Cose che succedono | Ucraina

Le persone trans non riescono a lasciare l’Ucraina

Secondo quanto riporta Euronewsdall’inizio della guerra in Ucraina sarebbero moltissime le segnalazioni di persone transessuali che non riescono a lasciare il Paese. Molte vengono fermate al confine, al momento del controllo dei documenti: il problema starebbe nel fatto che il sesso indicato sui documenti d’identificazione non corrisponde con il sesso dichiarato agli agenti della polizia di frontiera.

Un problema che tocca sia le donne che gli uomini transgender, ma che per le prime si aggrava a causa della legge marziale imposta dal governo ucraino praticamente dall’inizio dell’invasione russa. Stando alla legge, in questo momento gli uomini ucraini in età da militare non possono lasciare il Paese: il fatto che una donna transgender mostri alle autorità un documento vecchio in cui la si identifica ancora come un uomo, rende la fuga all’estero impossibile. Igor Medvid dell’associazione HPLGBT ha detto che «la situazione è molto difficile perché la comunità Lgbtq+ già prima della guerra si sentiva marginalizzata e discriminata. Molte persone ci hanno raccontato di aver provato ad attraversare il confine, ma la polizia e le guardie decidono in base a quello che leggono sul passaporto… E per noi questo è l’ennesimo esempio di transfobia perpetrata a norma di legge».

Il fatto è che in Ucraina è estremamente difficile ottenere il cambiamento del sesso riportato sui documenti d’identità. Fino al 2017, prima di intraprendere il percorso di transizione, i transgender ucraini erano costretti a passare del tempo sotto osservazione in un istituto psichiatrico. Questo obbligo oggi non esiste più, ma le difficoltà restano: per ottenere la modifica dei documenti bisogna oggi sottoporsi a una valutazione psichiatrica (la quale può anche concludersi con la decisione di ricovero in un istituto) e, in ogni caso, dimostrare di essersi sottoposti a un “intervento medico irreversibile”. È per questo che molte persone trans in Ucraina stanno ricorrendo a misure estreme pur di riuscire ad andarsene: alcuni distruggono i documenti e provano a passare il confine senza, altri cercano di corrompere le forze dell’ordine. Decisioni avventate e controproducenti, dice Anastasiia Yeva Domani, Ceo di Cohort, secondo la quale l’unica cosa sensata da fare è andare nelle città dell’ovest, quelle più lontane dal fronte e attendere (e sperare) la fine dei combattimenti.