Attualità

L’uomo che volle farsi Re

Vita di Norton I, primo e unico imperatore degli Stati Uniti, nel 153° anniversario del suo regno

di Davide Coppo

La storiografia ufficiale non include le sue gesta, impegnata com’è, nel ventennio 1859-1880, a districarsi tra eventi che segnarono la storia del Nord America e del mondo intero, eppure a San Francisco lo ricordano ancora in molti: è Norton I, imperatore degli Stati Uniti d’America.

La storia è quella di un uomo che, esattamente 153 anni fa, il 17 settembre del 1859, si investì della più alta onorificenza politica, quella imperiale, nel Paese che più di qualunque altro è legato al concetto di “repubblica”. Non ci furono golpe, né guerre né violenze. Norton I, Sua Maestà Imperiale, venne eletto con una lettera a un quotidiano.

Nato in Inghilterra nel 1818, Joshua Norton, figlio di John e Sarah Norton, visse a lungo in Sud Africa prima di arrivare in California. Con una piccola fortuna di 40.000 dollari ereditata dal padre, il trentenne Joshua, come molti altri, si unì alle schiere dei Forty-Niners, l’onda di migliaia di persone che emigrarono e si spinsero verso San Francisco nel 1849, attratti dal profumo della neonata corsa all’oro, dalle promesse di una mitologica ricchezza. Joshua Norton non era, come molti 49ers, né povero né disperato. Era un uomo benestante, e non ci volle molto tempo prima che le sue competenze commerciali portassero a un sensibile incremento delle sue fortune. Si specializzò nel ramo immobiliare, successivamente fondò la Joshua Norton &Co., General Merchants, e nel giro di tre anni raggiunse il fatturato di 250.000 dollari, circa 5 milioni odierni. Joshua Norton era un uomo ricco, istruito, e non ancora imperatore. Il cursus politico iniziò nel 1852, e coincise, in un certo senso, con la fine della sua carriera imprenditoriale. Non per conflitto di interessi, tuttavia.

Bisogna, per un momento, spostarsi in Cina, il più grande esportatore di riso verso la California. Una carestia rese necessario il blocco delle esportazioni, e il prezzo del riso a San Francisco lievitò da 4 centesimi per pound a 36. Norton acquistò un carico di riso proveniente dal Peru per 25.000 dollari, sperando di colmare la domanda californiana. Ma prima che il suo bastimento potesse invadere il mercato, ne arrivarono altri, e di qualità nettamente superiore. Norton era stato truffato, e si rivolse a un tribunale che mai, per tre anni, gli diede ragione, riuscendo però a prosciugare i suoi conti con spese processuali insostenibili.

Joshua Norton dichiarò bancarotta nel 1858. La corsa all’oro era ormai finita, la bolla esplosa, i suoi detriti si erano riversati sulle vite di molti. Tra questi era il futuro imperatore, che lasciò la città e vi ritornò nel modo più pirotecnico nel ’59, non più l’uomo che era stato, quando il San Francisco Bullettin pubblicò la solenne proclamazione: «Alla perentoria richiesta della larga maggioranza dei cittadini degli Stati Uniti io, Joshua Norton, proveniente da Algoa Bay, Capo di Buona Speranza e negli ultimi nove anni e dieci mesi in San Francisco, California, dichiaro e proclamo me stesso Imperatore degli Stati Uniti, e in virtù dell’autorità con ciò da me concessami ordino che i rappresentanti degli stati dell’Unione si radunino nella Music Hall di questa città, il giorno 1 del prossimo febbraio, al fine di apportare cambiamenti alle esistenti leggi dell’Unione per guarire i mali sotto i quali il Paese sta faticando (…)».

Inutile dire che non vi fu nessun incontro. Ma è invece utile aggiungere che il gesto di Norton I (d’ora in poi abbandonerà il nome Joshua) non fu il fuoco di paglia di un allucinato. L’Imperatore era nato, e San Francisco lo accolse a braccia aperte. L’attenzione per i suoi proclama fu da subito alta – complice, se non protagonista, l’effetto comico -, e Norton I propose, anzi, ordinò l’abolizione della Corte Suprema californiana e, nel 1860, “sciolse” la Repubblica degli Stati Uniti d’America e la rimpiazzò con una monarchia assoluta, il cui unico reggente era egli stesso. Assolutista, ma mai dispotico. La fama dell’Imperatore era ormai alle stelle. L’anno successivo debuttò uno spettacolo teatrale sulla sua vita. I media – pardon, i quotidiani – capirono che se volevano vendere dovevano avere Norton: così non solo si litigavano i suoi proclama, ma arrivarono anche a scriverne di falsi. Tutte le buone storie portavano vendite, e ogni gesto di Norton rappresentava la quintessenza della buona storia. Il mondo pubblicitario, pure, fiutò l’affare. Offrire a Norton pasti o abiti gratuiti avrebbe portato prestigio e fama al nome del ristorante, o della “boutique”. Un po’ per convenienza, un po’ per benevolenza, l’Imperatore Norton si trovò, così, a poter sempre disporre di una cena ai migliori ristoranti di San Francisco, accanto a politici, aristocratici, imprenditori. Iniziò a diffondersi una targa, posta all’esterno degli esercizi frequentati da Norton, recitante “By appointment to his Majesty, Norton I”. Amato dalla popolazione, e “lisciato” più che frequentemente dai politici, Norton iniziò anche, per ovviare alle sue difficoltà economiche, a stampare la propria moneta, che venne regolarmente accettata da ogni esercizio nella città.

Eppure la vita ordinaria dell’Imperatore degli Stati Uniti era delle più umili. Vestito di un’uniforme blu con mostrine dorate donatagli dall’esercito, accessoriato con un cappello piumato e l’immancabile bastone (molti bastoni da passeggio gli furono regalati dai più influenti politici non solo californiani, per ingraziarselo), Norton passava le sue giornate vagando per la città, controllando che ogni attività si svolgesse secondo il suo giudizio. Ogni mezzogiorno si dirigeva in un ristorante per il “free lunch” quotidiano, per poi trascorrere i pomeriggi tra musei e librerie, leggendo libri, dissertando di scienze e giocando a scacchi. La vita di un uomo colto, erudito su tutte le arti e tutti gli argomenti. Un uomo, però, che si credeva fermamente imperatore.

Circolarono leggende secondo cui Norton I era, in realtà, figlio di Napoleone III, senza trovare però nessun riscontro. Fu vero, invece, che Dom Pedro II, Imperatore del Brasile, visitò nel 1876 San Francisco e chiese esplicitamente di essere introdotto presso l’Imperatore degli Stati Uniti, in una suite del Palace Hotel, come vero fu che Norton inviò più di una richiesta di matrimonio alla regina Vittoria. Il suo decreto più famoso (ma è necessario citare anche l’abolizione dei partiti democratico e repubblicano) fu, tuttavia, uno straordinario esempio di preveggenza: nel 1872, 64 anni prima dell’effettiva realizzazione, l’uomo che fu Joshua ordinò la costruzione di un ponte che collegasse San Francisco a Oakland. Oggi esiste, si chiama Bay Bridge, e reca una targa di commemorazione dell’Imperatore Norton I, vero ispiratore del progetto.

Norton morì nel 1880, collassando al suolo colpito probabilmente da un attacco cardiaco, una sera di gennaio. L’ispezione della sua stanza, in cui abitò gli ultimi diciassette anni, rivelò la sua estrema povertà, oltre a una grossa quantità di ritratti di regnanti del mondo ad arredare le pareti. I funerali dell’unico Imperatore che l’America vide furono solenni e sfarzosi. Dei 230.000 abitanti di San Francisco, 30.000 parteciparono al corteo funebre, che si distese per numerosi chilometri. La sua lapide, pagata da alcuni mecenati, recita l’iscrizione “Norton I, Emperor of the United States and Protector of Mexico”. I più influenti quotidiani aprirono la prima pagina con la notizia della sua scomparsa, tra cui il Chronicle, destinatario in passato di alcuni suoi decreti, che titolò: Le Roi est Mort.