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Un giornalista ha scritto un libro basato su un giorno qualsiasi estratto a sorte

23 Ottobre 2019

Per scoprire se esista davvero un giorno “normale”, Gene Weingarten, lo scrittore ed editorialista del Washington Post due volte vincitore del Pulitzer, nel 2013 ne ha estratto uno a sorte dal proprio cappello: domenica 28 dicembre 1986. Un giorno qualsiasi, ordinario, che certo non aveva cambiato la storia d’America. O almeno, non apparentemente. Come dimostra One Day, il libro per cui Weingarten si è documentato il più possibile su ogni cosa accaduta in quella giornata, molte vite sono state salvate, altre sono state perse, tra drammi personali e non, iniziative nate al mattino e progetti sviluppati nella notte. Un’operazione diversa eppure, per un certo verso, simile a quella dell’Ulysses di Joyce, in cu Leopold Bloom concentra in una sola giornata quello che nel mito omerico è un ritorno a casa lungo vent’anni: una giornata, il 16 giugno 1904, che occupa 700 pagine.

La nuova opera del giornalista, disponibile dal 22 ottobre, risponde alla domanda: «Quante storie si possono trovare in un “normale” giorno americano?». «Se hai la pazienza di cercare con attenzione e l’abilità di raccontare ciò che trovi, ti accorgerai che esiste una storia dietro a tutto», scrive l’autore nel libro. «Che anche se sono le grandi cose a stimolare le grandi narrazioni, il particolare può nascondersi anche nell’evento più piccolo, nel mondano e nell’ovvio», continua.

Come riporta il Guardian, One Day è il culmine di molti anni di lavoro e di 500 interviste, poiché Weingarten si è spesso ritrovato in vicoli ciechi, all’inseguimento di fatti che spesso si rivelavano giornalisticamente poco rilevanti, come un incendio in Nebraska o un trapianto di cuore in Virginia. Eppure dalle pagine di One Day emerge che il 28 dicembre 1986 fu tutto fuorché un giorno come tanti. «Ma ho dubitato per molto circa la realizzazione del libro», ha detto al Guardian, precisando come lo stesso giorno estratto gli sembrasse all’inizio un presagio negativo. «Noi giornalisti pensiamo che la domenica sia il peggior giorno della settimana. Inoltre, il 28 cade nella settimana tra Natale e Capodanno, ovvero quella più irrilevante dell’anno. E alla fine, per paradosso, ha giocato a mio favore».

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