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03:03 domenica 26 ottobre 2025
Da quando è uscito “The Fate of Ophelia” di Taylor Swift sono aumentate moltissimo le visite al museo dove si trova il quadro che ha ispirato la canzone Si tratta del Museum Wiesbaden, si trova nell’omonima città tedesca ed è diventato meta di pellegrinaggio per la comunità swiftie.
Yorgos Lanthimos ha detto che dopo Bugonia si prenderà una lunga pausa perché ultimamente ha lavorato troppo ed è stanco Dopo tre film in tre anni ha capito che è il momento di riposare. Era già successo dopo La favorita, film a cui seguirono 5 anni di pausa.
Al caso del furto al Louvre adesso si è aggiunto uno stranissimo personaggio che forse è un detective, forse un passante, forse non esiste È stato fotografato davanti al museo dopo il colpo, vestito elegantissimamente, così tanto che molti pensano sia uno scherzo o un'immagine AI.
L’azienda che ha prodotto il montacarichi usato nel colpo al Louvre sta usando il furto per farsi pubblicità «È stata un'opportunità per noi di utilizzare il museo più famoso e più visitato al mondo per attirare un po' di attenzione sulla nostra azienda», ha detto l'amministratore delegato.
I dinosauri stavano benissimo fino all'arrivo dell'asteroide, dice uno studio Una formazione rocciosa in Nuovo Messico proverebbe che i dinosauri non erano già sulla via dell’estinzione come ipotizzato in precedenza.
Nelle recensioni di Pitchfork verrà aggiunto il voto dei lettori accanto a quello del critico E verrà aggiunta anche una sezione commenti, disponibile non solo per le nuove recensioni ma anche per tutte le 30 mila già pubblicate.
Trump ci tiene così tanto a costruire un’enorme sala da ballo alla Casa Bianca che per farlo ha abbattuto tutta l’ala est, speso 300 milioni e forse violato anche la legge Una sala da ballo che sarà grande 8.361 e, secondo Trump, assolverà a un funzione assolutamente essenziale per la Casa Bianca.
L’episodio di una serie con la più alta valutazione di sempre su Imdb non è più “Ozymandias” di Breaking Bad ma uno stream di Fortnite fatto da IShowSpeed Sulla piattaforma adesso ci sono solo due episodi da 10/10: "Ozymandias" e “Early Stream!”, che però è primo in classifica perché ha ricevuto più voti.

Tunisia, welcome back politica

Alla vigilia del voto, passata la sbornia da candidature indipendenti, i tunisini iniziano a fare sul serio

21 Ottobre 2011

Tunisi – Fioccano le barzellette sui candidati indipendenti alle elezioni tunisine. La più diffusa comincia così: “Ci sono un giurista, un intellettuale e un islamista. Uno ordina un caffé, il secondo del tè, l’altro un tovagliolino di carta. Il giurista chiede all’intellettuale perché abbia ordinato tè verde alla menta. Lui: perché aiuta a pensare. Poi chiede all’islamista cosa ci debba fare con un tovagliolo. E lui spiega che, al tavolo accanto, c’è una donna che prima o poi dovrà coprirsi, solo che non lo sa ancora. Così va da lei e le raccoglie i capelli nel tovagliolo. Lei chiede: ‘Scusi, ma lei è un islamista!?’. Risposta: ‘No, affatto, sono un candidato indipendente alle elezioni di domenica’. Poi arriva il barista, che ha ascoltato la risposta. Si avvicina all’intellettuale e al giurista. ‘Scusate, ma perché siete allo stesso tavolo con un uomo del genere..?’. ‘Non lo vede?’, dice l’intellettuale’, siamo tutti candidati indipendenti alla Costituente!’, mostrando con fierezza la spilla della lista elettorale, che non ha simboli di partito incisi sopra. Il cameriere si gira verso il bancone e grida al collega: ‘Il signore non prende del té… per pensare avrebbe bisogno di un cervello nuovo: sono arrivati nel Paese??’”. Ecco, per capire com’è cambiato il clima pre elettorale, basta riportare una semplice barzelletta ascoltata in un bar di Avenue Mohamed V.

Rispetto alla sbornia d’entusiamo che aveva reso i tunisini incapaci di filtrare la realtà dei fatti, quella di un Paese che stava superando l’era post Ben Ali con l’effluvio di liste indipendenti, senza un programma di sviluppo, economico o sociale, col rischio di consegnare le chiavi del nascituro sistema democratico agli islamisti senza contromisure, serviva una barzelletta. Nello smarrimento generale di questi mesi, si era candidato un tunisino su mille ai 217 posti nell’assemblea costituente. Ma quando il ministero dell’Interno ha pubblicato la cifra dei candidati, gli stessi partiti hanno capito che c’era qualcosa di profondamente sbagliato. Undicimilaseicentottantasei nomi – più di cinquemila cosiddetti “indipendenti” – per così pochi seggi. Una moltiplicazione di sigle e liste che insieme stavano facendo assomigliare questa elezione ad un farsa.
Mentre tutti si accorgevano che almeno dieci partiti progressisti stavano sviluppando una piattaforma politica pressoché identica, frammentando solo le preferenze, gli islamisti di Ennahadha si fregavano le mani per quella che sembrava già una vittoria annunciata. La commissione istituita dal governo ha infatti indicato un sistema proporzionale “spagnolo”. In cui saranno avvantaggiati i partiti o le liste di coalizione più forti.
La campagna a tappeto di Rachid Ghannochi, leader di Ennahadha, finora non ha avuto rivali. E, mentre lo smarrimento dovuto a così tante liste aumentava, col passare dei giorni aumentavano le incertezze di ottenere consensi utili ad eleggere deputati per tutti gli altri cartelli. Sui blog, su facebook e perfino nei bar dove oggi non c’è più paura di parlare chiaro, di dire la verità dopo la caduta di Ben Ali, lo spirito critico è però tornato protagonista. Come uno di quei cocktail che servono per riprendersi da una brutta ubriacatura, i politici laici lo hanno servito freddo. All’opinione pubblica e ai giornali. Non questa estate, non a settembre. Soltanto pochi giorni fa. Hanno cominciato a fare politica a una settimana dal voto.

I giovani, gli elettori non ideologizzati dal messaggio islamista, hanno preso a farsi domande a loro volta. Come evitare percentuali inutili e come arginare un possibile plebiscito islamico. Nel giro di una settimana è nata un’alleanza progressista che unisce democratici, socialisti e alcuni candidati indipendenti della prima ora. Un fronte democratico composito, che piace a tanti, e che ha un obiettivo dichiarato: non regalare il Paese a chi vorrebbe basare la prima democrazia dell’era post Ben Ali sui principi dell’islam (compreso lo spirito di tolleranza che il leader di Ennahadha, Rachid Gannouchi, ha più volte evocato in questi giorni, salvo spiegare, prima, l’importanza di tutelare i costumi islamici della Tunisia e poi semmai cedere a qualche concessione). Il Partito democratico progressista sarà dunque alleato del Polo democratico modernista, di Afek Tounes, del Partito del Lavoro tunisino. Certamente dopo il 23 ottobre. Quando ci sarà da scrivere la nuova Costituzione e formare un governo. L’offerta di un fronte comune è stata rifiutata solo da uno dei grandi partiti che si oppongono a Ennahadha, un cartello chiamato Ettakatol che certamente riuscirà ad eleggere alcuni deputati. Ettakatol esiste su tutto il territorio nazionale e non è soltanto un manifesto elettorale come i tantissimi appesi per le strade principali di Tunisi. Come i candidati sconosciuti delle 678 liste elettorali indipendenti (altre 845 fanno riferimento a partiti cosiddetti regolari, altre 77 sono frutto di piccolissime coalizioni) che non si sono mai presentati in pubblico. “La democrazia non può funzionare con gli indipendenti, ha bisogno di stabilità”, dice a la Presse de Tunis il politologo Hamadi Rédissi. Di partiti, alleanze.

Rispetto a una settimana fa, nei bar di Tunisi non si parla più dei candidati fantasma. I giuristi, gli intellettuali e gli islamisti più duri, mascherati dietro liste senza partito, sono diventati protagonisti di barzellette e prese in giro. Si parla di politica, di confronto programmatico. Parole che la dittatura di Ben Ali sembrava aver cancellato e che, invece, stanno tornando prepotentemente sulla bocca di migliaia di tunisini. E nelle loro teste.

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