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Anche stavolta il premio di Designer of the Year l’ha vinto Jonathan Anderson È la terza volta consecutiva, stavolta ha battuto Glenn Martens, Miuccia Prada, Rick Owens, Martin Rose e Willy Chavarria.
L’Oms ha detto che i farmaci come Ozempic dovrebbero essere disponibili per tutti e non solo per chi può permetterseli Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, in futuro bisognerà garantire l'accesso a questi farmaci a chiunque ne abbia bisogno.
Aphex Twin ha caricato a sorpresa su SoundCloud due nuovi brani ispirati a una vacanza in Sicilia Le tracce sono comparse a sorpresa e sarebbero state ispirate da una vacanza italiana del musicista, intristito dalla pioggia autunnale.
Il sindaco di Pesaro si è dovuto scusare perché ha coperto di ghiaccio la statua di Pavarotti per far spazio a una pista di pattinaggio Ma ha pure detto che Pavarotti resterà "congelato" fino a dopo l'Epifania: spostare la statua o rimuovere la pista sarebbe troppo costoso.
Siccome erano alleati nella Seconda guerra mondiale, la Cina vuole che Francia e Regno Unito la sostengano anche adesso nello scontro con il Giappone Indispettita dalle dichiarazioni giapponesi su Taiwan, la diplomazia cinese chiede adesso si appella anche alle vecchie alleanze.
È morto Tom Stoppard, sceneggiatore premio Oscar che ha reso Shakespeare pop Si è spento a ottantotto anni uno dei drammaturghi inglesi più amati del Novecento, che ha modernizzato Shakespeare al cinema e a teatro.
La tv argentina ha scambiato Gasperini per il truffatore che si era travestito da sua madre per riscuoterne la pensione Un meme molto condiviso sui social italiani è stato trasmesso dal tg argentino, che ha scambiato Gasperini per il Mrs. Doubtfire della truffa.
La parola dell’anno per l’Oxford English Dictionary è rage bait Si traduce come "esca per la rabbia" e descrive quei contenuti online il cui scopo è quello di farci incazzare e quindi interagire.

Una sera al Casinò

Un tempo (1951) sede del 1° Festival della Canzone, oggi il Casinò di Sanremo è patria di tristi slot, maglioni con zip, pensionati e Jerry Calà show.

19 Febbraio 2014

Forse il gonfiabile di quella famosa radio con la scritta “very normal people” che deturpa la visuale della facciata progettata da Eugene Ferret dovrebbe già far capire all’incauto avventore che di poesia ne è rimasta poca. Ma poi basta entrarci, nel Casinò di Sanremo, per capire che poesia non è che ne è rimasta poca: proprio non ce n’è. O almeno non ce n’è piú. Perché in passato, invece, e neanche in un passato troppo lontano, qui dentro si consumavano successi, addirittura trionfi, ma anche sciagure: fu guardando questi lampadari, questi tendoni, che Luigi Tenco pensò che basta, che era troppo, che, come ha lasciato scritto nel celebre biglietto, «un pubblico che manda “Io tu e le rose” (della Berti, ndr) in finale» non lo meritava e meditò l’estremo gesto al quale poche ore piú tardi si sarebbe abbandonato dentro l’hotel Savoia.

Per arrivare al Casinò partendo dal teatro Ariston bisogna percorrere per qualche centinaio di metri Via Matteotti: una sorta di corso dello struscio, funestato in questi giorni festivalieri da uno sfavillio di luci alla Las Vegas della Rivera, da musica assordante delle radio che hanno gli stand in strada (siamo dalle parti di «vamos a la playa / a mi me gusta bailar» di Miranda, per intenderci) e da un’umanità così varia che Michele Masneri potrebbe scriverci la sua Recherche.

L’edificio in sé, poi, non sarebbe neanche brutto: un liberty classico, come tanti qui, mete estive per piemontesi ricchi di inizio secolo (a Sanremo La Stampa è tuttora uno dei giornali più venduti). Fu inaugurato nel 1905, con il nome orsonwellsiano di Kursaal e quasi subito diventò meta di giocatori d’azzardo per i quali vennero anche organizzati treni dedicati che si fermavano nella stazione che sino a pochi anni fa era lì davanti.

Oggi se ci si affaccia alla balaustra da cui si domina la sala si possono vedere solo le luci delle cosiddette slot, o “macchinette”, comprese quelle – copiose, a centro sala – ispirate a Star wars.

Oggi però di quelle suggestioni, come dei primi festival, dei Nunzio Filogamo, dei Claudio Villa, resta poco, anzi, niente. E neanche uno si deve immaginare scene alla Duca Conte Piercarlo Ing. Semenzara, quello del “menagramo di un menagramo”: no. Oggi se ci si affaccia alla balaustra da cui si domina la sala si possono vedere solo le luci delle cosiddette slot, o “macchinette”, comprese quelle – copiose, a centro sala – ispirate a Star wars. Sedute, nelle ore pomeridiane, soprattutto persone d’età: maglioni di lana con la zip, tanti, addirittura capelli con sfumature viola di qualche signora che oltre che alla roulette evidentemente fa anche altre scommesse. C’è anche un bar, molto normale, da vie prossime alle stazioni: camiereri in gilet con bottoni dorati e aria vinta.

La novità degli ultimi mesi, comunque, è che il sindaco ha appena nominato il manager Lucio Presta direttore artistico del Casinò (la società che lo amministra è posseduta al 99 per cento dal Comune). Bisogna però capire cosa si intende per direttore artistico. Si intende l’organizzatore di questo: Mago Casanova show, Giovanni Vernia con lo spettacolo “Io siamo in tanti” poi Max Giusti, Made in Sud Show e – immancabile – il Jerry Calà Show (“Capitooo?”). Ma sarebbe sbagliato pensare al cartellone di un Casinò come a quello di un teatro qualsiasi: gli spettacoli non sono aperti al pubblico, i biglietti vengono regalati ai giocatori piú affezionati, ai clienti fedeli, con l’intento dichiarato, spiega il sindaco Zoccarato, «di tenere le mogli e le famiglie a vedere gli show mentre i mariti indisturbati giocano». E spendono.

Tornando all’Ariston si fa anche tempo a scorgere la vetrina del merchandising (sì, c’è anche un merchandising): felpa color verde elettrico con scritta fronte: 120 euro. Va meglio se volete puntare su un meno impegnativo accappatoio Robe di Kappa (scritta sulla tasca): ve lo portate via con la metè, solo 60 euro. Chissà se Filogamo lo avrebbe mai indossato.

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