Attualità

È giusto fare terrorismo psicologico sui cambiamenti climatici?

Mandare il messaggio che l’umanità è spacciata rischia di essere controproducente. Ne abbiamo parlato con Paul Hawken, l’autore di Drawdown.

di Anna Momigliano

incendi estivi California

Negli ultimi giorni e nelle settimane precedenti si è molto discusso di riscaldamento globale, di quale futuro aspetta il genere umano, di che cosa possono fare l’uomo e la scienza per migliorarlo, ma anche di come comunicare su questi temi. Due i fatti recenti degni di nota: lo scorso 8 luglio il vertice G20 sui cambiamenti climatici si è chiuso con una nota negativa, confermando la cesura netta tra l’amministrazione americana, che si è ritirata dagli accordi di Parigi, e tutti gli altri; pochi giorni dopo, un enorme iceberg si è staccato dalla calotta polare antartica, un pessimo segno che indica quanto serio sia il problema dello scioglimento dei ghiacci. Nello stesso periodo, il New York ha pubblicato una storia di copertina dedicata al global warming, in cui si dipinge un futuro quasi post-apocalittico, fatto di fame, carestie e guerre perenni: alcuni hanno accusato l’autore, David Wallace-Wells, di fare terrorismo psicologico, altri invece l’hanno lodato esattamente per la stessa ragione, cioè per avere spaventato la gente su un tema che dovrebbe spaventarci tutti. Qualche mese prima era uscito un libro che aveva un approccio a prima vista radicalmente opposto: Drawdown—The Most Comprehensive Plan Ever Proposed to Reverse Global Warming, un testo curato dal filosofo e attivista Paul Hakwen a partire dal lavoro di settanta ricercatori, che propone ottanta soluzioni concrete che, se applicate, dovrebbero fermare il riscaldamento globale nel giro dei prossimi decenni. Drawdown è stato recepito dai media come una buona notizia: allora, dopotutto, l’umanità non è spacciata.

Il libro curato da Hakwen e l’articolo di Wallace-Wells sembrano radicalmente opposti per approccio: il primo si concentra sulle soluzioni, il secondo sul problema; il primo manda il messaggio che possiamo risolverlo, basta rimboccarci le maniche, il secondo che ci aspetta un futuro da Mad Max. Messi insieme, però, sollevano questioni interessanti su come parliamo di cambiamenti climatici. È giusto, o anche solo desiderabile, dipingere scenari catastrofisti? Secondo alcuni spaventare il pubblico può essere un buon modo per convincerlo ad agire, però secondo altri può essere controproducente. Per cominciare, come ha spiegato Jennifer Francis, una climatologa intervistata da The New Republic, «quando la gente sente storie di scenari apocalittici, in genere smette di ascoltare». Non solo. Quando si trasmette un’idea di inevitabilità si finisce per disincentivare le persone ad agire, come ha spiegato un altro climatologo, Micheal Mann: del resto, se l’umanità è spacciata comunque, tanto vale non sbattersi inutilmente. Insomma, il terrorismo psicologico funziona, o sarebbe meglio dare il messaggio che se ci mettiamo d’impegno ne possiamo uscire? Però, se i media iniziano a concentrarsi sulle soluzioni per fermare il riscaldamento globale, non si rischia invece di togliere il senso d’urgenza? Abbiamo fatto qualche domanda proprio a Paul Hawken.

incendi estivi California

 Il suo libro sostiene che, se cominciamo a mettere in pratica ottanta soluzioni ben studiate, possiamo fermare i cambiamenti climatici. Messa così, sembra un’ottima notizia. Davvero possiamo dire che l’umanità non è spacciata?

Noi non “sosteniamo” nulla. Abbiamo mappato, misurato e modellato ottanta delle cento soluzioni al global warming. Non è stata una semplice scelta: abbiamo fatto un ranking in base all’impatto. Ogni soluzione è ben studiata, compresa e misurata. Quello che la nostra squadra, composta da settanta ricercatori, ha fatto è stato misurare l’impatto che queste soluzioni avrebbero se fossero riprodotte su vasta scala, in modo rigoroso ma anche ragionevole, esaminando costi e benefici. Tutti i dati sulle emissioni di carbonio erano basato su scienza peer-reviewed. Il nostro intento era cercare di capire se c’è modo di invertire l’accumulo di gas serra con tecniche e pratiche già conosciute. Quando s’inverte l’accumulo di gas serra, non si ferma il riscaldamento globale subito. Servono almeno due decenni perché le temperature inizino a calare, lentamente. L’umanità andrà incontro a ciò che sceglie.

 Come mai ha scelto di concentrarsi sulle soluzioni, in questo libro, anziché sul problema?

Perché focalizzarsi continuamente su un problema non aiuta a risolverlo. La scienza di che cosa accadrà se non facciamo nulla, del resto, è già nota. Visto che c’è una percezione che la società non stia facendo abbastanza, c’è stata anche una tendenza a concentrarsi soprattutto sull’impatto del global warming. Il 98 per cento della copertura mediatica sui cambiamenti climatici parla di danni e di distruzione. Per come la vediamo, i report del IPCC mettono perfettamente in chiaro quale sia il problema. Allora, concentriamoci sulle soluzioni. Del resto, la paura spesso sortisce l’effetto contrario. È strano, se uno ci pensa: sono quarant’anni che c’è un dibattito pubblico sul riscaldamento globale, però nessuno ha mai misurato le migliori cento soluzioni fino ad oggi. Non me lo so spiegare.

 Avrà letto l’ultima storia di copertina del New York: è molto pessimista e qualcuno l’ha accusata di fare “pornografia dei cambiamenti climatici”. I messaggi molto pessimisti rischiano di essere controproducenti? In fondo, un potrebbe dire “ok, se siamo tutti spacciati, allora inutile impegnarsi…”

L’articolo mi è piaciuto, penso che potrebbe avere un impatto, svegliare un po’ di gente. Tuttavia alcune delle sue conclusioni non avevano un sostegno scientifico (per esempio quello che scrive sulle emissioni di metano dal permafrost), inoltre dà per scontato che nessuno farà nulla per diminuire le emissioni di gas serra. In molti, prendendo sul serio un articolo come questo, potrebbero pensare che siamo al “game over” e ormai non si può fare più nulla. Noi invece vorremmo rovesciare la psicologia sul global warming e mostrare cosa si può fare per risolvere il problema. Vediamo la scienza dei cambiamenti climatici come un dono, non come una maledizione. Il riscaldamento è un feedback dall’atmosfera. La Terra è un sistema, e i sistemi che non rispondono ai feedback sono destinati a fallire: vale per il nostro corpo, così come per i sistemi sociali ed economici, e vale anche per gli ecosistemi. Il global warming sta portando a grandi scoperte nel campo energetico, dei trasporti, nell’agricoltura, nell’urbanistica e nelle scienze dei materiali. Se non fosse per la scienza dei cambiamenti climatici, staremmo distruggendo la Terra molto più in fretta di quanto non stiamo già facendo.

soluzioni global warming

 Visto che ci rivolgiamo più spesso alla gente comune, che ai policymaker, noi giornalisti tendiamo a concentrarci su piccole cose, come riciclare, prendere la bicicletta, o consumare in modo etico. Qualcuno ha fatto notare che tutte queste piccole cose non servono a molto: è troppo poco e troppo tardi

Sono d’accordo sul fatto che alcune delle soluzioni di cui si parla spesso (i famosi “tu cosa puoi fare”) non avranno un grande impatto. Però non è questo il modo giusto di inquadrarle. Come si può vedere dal grafico, abbiamo bisogno di tutte le soluzioni disponibili, non di alcune, se davvero vogliamo invertire il riscaldamento globale. La causa del riscaldamento globale è un sistema socio-economico inefficiente e troppo dipendente dall’energia fossile. In questo momento, abbiamo un sistema che ci sta deprivando del nostro futuro. Ma siamo anche in una fase in cui stiamo ripensando tutto quello che facciamo, come lo facciamo, e il nostro rapporto col pianeta. È un momento straordinario in cui vivere. Tutto questo include creare un ciclo dei materiali e riciclare su vasta scala. Facendo questo, la gente comincia a pensare in modo diverso, guarda il mondo con occhi nuovi. E questo modo di pensare si estende al di là di una singola soluzione.

 In italiano abbiamo un’espressione, “terrorismo psicologico”: si spaventa la gente a morte sperando che reagisca. Ecco, serve fare terrorismo psicologico sul riscaldamento globale?

Non usiamo quest’espressione in inglese, però rende bene l’idea ed è una cosa che si fa molto negli Stati Uniti, da destra e da sinistra. Comunque, il terrorismo psicologico non funziona mai. Provoca estremismi, trasforma le altre persone in gente sbagliata, la demonizza, aiuta i regimi totalitari. Per risolvere il riscaldamento globale, dobbiamo collaborare tra di noi, ascoltarci a vicenda. Risolvere la più grande crisi nella storia della civiltà umana non è qualcosa che si può fare dividendo il mondo e raccontandoci che siamo più bravi e più intelligenti degli altri. È proprio questo modo di pensare dualistico che ci ha portato a questo punto: l’idea che l’ambiente e le persone fossero altro da noi, che potessimo tagliare foreste, riempire gli oceani di plastica e immettere nell’atmosfera tutte le emissioni dei combustibili fossili. Non può andare avanti. È una Terra, un’atmosfera, e renderci conto di questa cosa è l’insegnamento e il regalo del riscaldamento globale.

 

In testata: preparazione per il G20 sul clima di Amburgo, in Germania, 8 luglio 2017 (LUDOVIC MARIN/AFP/Getty Images); in apertura e nel testo: gli sforzi per arginare l’incendio di Santa Barbara, in California (David McNew/Getty Images); tabella tratta da Drawdown, fornita dal curatore