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Cinepanettone, perché sei morto?

Satira tiratissima, incassi risicati: le sei commedie di quest'anno sono dei flop. Le ragioni della disfatta del cinepanettone, un genere quasi estinto.

di Mattia Carzaniga

«La serie cinematografica – diretta fin dall’inizio da Neri Parenti e ora considerata il portabandiera del cosiddetto genere “cinepanettone”, dal nome del dolce diffuso in Italia nel periodo natalizio – torna nelle sale con Vacanze di Natale a Cortina, ultimo capitolo della slapstick comedy itinerante che per il cinema italiano è diventata quanto di più simile a un investimento sicuro». Così scriveva The Hollywood Reporter cinque anni fa. Cinque anni, in tempi di Netflix-and-chill, sono un’era geologica. Sempre da quello stesso pezzo: «Raramente questo franchise attrae l’attenzione oltre i confini italiani. Le linee narrative sono sempre le stesse di anno in anno, e i critici più seri ormai tendono a chiudere un occhio». Da qualche stagione, lo sapete, non è più tutto così facile.

Ragione numero uno: il divorzio dei nostri Brangelina, ovvero Christian De Sica e Massimo Boldi. Il loro ultimo cinepanettone insieme risale al lontano 2003: Natale in India. Tra le battute da ricordare: «L’uomo, che essere meraviglioso: una bella pisciata, una bella cacata e ti riconcili con il creato». La ragione numero due è la tendenza all’overbooking di cinepanettoni degli ultimi anni. L’ultima stagione, cioè quella in corso, vale da sola come ragione numero tre, e quattro, e a seguire. Il 15 dicembre sono usciti i tre cinepanettoni più o meno ufficiali di quest’anno: Natale a Londra – Dio salvi la regina di Volfango de Biasi, con Lillo e Greg; Poveri ma ricchi di Fausto Brizzi, con Christian De Sica ed Enrico Brignano; Fuga da Reuma Park di Aldo, Giovanni e Giacomo e Morgan Bertacca. In più c’è l’ormai consueto pre-cinepanettone (per un po’ l’hanno chiamato cinepandoro) di Massimo Boldi, quest’anno intitolato Un Natale al Sud e uscito il 17 novembre: al momento l’incasso totale viaggia attorno ai tre milioni scarsi. E anche Non c’è più religione di Luca Miniero, già regista delle corazzate Benvenuti al Sud e Benvenuti al Nord, cinepanettone d’autore (nelle intenzioni) con Claudio Bisio e Alessandro Gassmann, nelle sale dal 7 dicembre: anche per lui fino ad ora neanche tre milioni complessivi. Il 1° gennaio esce Mister Felicità di e con Alessandro Siani, preceduto dall’unica consueta anteprima stampa ad Afragola. Se proprio si preferisce non usare per tutti la parola cinepanettone, la somma fa sei commedie italiane durante le feste 2016-2017: che faccio, lascio?

cipollino

E ora annoiamoci con i numeri. Nel primo weekend di programmazione, i tre titoli usciti il 15 dicembre hanno incassato in proporzione molto meno di un tradizionale cinepanettone in solitaria. Nessuno di loro ha raggiunto la vetta della classifica (le prime due posizioni sono andate rispettivamente a Rogue One, spin-off di Star Wars, e Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali di Tim Burton), né – e questo dato fa più impressione – il milione di euro di incasso sul singolo titolo. Poveri ma ricchi è arrivato terzo con 923 mila euro, Natale a Londra quarto con 720 mila, Fuga da Reuma Park quinto con 640 mila. Il totale dei tre film è di due milioni e 200 mila euro, spicciolo più spicciolo meno. Per fare un facile confronto: nel 2011 Vacanze di Natale a Cortina di Neri Parenti, considerato da molti l’ultimo cinepanettone ufficiale anche in quanto omaggio al primo Vacanze di Natale (1983), incassò nel primo fine settimana più di un milione e 600 mila euro, superando un totale di 11 milioni. Cifra già decisamente più bassa di quelle che spettavano ai colossi natalizi dei tempi d’oro, ma che nessuno dei film usciti quest’anno vedrà mai.

Ragione numero [a che numero siamo arrivati?]: Neri Parenti. Citato da The Hollywood Reporter, è uno dei principali imputati nel maxiprocesso sulla corrente crisi del cinepanettone. Il 2016, anno funesto che ha falciato intere icone generazionali, ci lascia senza la testa di serie tra i registi di categoria. Era già successo in passato (si veda la pausa 2012-2013, un po’ come per la Mostra di Venezia nei tribolatissimi anni Settanta, quando le edizioni saltavano): ma che su tre – diciamo pure sei – cinepanettoni usciti quest’anno nessuno porti la sua firma, questo dà da pensare. Sarà che oggi usa così. Una volta c’era solo il panettone classico: uvetta e canditi. Poi è arrivato quello senza canditi. Ora c’è quello cioccolato e pere, quello con la crema al limone, con il sale dell’Himalaya, con il pecorino di Osilo (rigorosamente presidio Slow Food). Va da sé che, per accontentare tutti, quando a tavola arriva il dolce non è contento nessuno.

Ragione numero [mettete voi una cifra a caso]: Checco Zalone. È l’altro nome chiave nella disfatta dei cinepanettoni. Ironizzando nel suo ultimo film sul posto fisso, ha rottamato per primo un sindacato che pareva intoccabile: quello del cinepanettone, appunto. Altro che Bersani coi tassisti. Zalone ha dimostrato che si possono fare – cioè: solo lui può fare – 65 milioni di euro arrivando dopo tutti gli altri, lui e il produttore Pietro Valsecchi sono la Befana che tutte le feste si porta via, e pure tutti i soldi ai cinematografari romani. Certo, Checco fa storia a sé, muove al cinema gente che davvero non c’è andata mai. Ma non c’è solo questo. Zalone è la prova vivente che la torta del cinema italiano è bella grossa, specie a Natale e dintorni. Se lui riesce a prendersela tutta e gli altri se la devono invece spartire guadagnandoci una misera fetta a testa, è segno di un corso ormai inequivocabile: per certe commedie la gente ha smesso di pagare il biglietto.

E non è solo colpa – ragione numero mille – delle solite battute sulla cacca (Un Natale al Sud), della satira tiratissima sul Superenalotto spacciata per illustrazione della realtà contemporanea, con tanto di milanesi ricchi e renziani che vivono nel Bosco Verticale (Poveri ma ricchi), di addormentate farse esotiche al tempo di RyanAir (Natale a Londra), di autocitazioni che tradiscono il vuoto di idee (Fuga da Reuma Park: su neanche un’ora e mezza totale, almeno venti minuti di inserti di vecchi spettacoli teatrali di Aldo, Giovanni e Giacomo). È che la pancia del Paese è tornata a preferire l’uvetta e i canditi, purché scritti bene. Mentre gli altri pensavano di fare i furbi, coi loro cinepanettoni gourmet.

Nelle immagini: scene da Vacanze di Natale, la versione originale (in evidenza) e il remake più recente (in testata)