed bin Rashid Al Maktoum, che sta portando avanti una simile impresa anche a Kochi, in India.

Aldilà della buzzword “smart” che ha portato molta fortuna al progetto, approvato nel 2007 dopo la diffusione di rapporti incoraggianti sull’apertura di Malta al settore ICT da parte di World Economic Forum ed Ernst & Young, un fattore molto importante dal punto di vista politico fu la prospettiva della creazione di migliaia di posti di lavoro nel settore informatico, nel quale governo e privati stavano già investendo con progetti di formazione per i giovani maltesi.

Nonostante però sulla carta l’internazionalità di Malta e la sua posizione strategica tra Nord Africa, Medio Oriente ed Europa sarebbero buoni incentivi per chi volesse aprire nuovi mercati nella regione, proprio i suoi legami trans-mediterranei l’hanno resa paradossalmente vulnerabile a colpi di vento da ogni direzione. Prima gli sconvolgimenti economici globali hanno fatto inciampare persino la spavalda Dubai, alle spalle del progetto, poi ci si è messa la guerra in Libia a creare tensioni internazionali, e infine la crisi dell’Euro-zona (che, essendo Malta membro EU dal 2004, scoraggia potenziali investitori asiatici nonostante la stabilità della situazione socio-economia locale).

Tutto questo (e le dimissioni di due direttori maltesi del progetto) non ha impedito alla Tecom di portare avanti con successo la costruzione delle prime fasi del piano, anche se l’afflusso di capitali e lavoro da fuori tarda a ingranare e pare che gli edifici restino perlopiù vuoti. Per il momento, se ci sono lavori non sono nell’IT, e se sono nell’IT non sono nuovi. A leggere la stampa maltese si ha l’impressione che da una parte ci sia chi vede in Dubai Holding e SmartCity un’avventura speculativa ai danni dei contribuenti, dall’altra chi sostiene (tra cui anche la stessa società di Dubai) che il governo abbia usato il progetto per scopi elettorali, esagerando le aspettative sull’occupazione che ne sarebbe derivata. Gli accordi danno tempo alla compagnia fino al 2021 per completare la SmartCity e raggiungere una quota minima di 5600 posti di lavoro nel settore informatico (sembra che 2800 fossero previsti entro il 2011, ma era evidentemente un miraggio), ma la strada appare ancora lunga e tortuosa.

Penso sia normale che trasformare una materia rocciosa e millenaria come Malta sia difficile, che il potere gravitazionale delle sue tradizioni renda virtualmente controverso qualsiasi intervento, dalla ricostruzione del ponte sul Grand Harbour alla nuova entrata di La Valletta progettata da Renzo Piano. Che si tratti di contrasti finanziari, politici o semplicemente estetici, la contrapposizione tra vecchio e nuovo risalta, e tanto di più quanto ci si avvicina al centro. Sicuramente aggirandosi per Birgu (o Vittoriosa) fa effetto vedere i cantieri affondati tra pareti di roccia ripidissime, come se stessero innalzandosi dalle viscere della terra, oppure trovarsi a passeggiare di fronte alle St Angelo Mansions, un lotto non troppo carismatico di appartamenti di lusso recentemente costruito che rappresenta un trend rivolto ad acquirenti perlopiù stranieri (il Casinò di Venezia è dietro l’angolo).

Per quanto mi riguarda, Malta è affascinante proprio per le sue contraddizioni più inconciliabili: un Sud d’Italia che parla arabo e inglese, guida sulla sinistra e gioca a baseball, dove in mezzo ad architettura mediterranea pastello si stagliano rosse cabine telefoniche e caselle della posta in stile british. Ma appunto, io sono solo un turista.

(In apertura: veduta aerea del rendering di Smart City Malta)

 

(Dal 30 novembre al 2 dicembre un weekend ci panel, discussioni e concerti: Studio in Triennale, alla Triennale di Milano. Qui tutte le informazioni del caso. Vi aspettiamo.)