Immagine da Fernweh, Teju Cole; courtesy Teju Cole e MACK

Cultura | Fotografia

La Svizzera vista da Teju Cole

Fernweh, pubblicato da Mack a marzo 2020, è la seconda opera fotografica dello scrittore americano.

di Davide Coppo

«Avevo un manoscritto su cui dovevo lavorare, un saggio di non fiction su Lagos, la città in cui sono cresciuto. In quale migliore luogo scrivere della caotica, inarrestabile, sovrappopolata Lagos, se non nella modesta, silenziosa e industriosa Svizzera?». Questa la risposta, nelle parole di Teju Cole, per chi, prendendo tra le mani Fernweh, il suo primo libro di fotografie a uscire per Mack, si chiedesse: perché mai Teju Cole, scrittore nato negli Stati Uniti, cresciuto poi in Nigeria, di nuovo tornato negli Stati Uniti, ha pubblicato un libro di fotografie sulla Svizzera? Lo scrittore e fotografo, autore del celebre Città aperta (Einaudi, 2011) e critico fotografico per anni sul New York Times Magazine, ha viaggiato anno dopo anno, dal 2014 al 2019, tra le Alpi svizzere.

Ha viaggiato soprattutto con una macchina fotografica, affascinato da questo piccolo stato europeo così pacifico, così chiuso, così storicamente meta di un turismo poco comune, ricco e in cerca di benessere e silenzio. Fernweh è una parola tedesca che indica – come spesso accade con il tedesco – un concetto piuttosto largo: la sottile volontà di trovarsi da un’altra parte, lontano. Una parola che si adatta al mood che Cole riesce a dare alle sue fotografie, tutte scattate a colori, di luoghi intrisi di una malinconia speciale: non quella delle spiagge in inverno, o delle città troppo piene e indifferenti, ma come di un luogo abbandonato, una villeggiatura dimenticata, fatta di piste da sci deserte, immobili laghi estivi, stanze d’albergo silenziose, mercati ritratti dopo la chiusura. Un Paese che ricorda i luoghi di Dissipatio H. G. di Guido Morselli, nel loro placido abbandono. Fernweh, pubblicato da Mack a marzo 2020, seconda opera fotografica dopo Blind Spot uscito nel 2017, inserisce Teju Cole in un filone di artisti-fotografi insieme a Luigi Ghirri, anche lui pubblicato dall’editore inglese, e riferimento piuttosto esplicito dello scrittore americano.