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02:04 sabato 15 novembre 2025
In Cina Wong Kar-wai è al centro di uno scandalo perché il suo assistente personale lo ha accusato di trattarlo male Gu Er (pseudonimo di Cheng Junnian) ha detto che Kar-wai lo pagava poco, lo faceva lavorare tantissimo e lo insultava anche, in maniera del tutto gratuita.
In Giappone un’azienda si è inventata i macho caregiver, dei culturisti che fanno da badanti agli anziani Un'iniziativa che dovrebbe attrarre giovani lavoratori verso una professione in forte crisi: in Giappone ci sono infatti troppi anziani e troppi pochi caregiver.
Rosalía ha condiviso su Instagram un meme buongiornissimo in cui ci sono lei e Valeria Marini  Cielo azzurro, nuvole, candele, tazza di caffè, Rosalia suora e Valeria Marini estasiata: «Non sono una santa, però sono blessed», si legge nel meme.
Hideo Kojima si è “giustificato” per la sua foto al Lucca Comics con Zerocalcare dicendo che l’ha fatta senza sapere chi fosse Zerocalcare Non c’era alcuna «intenzione di esprimere sostegno a nessuna opinione o posizione» da parte di Kojima, si legge nel comunicato stampa della Kojima Productions.
Anche Charli XCX si è messa a scrivere su Substack Il suo primo post si intitola "Running on the spot of a dream" e parla di blocco della scrittrice/musicista/artista.
A poche ore dalla vittoria al Booker Prize è stato annunciato che Nella carne di David Szalay diventerà un film Ad acquisire i diritti di trasposizione del romanzo sono stati i produttori di Conclave, noti per il loro fiuto in fatto di adattamenti letterari.
Il nuovo film di Tom Ford è già uno dei più attesi del 2026, per tantissime e buonissime ragioni Un progetto che sembra quasi troppo bello per essere vero: l'adattamento di uno dei più amati romanzi di Ann Rice, un cast incredibile, Adele che fa l'esordio da attrice.
Nel primo teaser del Diavolo veste Prada 2 si vede già la reunion di Miranda e Andy Le protagoniste salgono insieme sull’ascensore che porta alla redazione di Runway, riprendendo una scena cult del film originale.

L’uomo del rinascimento

Uno degli scrittori più prolifici e sincretici, dimenticato dall'editoria italiana

23 Novembre 2011

Capita, a volte, di rimanere schiacciati tutta la vita sotto il peso di un capolavoro. Capita ai musicisti, capita ai calciatori, o agli allenatori. Capita agli scrittori, soprattutto. Potrebbe sembrare il caso di Anthony Burgess, una fama e una carriera nascosti dietro l’ombra di un libro e del conseguente film. L’ombra ha la sagoma triangolare della “A” sulla copertina di A Clockwork Orange, con il drugo Alex, ciglia degne della miglior pubblicità Maybelline, a brandire un minaccioso coltello rivolto all’improvvido lettore. Invece no, invece non è così o almeno non del tutto. L’ammissione della spettinata figurina di Burgess nell’album dei sottovalutati (traducibile anche come “assolutamente da rivalutare”) è sì una questione di ambito europeo, ma pone un problema più specificatamente italiano (guarda un po’). Il tema in tal caso è atavico: le nostrane librerie hanno spesso un deficit di titoli imperdonabile. Certo la colpa non va fatta ricadere sui placidi scaffali, piuttosto su poco savie politiche editoriali. E nel caso di Anthony Burgess la questione è ancora più eclatante, perché non parliamo dell’esclusione di tre, quattro o cinque titoli, ma (stando alla produzione per ora accertata dell’inglese confrontata con la disponibilità Amazon e Ibs dei suoi libri tradotti) ben 57 (cinquantasette/00).

Una sottovalutazione riguarda certo sempre la sfera qualitativa, ma in questo caso il giudizio non può prescindere in primis dall’invasione della sfera quantitativa. Insomma, ignorato più che sottovalutato. E dire che un libro come Arancia Meccanica continua a vendere (libro facile da fraintendere, causa trasposizione su pellicola, ma proprio per questo best-seller continuativo), e dire anche che non si tratta di un autore di nicchia o un culto per pochi: nel 2008 il Times lo selezionò alla posizione 17 nella classifica dei più importanti scrittori inglesi del dopoguerra, nel 2006 l’Observer valutò Earthly Powers come il terzo miglior romanzo del Commonwealth degli ultimi 25 anni; in patria è uno dei “panzer” dei Penguin Modern Classics. E dire pure un’altra cosa: Burgess visse in Italia, sposò un’Italiana, tradusse testi dall’italiano (i sonetti di Gioacchino Belli, per fare un esempio) e lavorò con Zeffirelli (sua la sceneggiatura di Gesù di Nazareth). Se volessimo trovare una motivazione puranco ruffianamente nazionalista per pubblicarlo, ce l’avremmo bell’e pronta.

Personaggio bizzarro, frainteso e interpretato sotto varie angolazioni, probabilmente tutte faziose, Anthony Burgess deve la sua incredibile mole di produzione a un curioso aneddoto (uno dei tanti che hanno caratterizzato la sua nomade vita): nel 1959, mentre tiene una lezione di storia in un college del Brunei, sviene. I medici gli diagnosticano un incurabile cancro al cervello, dandogli un anno di vita. Lui, per tutta risposta, inizia a scrivere, più di prima, più di chiunque. Anche dopo il fatidico anno, quando il tumore si rivela una bufala, un errore, una provvidenza. Tra il 1960 e il 1964 compone undici romanzi, tra cui Arancia Meccanica e Il Seme Inquieto. Quest’ultimo è una delle più controverse e geniali opere del Burgess di stampo orwelliano. Il topos del futuro riconoscibile ma disastroso viene sviluppato in ottica sessuale più che politica: la mancanza di cibo e la sovrappopolazione portano il governo a promuovere l’omosessualità e proibire il rapporto uomo-donna; la guerra viene abolita ma gli eserciti continuano a essere rinforzati e spediti verso uno sconosciuto fronte, che si rivelerà una macelleria di stato (questa sì, nel vero senso della parola) per incrementare il conservificio di carne (umana). Per Il seme inquieto fu sia accusato di omofobia che celebrato come smascheratore della silenziosa repressione statale, dagli immancabili estremismi di sorta.
Linguista e filologo coltissimo, autore anche di tre sinfonie e oltre 250 composizioni musicali, Burgess racconta la sua esperienza con il cancro (e la glottologia) in Il dottore è ammalato, romanzo che ondeggia tra il picaresco, il dickensiano e l’onirico, in cui i personaggi – come spesso accade nelle sue opere – paiono usciti dal Paese delle meraviglie di Carroll, ma popolano una suburbia londinese straordinariamente vivida e maleodorante. Il lungo periodo che trascorse nella periferia dell’Impero in disfacimento (Malesia e Brunei) è invece lo sfondo per La trilogia malese, altro arazzo multiculturale e multilinguistico, realistico e comico nel fotografare, come in un quadro di Bruegel, la confusione razziale e la sciatteria morale degli inglesi e dei loro sottoposti, in piena tradizione kiplinghiana.
Ancora, in Notizie dalla fine del mondo, Trotsky e Freud dialogano parallelamente all’ombra di una catastrofe spaziale imminente, in cinquecento pagine che trascendono le tradizionali barriere spazio-temporali. Quattro titoli un tempo editi e ora tristemente fuori catalogo (rispettivamente Fanucci, Fanucci, Einaudi e ancora Fanucci).

Di Anthony Burgess sono stati recentemente ritrovati a Manchester, nella sua vecchia abitazione, un’enorme quantità di inediti comprendente romanzi, racconti, testi teatrali, sceneggiature e partiture musicali. Andrew Biswell, direttore della Burgess Foundation, ha confidato di riuscire a pubblicare qualcosa nel 2012 (saranno 50 anni dall’uscita di Arancia Meccanica). Materiale che va ad aggiungersi alla già enorme nebulosa di argomenti trattati: filologia, biografia (c’è l’ottima L’importanza di chiamarsi Hemingway di minimum fax), storia e colonialismo, religione e morale, musica e teatro, Burgess ha sempre cercato di trattare temi ambiziosi, forse a volte troppo, con un linguaggio ricercato e a tratti rivoluzionario (vedi alla voce Nadsat). Un vero e proprio uomo del rinascimento le cui opere trascendono gli anni e le stagioni politiche e sociali. Per questo la sua gigantesca mancanza è triste, nello scaffale della B delle librerie italiane.

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