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A Londra è comparsa una nuova opera di Banksy che parla di crisi abitativa e giovani senzatetto In realtà le opere sono due, quasi identiche, ma solo una è stata già rivendicata dall'artista con un post su Instagram.
Gli scatti d’ira di Nick Reiner erano stati raccontati già 20 anni fa in un manuale di yoga scritto dall’istruttrice personale d Rob e Michele Reiner Un volume per bambini firmato dall’istruttore di yoga della famiglia Reiner rievoca episodi che ne anticipavano i gravi problemi psicologici.
Il neo inviato speciale per la Groenlandia scelto da Trump ha detto apertamente che gli Usa vogliono annetterla al loro territorio Jeff Landry non ha perso tempo, ma nemmeno Danimarca e Groenlandia ci hanno messo molto a ribadire che di annessioni non si parla nemmeno.
Erika Kirk ha detto che alle elezioni del 2028 sosterrà J.D. Vance, anche se Vance non ha ancora nemmeno annunciato la sua candidatura «Faremo in modo che J.D. Vance, il caro amico di mio marito, ottenga la più clamorosa delle vittorie», ha detto.
A causa della crescita dell’industria del benessere, l’incenso sta diventando un bene sempre più raro e costoso La domanda è troppa e gli alberi che producono la resina da incenso non bastano. Di questo passo, tra 20 anni la produzione mondiale si dimezzerà.
È appena uscito il primo trailer di The Odyssey di Nolan ed è già iniziato il litigio sulla fedeltà all’Odissea di Omero Il film uscirà il 16 luglio 2026, fino a quel giorno, siamo sicuri, il litigio sulle libertà creative che Nolan si è preso continueranno.
Il ministero della Giustizia americano ha fatto prima sparire e poi ricomparire una foto di Trump con Epstein Il Department of Justice sostiene che tutto è stato fatto per «proteggere delle potenziali vittime di Epstein» ritratte nella foto.
Di Digger di Alejandro G. Iñárritu non sappiamo ancora niente, tranne che un Tom Cruise così strano e inquietante non si è mai visto La trama della nuova commedia di Iñárritu resta avvolta dal mistero, soprattutto per quanto riguarda il ruolo da protagonista di Tom Cruise.

Webboh, come funziona il “quotidiano” della Generazione Z

Abbiamo incontrato i fondatori della testata online con più di un milione di follower su Instagram che parla la lingua dei giovani e per farlo usa un avatar coi capelli dalle punte rosa.

10 Ottobre 2022

Sono le 17 di un mercoledì di ottobre, ho un appuntamento con Giulio Pasqui e Ivan Buratti, che insieme a Diego Odello sono i fondatori di Webboh. Ci vedremo, diciamo, nella loro redazione. Per chi non lo sapesse, Webboh è una testata online che vuole raccontare quello che succede nella rete della Generazione Z, creata ad aprile 2019 dai tre giornalisti che si situano in quell’età di mezzo tra i Millennial e la Gen Z. Il tipo di notizia che capita di trovare su Webboh è probabilmente un gossip su un qualche creator, un TikToker famoso o magari uno che fa le live su Twitch. Parallelamente la testata si sviluppa sul sito, webboh.it, e sulla pagina Instagram, che al momento conta 1,2 milioni di follower, dove vengono condivise le notizie in tempo reale con titolo e sottotitolo a mo’ di articolo vero e proprio, tra le Stories prima, e poi come post.

Giulio e Ivan sembrano occupatissimi durante il giorno, ci siamo sentiti un po’ su Instagram e poi su Whatsapp per definire orario e luogo per una sorta di sopralluogo all’interno della redazione, e abbiamo deciso per le 17 perché a quell’ora sarebbero stati più scarichi di lavoro – forse nel loro mondo non succede molto di interessante prima dell’orario dell’aperitivo. Entrare nella redazione di Webboh significa accedere a un link e aprire la schermata di Google Meet. Questo almeno una volta alla settimana, quando i tre fondatori si incontrano attraverso i quadratini che inquadrano le loro facce adagiate l’una accanto all’altra nello schermo, altre volte insieme a tutti e tredici i collaboratori, che si collegano in tanti altri quadratini sparpagliati. Di solito, invece, la redazione ha sede in un gruppo sulla chat di Whatsapp, che viene inaugurata ogni giorno alle 9 del mattino con qualcuno che digita “buongiorno” e inizia a mandare qualche link per la rassegna stampa. Tramite qualche passaggio su Whatsapp di note vocali, riesco a intercettare una collaboratrice, si chiama Arianna, è del 2001 e vive a Caserta. Mi racconta che lei inizia a mettersi dietro al computer alle 8:30 iniziando a leggere e a scrollare i social alla ricerca delle notizie che secondo lei sono più interessanti. Per lo più sono segnalazioni che vengono fatte sui Dm di Instagram dai membri della community, che poi lei manda nella chat di Whatsapp della redazione, come fanno gli altri collaboratori, e vengono poi decise le notizie da coprire. Arianna si mette subito a scrivere i primi articoli, perché, mi dice, dopo deve seguire le videolezioni dell’università, dove è iscritta al corso di laurea in Lettere.

Nonostante il target di riferimento di Webboh oscilli tra i tredici e i diciotto anni, i collaboratori, mi spiega Giulio, ne hanno tra i diciotto e i ventiquattro, e per lo più frequentano l’università. Considerando che il sito si definisce bottom-up, quindi fortemente dipendente dalle notizie e soffiate mandate nei Dm di Instagram dai membri della community, «i collaboratori sono stati scelti tra gli utenti più attivi che si sono fatti notare in Dm, e che avevano il mondo dei creator come passione». Essendo piccolissimi e contando raramente alle spalle altre esperienze lavorative, vengono selezionati dopo un periodo di prova, giusto per capire se riescono a stare dietro all’impegno giornaliero richiesto dalla redazione, e una volta dentro, recepiscono un compenso per il loro lavoro, cosa che non trovo per nulla scontata. Come Arianna, anche gli altri collaboratori sono sparsi per l’Italia, come anche i fondatori (Giulio abita a Milano, Ivan a Roma, Diego a Brescia) quindi la forma virtuale della redazione è stata, sotto quest’aspetto, una scelta obbligata. Dall’altra parte, Ivan mi dice che effettivamente Webboh ha iniziato a prendere piede durante la pandemia, quando l’idea di riunirsi in una redazione fisica comunque era impossibile. Sono stati, quindi, forieri dello smartworking, e sapendo già perfettamente come funzionava, sono stati avvantaggiati rispetto ad altre redazioni che al lavoro a casa si sono dovuti abituare a fatica. 

Webboh è nato da quello che sembrava, secondo i fondatori, un buco di mercato, cioè il racconto del web vissuto dalla generazione Z. All’inizio pubblicavano segnalazioni di nuove uscite, video o libri dei creator, oppure informazioni biografiche su di loro. Poi un giorno hanno pubblicato la notizia della rottura tra due youtuber famosi che da sola ha raggiunto il numero di traffico accumulato in sei mesi, e hanno scelto di dirigersi verso il gossip. Questo me lo dicono mentre chiedo qual è stata la notizia più importante segnalata dalla testata oggi 7 ottobre. Giulio mi dice che ha fatto molti clic il racconto di Rebecca Parziale, una ex partecipante del Collegio, che ha rivelato di essere stata vittima di bullismo. Scrollando la home dal cellulare, leggo almeno dieci titoli che segnalano che qualche coppia di creator o di rapper si è appena lasciata, con titoli ammiccanti che mi invogliano terribilmente a cliccarci sopra anche se non so di chi si stia parlando. 

Nel secondo vocale che mi manda, Arianna mi dice che nell’ora di pranzo, finite le video-lezioni, insieme agli altri suoi colleghi Christian e Claudia, che sono anche i tre volti di Webboh su TikTok, pianificano il video da caricare sulla piattaforma. Per ora esce un video al giorno, anche il weekend, in cui i tre ragazzi si alternano e danno una notizia a testa, quella di oggi riguarda due tiktoker «di nuovo insieme! <3», che hanno ripreso a frequentarsi. Per ora i numeri di TikTok vanno alla grande, spiega Ivan, anche se non nasconde che stanno cercando un modo di ampliare l’offerta sulla piattaforma inserendo magari qualche rubrica. Dopo la pausa TikTok, Arianna mi dice candidamente che è l’ora di un pisolino post-prandiale, che il lavoro nonostante sia tutto online e le piaccia tantissimo, alla fine la stanca molto. Quando si risveglia, riprende a controllare i Dm di Instagram e a scrivere gli articoli sul sito. Sulla piattaforma di norma escono 3 post al giorno, mentre sul sito ne vengono caricati circa una quindicina. Come dicevamo prima, è la community la più grande fonte di news di Webboh, che segnala in Dm qualcosa degno di nota. Tutti i messaggi mandati su Instagram vengono letti, e se verificabili tradotti in articoli, se invece non sembrano ancora così strutturati, entrano a far parte della rubrica “segnalati da voi”, in cui spesso rientrano foto rubate alle celebrità. Si tratta, secondo Giulio, di una traduzione di quelle segnalazioni in linguaggio giornalistico, cioè un racconto elaborato in modo professionale. Anche il linguaggio utilizzato da Webboh si merita una piccola parentesi. È ammiccante, pieno di ripetizioni che ti caricano di aspettativa fino a che non ti trovi a fremere mentre scorri la pagina per leggere il contenuto della notizia. È semplice, perfettamente comprensibile dal suo target e con l’intenzione di spiegarti le cose: «chiariamo la vicenda», «le cose stanno così», «ve lo spieghiamo» compaiono spesso nel titolo, una rivisitazione in chiave generazione Z del linguaggio usato dal Post. Le cose spiegate vanno dal perché Valentina Ferragni e il suo fidanzato sarebbero in crisi fino alle elezioni e la guerra in Ucraina. Secondo, è inclusivo: vengono usati, infatti, schwa e asterischi («una necessità sia del pubblico che della redazione», dice Ivan) e anche alcune emoticon. 

Con quello che mi immagino sia il traffico casertano in sottofondo, Arianna mi dice che gli orari di lavoro sono molto flessibili, che se qualcuno non riesce a fare qualcosa la fa senza nessun problema qualcun altro, è il bello di essere in tanti e di funzionare bene insieme. Giulio e Ivan partecipano alla giornata lavorativa, ogni tanto se non c’è un collaboratore online scrivono un articolo, ma si occupano per lo più delle attività di marketing e di branded content (ad esempio la collaborazione con i diari BeYou). È da 45 minuti che siamo in chiamata, annuncia a lato la schermata di Google Meet, allora penso di chiedere ai due fondatori cosa succede di solito a quest’ora. «Ci prepariamo a caricare il post delle 18 e probabilmente iniziamo la rassegna per il giorno dopo, controllando scrupolosamente i Dm di Instagram». Ci salutiamo e chiudiamo la chiamata. Dopo quindici minuti controllo e sul profilo Instagram di Webboh c’è un nuovo post: «Ti paghiamo se vai a scuola in bicicletta» annuncia un Memoji con le lentiggini e i capelli biondi con le punte rosa, l’avatar della comunità di Webboh, mentre in mano tiene un gruzzoletto di monete-emoticon. Nonostante andare in bicicletta a scuola sia quanto di più lontano da me, mi viene da cliccarci sopra due volte finché non compare un cuoricino.

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