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02:29 venerdì 11 luglio 2025
La danzatrice del ventre è diventato un mestiere molto pericoloso da fare in Egitto Spesso finiscono agli arresti per incitazione al vizio: è successo già cinque volte negli ultimi due anni, l'ultima all'italiana Linda Martino.
Ferrero (e la Nutella) va così bene che starebbe per comprare la Kellog’s Per una cifra che si aggira attorno ai tre miliardi di dollari. Se l'affare dovesse andare in porto, Ferrero diventerebbe leader del settore negli Usa.
Il cofanetto dei migliori film di Ornella Muti curato da Sean Baker esiste davvero Il regista premio Oscar negli ultimi mesi ha lavorato all’edizione restaurata di quattro film con protagonista l’attrice italiana, di cui è grandissimo fan.
Nell’internet del futuro forse non dovremo neanche più cliccare perché farà tutto l’AI Le aziende tech specializzate in AI stanno lanciando nuovi browser che cambieranno il modo di navigare: al posto di cliccare, chatteremo.
Trump si è complimentato con il Presidente della Liberia per il suo inglese, non sapendo che in Liberia l’inglese è la prima lingua Joseph Boakai, nonostante l'imbarazzo, si è limitato a spiegargli che sì, ha studiato l'inglese nella sua vita.
Ed Sheeran si è dato alla pittura e ha provato a imitare Jackson Pollock con risultati abbastanza discutibili Ma almeno si è sforzato di tenere "bassi" i prezzi delle sue "opere": meno di mille sterline a pezzo, che andranno tutte in beneficienza.
Dopo l’ultimo aggiornamento, Grok, l’AI di X, ha iniziato a parlare come un neonazista In una serie di deliranti post uno più antisemita dell'altro, Grok è pure arrivato a ribattezzarsi "MechaHitler".
La novità più vista su Netflix è un documentario su una nave da crociera coi bagni intasati Si intitola Trainwreck: Poop Cruise, è in cima alla classifica negli Stati Uniti ed è popolarissimo anche nel resto del mondo.

Il Coronavirus ha fatto diventare il tempo circolare

L'arrivo della variante Omicron segna un momento nuovo nella storia della pandemia: sembravamo essere arrivati a una svolta, invece ci ritroviamo incastrati in un loop temporale che ci riporta sempre al momento iniziale.

20 Dicembre 2021

Circa un anno fa ammettevamo che non se ne poteva più, ed era bello e utile dirlo perché almeno così segnavamo un punto nello spazio-tempo. Tracciavamo la nostra posizione sulla mappa e nella storia: ormai troppo distanti dal punto di partenza, dall’inizio della traversata, ma ancora non abbastanza vicini a quello di arrivo, alla fine dell’allucinazione. Da quando ho letto per la prima volta della variante che sarebbe poi stata ribattezzata Omicron, ho avuto la sensazione di aver sviluppato un nuovo punto di vista sulla questione. Passato un anno dal momento in cui ammettevo di non poterne più, capisco adesso che lo scherzo crudele della pandemia non sta nello spostare sempre un po’ più in là la fine della strada. Lo scherzo crudele della pandemia sta nel piegare la strada su se stessa fino a chiuderla in un anello: un girotondo infinito perché non comincia e non finisce in nessun punto e comincia e finisce nello stesso punto.

È una condizione che impedisce anche la disperazione del “non poterne più”, ma aumenta il terrore di non sapere più dove ci si trova. Pensare alla pandemia ormai richiede uno sforzo simile a quello necessario a credere alle storie di fantasia: sospensione dell’incredulità, la decisione consapevole di credere all’incredibile, la scelta di aggiungere l’impossibile all’elenco delle possibilità. Acquisisco ogni giorno nuove notizie sulla situazione, ma mi rendo conto che ormai nessuna di queste aggiunge niente alla mia consapevolezza: ogni nuova informazione resta al di fuori di me, diventa un altro mattone dell’architettura assurda che mi circonda: mi guardo intorno ed è come se vedessi certe scene di Doctor Strange, quelle in cui la ripetizione illusoria dell’ambiente circostante costruisce la trappola perfetta (dalla quale si può sfuggire solo impiegando la forza che per definizione permette di andare oltre le cose per come sono, cioè la magia). La ripetizione è ciò che ormai mi dà la nausea: con omicron abbiamo impiegato a fini di tassonomia più della metà dell’alfabeto greco antico, mi chiedo cosa faremo quando arriveremo all’omega. Quando mi rispondo che probabilmente ricominceremo da capo, arriva la nausea.

I riferimenti cinematografici per questo tipo di situazione non mancano. Ricomincio da capo, certo. Oppure Senza domani (Edge of Tomorrow) il film di Doug Liman con Tom Cruise costruito attorno all’impossibilità di fuggire alla ripetizione di un momento e in cui il soldato Rita Vrataski  (Emily Blunt) diceva a un certo punto: «Non ha importanza. L’importante è che finiamo». Nel 1999 uscì un altro film che, per colpa o merito di Matrix, è stato dimenticato dai più: si intitolava Il tredicesimo piano, la tagline sul poster promozionale era «Dubita della realtà», che all’epoca era un monito e oggi suona come un thread reddit dei no-vax. C’è in ogni caso un che di angosciante nel trovare nelle opere di fantasia (soprattutto di genere, cioè nella fantasia raddoppiata) spiegazioni buone per la vita vera: è un segno del disorientamento, dell’ingresso in una versione del mondo e in una linea temporale che sfugge alla comprensione basata sull’esperienza e sui precedenti, in una darkest timeline che nessuno credeva possibile e che soprattutto nessuno si aspettava durasse. Probabilmente il ricorso alla fantasia per spiegare la realtà è anche il segno del peggioramento di una delle malattie di quest’epoca: l’escapismo, che in tempi ormai passati sarebbe rimasta fuga e che in questi anni è diventata salvezza. Immagino sia una di quelle cose che esistevano già prima della pandemia ma che il Covid-19 ci ha costretto a usare in abbondanza (esagerazione, forse) per ricucire il tessuto strappato della nostra società, della realtà stessa: nei mondi di fantasia il tempo non scorre mai davvero, tutto resta com’è perché tutto alla fine tutto torna com’era. Una prospettiva adesso allo stesso tempo rassicurante e distante. Una prospettiva che, però, è un altro aspetto dello stesso problema: passiamo dal tempo immobile attorno a noi, quello della realtà, al tempo bloccato dentro di noi, quello della fantasia.

Naturalmente esiste una parte razionale di questo discorso che si rifiuta di cedere all’accettazione disperata delle cose come stanno, che non ammette la possibilità del rifugio nei paradisi fantastici. Il tempo non si è fermato e le cose oggi non stanno come stavano ieri: in due anni abbiamo imparato e abbiamo inventato, e abbiamo aperto minuscoli varchi nel labirinto che il Covid-19 sembra averci costruito e stretto attorno. Forse la salvezza sta in questa consapevolezza, dimenticata nei tanti anni in cui ci eravamo convinti che la storia fosse finita e che non ci fossero più cambiamenti (sconvolgimenti) da vivere: il tempo scorre in minuscoli varchi, va avanti in flussi sottili che spesso sfuggono alla percezione, prosegue anche in momenti come questo in cui esso sembra intrappolato dentro se stesso, e noi con lui.

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