Attualità

Sul futuro dei giornali

Ne abbiamo discusso in Triennale. Soluzioni? Noi lì che ne parliamo e noi che li facciamo tutti i giorni. Bingo

di Federico Sarica

È stata una gran bella giornata quella di sabato a Studio in Triennale. Panel e oratori davvero all’altezza, pubblico interessato e preparato. Siamo molto contenti. Le chiacchiere sono state su disparati argomenti e la giornata, prima del super concerto dei Toy, si è chiusa con due incontri in cui si è parlato molto di futuro dei media. Chi si aspettava soluzioni o formule magiche dalle parole di Serena Danna, Milo Yiannopoulos, Claudio Cerasa, Francesco Costa, Filippo Sensi e Giuseppe De Bellis è probabilmente rimasto deluso, anche se le proposte non sono affatto mancate.
Io credo che però, pur nella diversità di vedute, la soluzione fosse in qualche modo lì davanti a noi: essere in un così bel posto, con così tante intelligenze, con entusiasmo ma senza slancio utopistico, con talento ma senso della posizione, con voglia di esserci oggi e soprattutto domani. Eravamo noi la soluzione. Era il futuro del giornalismo che parlava e che ascoltava, e inoltre la media di età di chi era sul palco e sotto era relativamente bassa. Bene.
Le persone che abbiamo ascoltato, credo, sono già di loro il futuro del giornalismo. Da quelli di noi impegnati a cambiare i grandi giornali (e francamente, sapere alcuni degli amici intervenuti ieri al lavoro pancia a terra dentro le grandi vecchie ammiraglie dell’informazione mi lascia in qualche modo tranquillo), a quelli impegnati a salvare ed esaltare i piccoli (ma belli, ieri con noi Foglio e Europa, viva), a quelli, come Francesco Costa, che il futuro lo stanno spavaldamente e con intelligenza mettendo in pratica già da un po’ con il Post.
Certo, sono mancati i tecnicismi e i dettagli specifici sui modelli, ma personalmente credo che si sia già perso abbastanza tempo nella ricerca arrancante di qualcosa di risolutivo che verrà in qualche modo da sé. Come? “Intanto facciamolo”, ricordava ieri Filippo Sensi Nomfup. È quello che stiamo provando a fare con Studio. La nostra risposta all’imperare dei teorici è stato fondare un media nuovo di zecca e provare a farlo camminare.
“L’errore dei quotidiani? Pensare che la gente fosse stupida. I giornali di domani dovranno alzare il livello, essere più piccoli e più specializzati”. Magnifico, sottoscrivo. Mi sembrava di sentire una riunione di Studio o una qualsiasi chiacchierata fra me e Christian Rocca (direttore di IL, che ringraziamo per il supporto in questi giorni e in generale) quando Milo Yiannopoulos ha pronunciato quelle parole. Milo (e il suo giornale online The Kernel), sono già anche loro il futuro dei media.
Certo ci sono le note dolenti, principale delle quali è la cura dimagrante di costi cui sottoporre le strutture editoriali (e siamo alla vigilia di un periodo doloroso e necessario in cui ne vedremo delle belle), e il grande assente – come ha fatto notare un caro amico di Studio – erano gli editori, figura chiave e centrale.
L’hanno ricordato più o meno tutti ieri: i giornali hanno troppi costi e alcune resistenze interne di modelli e di anacronistica resistenza sindacale bloccano i processi di rinnovamento. Ma questo non vale solo per i giornali a dire il vero.
Insomma, il futuro dei giornali è qui, lo stiamo già scrivendo lavorandoci tutti i giorni. Non ci resta che continuare a sgobbare, studiare e cavalcare l’onda della trasformazione tecnologica, senza far finta che non esista ovviamente, ma anche senza la pretesa di dominarla.
È una questione di equilibri, come quasi sempre.