Attualità

Lo stile e il maltempo inglese

Colpo basso alla Britannia: mentre doc-film e brand tornano a casa, Dr Martens va in vendita

di Manuela Ravasio

La nuova campagna primavera/estate di Dr Martens

Il freddo inglese è stato a lungo una certezza di stile. Per quanto si ostinino a provare il contrario, istituzioni come Barbour hanno vissuto, e continuano a farlo, più che sull’eterno ritorno della cottage couture, sulla capacità di essere capi pratici e rigorosi, soprattutto in tempi atmosfericamente ed economicamente critici.

E questo lo aveva capito Reginald Griggs, l’imprenditore inglese che ha costruito un impero sul freddo locale e sulla praticità in tempi duri. Con questa equazione nella testa Mr Griggs portò a casa una piccola bestemmia per il suolo britannico: anfibi tedeschi creati con materiale di scarto, mentre le botteghe londinesi insistevano sul cuoio e sul made to measure come evergreen. A inizio anni Cinquanta il Griggs Group acquistava infatti dal Dottor Klaus Maertens la linea di scarpe da lavoro ideata dall’eclettico mentore del riciclo. E all’inizio Reginald Griggs fu anche convinto di mantenere quelle calzature per quello che erano: scarpe da lavoro, basiche e senza troppe declinazioni. Convinto che, seppur cambiate nel nome (prontamente inglesizzato nel semplice Dr. Martens), potessero rimanere originali anche nelle intenzioni: portare in giro mezza Inghilterra operaia. La Volkswagen delle calzature: per tutti, solide, durevoli. Un pensiero che Mr.Griggs ha avuto nel dopoguerra ma che ha imparato a macinare meglio quando il mercato britannico voleva più Doc per tutti. Operai o non. A quel punto bisognava inventarsi altro. Sarebbero nati i cicli, cioè un ritorno al carrarmato in gomma che ogni dozzina d’anni veniva riletto e modificato da target differenti.

È per questo fa riflettere la notizia che ora, dopo 50 anni di onorato servizio e in pieno “ciclo di ritorno”, il Griggs Group abbia annunciato di voler vendere il suo celebre marchio, cercando di concludere l’affare (ora in mano alla Rothschild Bank) per 145 milioni circa. Sul mercato il brand arriva in pieno vigore: negli ultimi anni la linea vintage ha avuto il volto di Agyness Deyn, la top britannica che con Dr. Martens e capelli platino cinque anni fa rimetteva sul tavolo delle tendenze le modelle inglesi post Kate Moss. E sì, le erano bastati i Dr. Martens per arrivare a tanto. Per ringraziare il marchio britannico la modella è tornata lo scorso anno (nonostante le dichiarazioni anti-modeling) a posare nella campagna First and Forever, video teaser cui seguono quelli della community in cui ognuno, lei per prima, racconta la sua prima volta con protagonisti i Doc. Perché quindi lasciare una Volkswagen che, seppur a fasi alterne, assicura una rendita perenne?

La notizia della vendita di Dr Martens arriva in Inghilterra in contemporanea con l’uscita di un documentario basato sul Britannia style: Casual,  titolo “secco” per un  doc-movie in cui Peter Hooton racconta la nascita del neo formale nel Sussex come a Londra. Non solo classico passaggio di consegne  Mod to Casual, ma un sussidiario di stile in apparenza radicatissimo nel Made in England ma che in realtà rivela prestiti notevoli a brand italiani (in primis Sergio Tacchini). Un segno che il Brit Style è stata una sorta di esempio di colonialismo sartoriale: importare materie prime sottovalutate altrove (o addirittura in declino) per farle diventare culto per generazioni di inglesi. La stessa formula che Sir Griggs aveva applicato con gli anfibi riciclati.

Appare ancora più in controtendenza la scelta del gruppo Griggls se si pensa che alla presentazione del cartellone della London  Fashion Week  2012 era arrivata anche la notizia della presenza di Belstaff . Il ritorno a Londra del brand nato negli anni Venti nello Staffordshire – e acquistato poi negli anni Novanta dal gruppo veneto Malenotti – era sembrato un giusto onorare le origini della sua fondatrice Eli Belovitch. Ma la partita si è spinta un po’ più in là: a inizio 2012 Belstaff è stata acquistata dal gruppo Labelux (viennese) che gli ha messo a capo due AD come Martin Cooper e Harry Slatkin, inglesissimi e pronti a riportare il brand al motociclismo britannico; meno pelle e r’n’r, più  sportwool (il tessuto antipioggia creato apposta dalla Belovitch per il clima ostile delle campagne inglesi) insomma. Segno che, Griggls a parte, il freddo inglese continua ad essere una certezza di stile.