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Zac Efron e i teen idol che diventano adulti

Attore itinerante nella nuova serie Down to Earth with Zac Efron, non è l’unico ex teen idol ad aver scelto ruoli particolari per farsi conoscere davvero.

di Corinne Corci

Zac Efron nella nuova serie Netflix, Down to Earth with Zac Efron

Nel 2015 Zac Efron è quasi morto. Era il primo ospite in assoluto del programma Running Wild With Bear Grylls, dove Grylls insegnava alle celebrità a cavarsela in situazioni estreme. Efron doveva lanciarsi dall’elicottero, ma un cavo del paracadute gli si attorcigliò sulla caviglia, «mentre stavo precipitando verso il suolo, pensavo che la mia vita stesse finendo», disse a Josh Dean di Men’s Journal commentando la vicenda. «Ma lo rifarei. Non so cosa Grylls sapesse di me o del mio lavoro, ma ero così grato che non mi giudicasse come facevano gli altri». Zac Efron, pura insicurezza, desiderio di accettazione da parte di un pubblico che continua a legare la sua immagine al taglio di capelli proto-Bieber, quasi-Jesse McCartney. Ed è in questo percorso verso una trasformazione completa, da teen idol a uomo adulto, diverso, quello che non abbiamo mai voluto vedere di lui, che si inserisce la nuova docu-serie di otto episodi Netflix, Down to Earth with Zac Efron, in cui l’attore attraversa il mondo alla ricerca di modelli di vita alternativi, energia rinnovabile, nuove strategie per vivere meglio.

Islanda, Costa Rica, Francia, arriva anche in Sardegna (la puntata è stata girata tra il 2018 e il 2019) per conoscere il segreto dei centenari che abitano a Seulo e Aritzo, stringe le mani alla signora Liliana, si commuove, vorrei continuare ad ascoltare il suo modo di pronunciare “pane carasau”, che diventa “pene caresao”, almeno per i prossimi quattro giorni. Con l’attitudine da giovane studente americano che vive in Italia, si muove tra le strade insieme al suo amico “esperto del benessere”, Darin Olien, incontrando medici, studiosi, Mario, Pino. «Ho imparato così tanto qui, incluso il segreto per una vita lunga e sana», dice Efron alla fine dell’episodio, e il punto non è che ci creda o meno, considerando che nel corso dei suoi 32 anni non sembra aver mai mostrato tanto interesse per la vita eco-compatibile, e che i suoi commenti si riducono a «Oh wow, bro» – se dovessimo bere uno shot ogni volta che lo dice, non arriveremmo lucidi al secondo episodio – il punto è la motivazione reale che lo anima. Lo show è infatti il culmine perfetto di uno spostamento della sua immagine, iniziato già alcuni anni fa e perpetrato da altri attori prima di lui. Quando ci siamo accorti che Zac Efron era cresciuto, gli era venuta la barba. Che sapeva anche fare ridere.

Diversamente da DiCaprio, ex teen idol per eccellenza che è riuscito a smarcarsi in modo definitivo dall’attaccamento a un unico ruolo, Jack Dawson, in vista delle sue doti attoriali, della sua personalità (sono famosi i suoi documentari sull’ambiente, The 11th Hour, Cowspiracy, lui sì che ci crede), Zac Efron è sempre stato, unicamente, Troy Bolton. Che in High School Musical si innamorava della più arrogante della scuola, saltellava sopra a un campo da golf cantando “Ben On It” in HSM2, con la sua faccia ristampata in una miriade di versioni diverse e offerte ciclicamente da Cioè o Top Girl, rivestiva le stanze di ragazze che nel 2006 avevano 12 anni. Dopo Hairspray del 2007, ha recitato in 17 Again, ha abbandonato il remake di Footloose per evitare di rimanere un typecast, identificato nel ruolo di un unico personaggio, e ha provato: qualsiasi cosa. Drammi come Parkland, thriller come Paperboy, esperimenti indie (We are Your Friends) e volgari (Quel momento imbarazzante), e poi, finalmente, commedie come Baywatch del 2017, in cui al suo personaggio spettavano le scene più divertenti. Veniva chiamato “High School Musical”, “Bieber”, “Malibu Ken”, “One Direction”, solo qualcuno con un grande senso dell’umorismo sopporterebbe una simile meta-presa per il culo. Nel 2014 iniziava la vera Efronaissance, con il suo ruolo in Cattivi vicini. «So cosa pensi di me», aveva detto al regista, Seth Rogen, «lo pensano tutti. So che non ti piaccio, ma io non sono così».

È già successo, e se non l’abbiamo sentito, letto, lo abbiamo forse immaginato empaticamente, “io sono altro”, “non incastratemi in un ruolo che è solo cinematografico”. Accaduto nel caso di ex teen idol come James Franco, di Daniel Radcliffe che dopo Harry Potter ha deciso di interpretare un cadavere in Swiss Army Man e di darsi quasi esclusivamente al grande teatro, Elijah Wood, lanciatosi in Hooligans, Ogni cosa è illuminata, I Don’t Feel at Home Anymore, optando per pellicole particolari e alternative, addio Frodo Baggins. Robert Pattinson, che ha più volte detto di voler recitare solo nei film che piacciono a lui, e che infatti ultimamente è passato pacificamente da Good Time dei fratelli Safdie a Lighthouse di Robert Eggers. Come Zac che – ecco l’unica discriminante – non ha le loro stesse velleità artistiche, ma ha fatto di ogni film post High School Musical una totale reinvenzione, con lo sforzo evidente, così umano, di piacerci per quello che è veramente. Una contraddizione ambulante, incompresa, da piccolo, raccontava a Men’s Journal, «il mio tratto distintivo era quello di essere il più basso. Ma volevo che gli altri mi considerassero uno di loro, e quindi entrai nella squadra di basket». In tutta la stagione, segnò solo un punto.

Una questione di percezione: è questo il principale problema con gli ex teen idol. Un’impressione nostra, e soprattutto veicolata dai media nello stesso modo in cui avviene per le attrici, considerandoli dal punto di vista estetico e non intellettuale o personale – come riporta Vanity Fair Us, ogni volta che viene presentato un nuovo film con Zac Efron, alle donne che vi recitano insieme verrebbero poste domande come “ci ha provato con te?”, “com’è stato recitare vicino a qualcuno così bello?”, e a lui informazioni relative alla dieta (in molti avrebbero inoltre criticato il cambiamento fisico dell’attore, «non è più scultoreo», ha scritto il New York Post ). E invece Zac Efron, Radcliffe, Franco, Pattinson non sono solo questo, lo stanno dimostrando. Storicamente lo ha fatto anche Corey Haim, ex ragazzo perduto, antesignano vulnerabile, complesso e osteggiato dai suoi stessi ruoli che provò a diventare icona anti-reaganiana con La banda dei Rollerboys. Verso la metà dell’episodio girato in Sardegna, Zac Efron incontra alcune bambine che gli chiedono una foto. «Dopo aver parlato con gli anziani, è giusto dialogare con le nuove generazioni», e aggiunge «un promemoria: mai dare per scontato le persone», mai fermarsi a guardare solo quello che vogliamo vedere.