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Una nuova casa editrice indipendente pubblicherà soltanto libri scritti da maschi Tratterà temi come paternità, mascolinità, sesso, relazioni e «il modo in cui si affronta il XXI secolo da uomini».
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I fratelli Gallagher si sono esibiti insieme per la prima volta dopo 16 anni In un circolo operaio a Londra.

Fingere che i tuoi genitori siano morti per avere like

Su YouTube ragazzini tra gli 8 e i 14 anni fingono lutti per ricevere attenzione: una giornalista del New Statesman ha indagato le loro dinamiche sociali.

di Studio
17 Marzo 2017

L’attenzione ai tempi dei social network è diventata un bene di consumo, un bene di cui c’è grandissima domanda e pochissima offerta, e per raggiungerla sia privati cittadini che corporation multinazionali sono disposti a ricorrere a qualsiasi espediente. Cosa succede, però, quando i suddetti privati cittadini hanno un’età compresa tra 8 e 15 anni? Da tempo gli psicologi dell’età evolutiva discutono sui potenziali effetti di un uso massiccio del web sui bambini in età preadolescenziale: già nel 2009 una ricerca di Stanford aveva provato che gli studenti dei primi anni di college che si dedicavano al multitasking avevano un attention span drasticamente ridotto, e negli anni si è obiettato da più parti che lo sviluppo cerebrale dei ragazzini potrebbe essere fortemente influenzato da tutte quelle ore passate davanti a uno schermo.

Qualunque fosse la verità, nel 2017 per un bambino in età scolare usare massicciamente i social media è un passatempo normale, comunissimo, e molti luoghi digitali sono diventati il campo d’elezione in cui si svolgono le vicende dei primi rapporti sociali della vita di una persona: tra di essi, YouTube gioca un ruolo fondamentale. Proprio il network di video acquisito da Google è il protagonista di un pezzo pubblicato in queste ore dal britannico New Statesman, “Why are children on YouTube saying their parents are dead?”. Come da titolo, l’autrice Amelia Tait indaga una tendenza particolarmente in voga sull’internet-for-kids, e più nello specifico nelle sezioni commenti di YouTube, in cui i bambini cercano strenuamente di ottenere l’attenzione – e quindi l’accettazione – dei loro pari. Dopo essersi espressa su un video, Anna-Marie, una bambina dall’età compresa tra gli 8 e i 10 anni, precisa: «Per favore non datemi commenti negativi perché il mio criceto è morto, e anche il mio uccellino, e sono ancora molto triste».

Carsten Holler Turns Frieze Booth Into Children's Playground

Quello che sembra un commento tenero, tutt’al più ingenuo, secondo Tait è una manifestazione di un pattern molto diffuso sui social media: lo scrivere di aver subito un evento negativo – che può andare dalle cattiverie dei compagni di classe fino alle vere e proprie tragedie, come la morte di un genitore – per averne un vantaggio immediato in termine di like, subscriber e commenti di conforto. «Can I get a like because my papa died», recita un altro commento raccolto da New Statesman, e altri simili a esso «can I get 50 subscribers my mums in hospital» o «can I get 1 like y grandad has passed away». Naturalmente supporre che la prerogativa che unisce tutti questi commenti sia la finzione è sbagliato, ma la loro capillarità suggerisce che si tratti di un fenomeno sociale interessante da approfondire. Su Twitter, l’account @HarryMyCatDied cataloga l’imponente mole di messaggi con cui le fan dell’ex One Direction Harry Styles fanno leva su un lutto personale per ottenere un cenno del loro beniamino.

I bambini, peraltro, non sono gli unici a essere disposti a sfruttare le norme sociali più elementari per il loro tornaconto social, e spesso (l’avrete notato dalla frequenza con cui quel vostro amico posta foto dei suoi figli su Facebook) diventano essi stessi una valuta di scambio per ottenere l’ambìto interesse: Vice nel 2014 si immergeva nel «triste mondo degli adulti che fingono di essere bambini per i retweet»: quarantenni che inventano artatamente aneddoti con protagonisti i loro figli, compiti da scuole elementari compilati con calligrafie traballanti da mamme desiderose di condivisioni, eccetera. C’è un ultimo interessante risvolto, in questo senso: quando si parla di come internet, i social media, gli schermi onnipresenti, va detto che hanno cambiato anche il modo di essere padri e madri. Di recente il Boston Medical Center ha condotto uno studio osservando una sessantina di famiglie in luoghi pubblici; in molti casi, quando mamma o papà si concentravano sul loro smartphone o tablet – talvolta per decine di minuti – i figli si inventavano modi per ottenere l’attenzione dei genitori, canticchiando o facendo ampi gesti con le braccia.

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