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Il Ceo di Google ha detto che nessuna azienda si salverebbe dall’eventuale esplosione della bolla dell’intelligenza artificiale Sundar Pichai ha detto che la "corsa all'AI" è un tantino irrazionale e che bisogna fare attenzione: se la bolla scoppiasse, nemmeno Google uscirebbe indenne.
La cosa più discussa del prossimo Met Gala non è il tema scelto ma il fatto che lo finanzierà Jeff Bezos Il titolo e il tema del Met Gala di quest'anno è Costume Art, un'edizione realizzata anche grazie al generoso investimento di Bezos e consorte.
Per la prima volta è stata pubblicata la colonna sonora di Una mamma per amica In occasione del 25esimo anniversario della serie, su tutte le piattaforme è arrivata una playlist contenente i migliori 18 brani della serie.
Jeff Bezos ha appena lanciato Project Prometheus, la sua startup AI che vale già 6 miliardi di dollari Si occuperà di costruire una AI capace poi di costruire a sua volta, tutta da sola, computer, automobili e veicoli spaziali.
Le gemelle Kessler avevano detto di voler morire insieme ed è esattamente quello che hanno fatto Alice ed Ellen Kessler avevano 89 anni, sono state ritrovate nella loro casa di Grünwald, nei pressi di Monaco di Baviera. La polizia ha aperto un'indagine per accertare le circostanze della morte.
Vine sta per tornare e sarà il primo social apertamente anti AI Jack Dorsey, il fondatore di Twitter, ha deciso di resuscitarlo. A una condizione: sarà vietato qualsiasi contenuto generato con l'intelligenza artificiale.
C’è una app che permette di parlare con avatar AI dei propri amici e parenti morti, e ovviamente non piace a nessuno Se vi ricorda un episodio di Black Mirror è perché c'è un episodio di Black Mirror in cui si racconta una storia quasi identica. Non andava a finire bene.
In Cina Wong Kar-wai è al centro di uno scandalo perché il suo assistente personale lo ha accusato di trattarlo male Gu Er (pseudonimo di Cheng Junnian) ha detto che Kar-wai lo pagava poco, lo faceva lavorare tantissimo e lo insultava anche, in maniera del tutto gratuita.

Perché è sbagliato vietare le foto nei musei

13 Ottobre 2016

Alcuni musei stanno cercando di far avvicinare le persone all’arte attraverso strategie mobile-friendly; altri, invece, continuano a richiedere di spegnere i propri cellulari all’entrata e vietano assolutamente di scattare fotografie. The Conversation ha fatto alcune ricerche, chiedendo informazioni anche ai dipendenti museali, per capire le ragioni di questo divieto.

Si dice che le fotografie con il flash rovinano le opere: una motivazione che circola da sempre, ma che adesso sembra non avere più riscontri scientifici. Secondo uno studio di Martin Evans dell’Università di Cambridge, infatti, i danni provocati da questi tipi di bagliori sono «insignificanti». Oltre a questo, si sostiene spesso che eliminare le macchine fotografiche dovrebbe migliorare l’esperienza del visitatore. 

la ragazza con l'orecchino di perla vermeer

La questione economica, ovviamente, è molto rilevante e passa per i gift shop autorizzati a vendere fotografie in alta definizione. E si crede anche che senza cellulari e reflex, potenziali ladri o terroristi non possano immortalare il posizionamento delle telecamere o eventuali debolezze nell’impianto di allarme. In realtà, mettere un’immagine su internet dovrebbe indirizzare proprio alla direzione opposta: più un oggetto viene fotografato e riconosciuto, tanto più sarà difficile rivenderlo una volta dopo averlo rubato.

Infine c’è il problema del copyright: i musei, soprattutto in caso di esposizioni temporanee, non hanno i diritti d’autore sulle opere, e questo potrebbe causargli problemi se le immagini iniziassero a circolare su internet o se venissero utilizzate per motivi commerciali (ovviamente il problema non si pone per l’arte antica). Bisognerebbe dire, però, che verificare l’utilizzo che viene fatto di queste fotografie – e quindi anche prendere provvedimenti – non è certo impossibile.

Che cosa si può fare, quindi? Alcuni musei stanno trovando soluzioni al problema: qualcuno accetta gli smartphone, altri, come il Natural History Museum in Rwanda, fanno pagare una «photography fee» che, una volta corrisposta, permette di scattare quante foto si vogliono. Altri ancora, come le Newport Mansions, permettono l’accesso soltanto ai telefoni cellulari per lasciare al gift shop la vendita di immagini in alta risoluzione. 

Immagini: Getty Images
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