Attualità

Trecce reloaded

Perché sono tornate di moda (anche sopra i 10 anni) e hanno smesso di essere una pettinatura riservata agli amori adolescenziali e agli amanti delle tradizioni bavaresi.

di Marta Casadei

«Lisa dagli occhi blu, senza le trecce la stessa non sei più». Lisa dagli occhi blu, Mario Tessuto, 1969.

«Le bionde trecce, gli occhi azzurri e poi, le tue calzette rosse». La canzone del sole, Lucio Battisti, 1971.

I cantanti italiani (e i loro autori) che hanno scalato le classifiche tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta erano fissati con le trecce: è un dato di fatto. Raccontavano gli amori adolescenziali, i primi rimpianti, i ricordi d’estate tra rocce e fondali bianchi eco di trasparenze ormai intorbidite (sto esagerando, volutamente), le romantiche memorie dai banchi di scuola, più precisamente da quelli della seconda B.

Gettavano i fondamenti zuccherosi e strappalacrime della canzone d’amore all’italiana – Questo piccolo grande amore di Baglioni, con le sue storie di falò e magliette fini, sarebbe arrivato nel 1972; il treno delle 7,30 della Solitudine nel 1993; le Sere Nere di Tiziano Ferro nel 2003: tanto per fare un veloce recap per inciso – e, allo stesso tempo, facevano delle trecce quello che gli insegnanti delle scuole superiori identificherebbero come un topos, se non letterario almeno canoro. Le trecce come simbolo dell’ingenuità perduta che, una volta sciolte, avrebbero lasciato spazio ai rimpianti e ai pianti e agli addii. E a tutti i disagi sentimentali che l’età adulta porta con sé.

Quarant’anni dopo – e poco più – le trecce sembrano riuscire a liberarsi di questa pesante eredità per ricomparire sulla testa di signorine e signore che i 10 anni li hanno passati da un pezzo. E che non intendono ispirarsi più o meno liberamente a Heidi né a Pippi Calzelunghe. Nè sono cultrici delle tradizioni bavaresi in termini di pettinature.

Chissenefrega, viene da pensare: ieri erano le code di cavallo, oggi le trecce, domani tornerà lo chignon e tra due anni torneremo al caschetto con frangetta alla Crepax. Quello che conta, in fondo, è altro. Ma dalla Thatcher – una delle prime mosse quando decise di candidarsi alla segreteria del Partito Conservatore fu quella di cambiare acconciatura – a Hillary Clinton – alle cui pettinature il numero 16 Studio ha dedicato una timeline – la storia ci insegna quanto i capelli delle donne non siano altro che uno specchio fedele di obiettivi, abitudini e modi di consumo. Non a caso il ritorno in auge delle trecce da un lato ha a che fare con l’inevitabile ciclicità della moda, dall’altro con la congiuntura economica. Ecco come.

Partiamo dalla questione puramente estetica: la cartina di tornasole che ci segnala l’ingresso ufficiale della treccia – una sola, ma anche due – nell’Olimpo della moda sono le passerelle. Dell’alta moda e del pret-à-porter. Modelle dai capelli intrecciati hanno infatti sfilato indossando le collezioni di stilisti del calibro di Viktor&Rolf, ma anche sulla passerella di Valentino Haute Couture, Giles Deacon e Dolce&Gabbana. Ognuno dei designer – complici i consigli dei migliori hair stylist sulla piazza, al lavoro nel backstage – ha interpretato la tendenza a suo modo: chi ha proposto un’unica lunga treccia al naturale, con le punte un po’ arruffate; chi invece si è cimentato in complicate acconciature che senza l’aiuto di un professionista sono praticamente impossibili da replicare.

Poi sono arrivate le celebrity, metro contemporaneo del successo di qualsiasi cosa abbia a che fare con la moda e lo stile: Sienna Miller porta la treccia già dal 2009, Rihanna l’ha sperimentata quando aveva dei lunghi capelli rosso fuoco, Emma Watson si è presentata alla première diThe Bling Ring (l’ultimo film di Sofia Coppola, di cui è una dei protagonisti) con un’acconciatura raccolta, una sofisticata treccia alla francese che ha spopolato sul web.

Le trecce sono una delle grandi passioni del web. Come mai? Perché sono una di quelle cose che le donne – o, meglio, le bambine – hanno sempre voluto saper fare per essere accettate dalle amiche. A scuola, in classe (non per forza la seconda B di Mario Tessuto, una classe qualsiasi), c’era sempre una bambina capace di intrecciare i capelli velocemente e con estrema maestria. E, soprattutto, di stringere trecce che non si sciogliessero cinque minuti dopo. Una bambina benvoluta e popolare: magari è diventata una parrucchiera – pardon: hair stylist –, magari no. Ma l’aver trovato una strategia di integrazione in un vivaio di bambine inclini alla crudeltà come solo le scuole elementari sanno essere potrebbe averle risparmiato qualche anno di analisi. La popolarità delle trecce sul web si può misurare in modo abbastanza banale: digitando su Youtube le parole “tutorial braids” ci si imbatte in un 1,2 milioni di video. Ce n’è per tutte: dalla treccia a spina di pesce a quella a spiga fino a quella a cascata. La morale? Le donne adulte sognano ancora di imparare a fare le trecce. Magari non per legare con le compagne di banco, ma per risparmiare tempo e denaro.

Ed eccoci arrivati alla seconda questione, quella che lega il ritorno delle trecce alla crisi economica. Le donne avranno già capito: certe cose rientrano serenamente nella sfera del non-detto-ma-afferrato. Magari anche gli uomini, ma solo se condividono la quotidianità con un esponente del gentil sesso che sia dotata di una capigliatura non imperturbabile di per sé. E solo se sono particolarmente attenti a ciò che succede solitamente tra le 7 e le 8 am e tra le 7 e le 8 pm. Cos’hanno in comune queste fasce orarie? Le donne si guardano allo specchio prima di andare al lavoro (nel caso numero uno) e dopo essere rientrate dal lavoro, prima di uscire per cena o qualsivoglia impegno (caso numero due). È in questi momenti che i capelli costituiscono IL problema: alle occhiaie si sopperisce con qualche ritrovato make up di ultima generazione, alle ciocche impazzite purtroppo non c’è rimedio.

Nell’epoca pre-crisi bastava andare dal parrucchiere sotto casa – che si chiamava ancora parrucchiere, non hair spa – per farsi sistemare i capelli da mani sapienti e phon molto potenti. Oggi il parrucchiere come abitudine settimanale è rimasto appannaggio di poche e facoltose clienti: ci si va una volta al mese tuttalpiù. O di chi si porta lo shampoo da casa e si affida alle mani delle coiffeuse cinesi per 8 euro, forse 10.

Il trend non è estrapolato di un sondaggio whatsapp tra le amiche (che, però, confermano), ma viene evidenziato dai dati rilasciati annualmente da Cosmetica Italia (ex Unipro), l’associazione nazionale che riunisce le imprese italiane della cosmesi: nel 2012 in Italia consumi legati all’acconciatura sono calati del 6%. E le previsioni comunicate nel luglio scorso davano i canali professionali, estetica e acconciatura, in calo dell’8 per cento a chiusura 2013. Tornando alle trecce, dunque, ecco spiegato l’arcano (economico): sono facili da fare – nel caso non fosse chiaro il meccanismo si può consultare uno dei tutorial di cui sopra – e veloci. E permettono di sistemare le chiome più ribelli in una manciata di minuti. Permettono persino di legare con stile i capelli bagnati, bypassando così la piega (e il suo costo). Ora sono anche di moda, così è tutto più semplice.

 

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