Bulletin ↓
21:08 domenica 15 giugno 2025
Dua Lipa e Callum Turner si sono innamorati grazie a Trust di Hernan Diaz Il premio Pulitzer 2023 è stato l'argomento della prima chiacchierata della loro relazione, ha rivelato la pop star.
In dieci anni una città spagnola ha perso tutte le sue spiagge per colpa della crisi climatica  A Montgat, Barcellona, non ci sono più le spiagge e nemmeno i turisti, un danno di un milione di euro all’anno per l'economia locale.
Ai Grammy dal 2026 si premierà anche l’album con la migliore copertina È una delle tante novità annunciate dalla Record Academy per la cerimonia dell'anno prossimo, che si terrà l'1 febbraio.
Ronja, la prima e unica serie animata dello Studio Ghibli, verrà trasmessa dalla Rai Ispirata dall’omonimo romanzo dell’autrice di Pippi Calzelunghe, è stata diretta dal figlio di Hayao Miyazaki, Goro. 
Ogni volta che scoppia un conflitto con l’Iran, viene preso come ufficiale un account dell’esercito iraniano che però non è ufficiale Si chiama Iran Military, ha più di 600 mila follower ma non ha nulla a che fare con le forze armate iraniane.
L’unico sopravvissuto al disastro aereo in India non ha idea di come sia riuscito a salvarsi Dopo l’impatto, Vishwash Kumar Ramesh ha ripreso i sensi in mezzo alle macerie: i soccorritori l’hanno trovato mentre cercava il fratello.
L’Egitto sta espellendo tutti gli attivisti arrivati al Cairo per unirsi alla Marcia mondiale per Gaza I fermati e gli espulsi sono già più di un centinaio e tra loro ci sono anche diversi italiani.
Per ricordare Brian Wilson, Vulture ha pubblicato un estratto del suo bellissimo memoir Si intitola I Am Brian Wilson ed è uscito nel 2016. In Italia, purtroppo, è ancora inedito.

Sei pezzi facili è l’omaggio che Mattia Torre ha sempre meritato

Paolo Sorrentino fa rivivere l'opera di Mattia Torre con un'antologia in sei parti tra teatro, cinema e tv.

18 Novembre 2022

Mattia Torre scriveva di noi, di quello che siamo, dell’essenza disinibita delle cose. I suoi spettacoli teatrali erano specchi: il pubblico li vedeva, e intanto si riconosceva. Parlava di cibo, politica e comunità. Di cosa vuol dire stare insieme, e di cosa, poi, significa vivere in solitudine. Torre sapeva, perché partiva dall’assunto di raccontare ciò che aveva visto e provato; e se esagerava, esagerava in modo lungimirante, contando le distanze, affidandosi agli attori, dando a ogni parola e ogni pausa un peso preciso. Non si limitava a scrivere: intesseva trame, le creava; si divertiva a tenerle insieme, a vederle intrecciate, ordinatamente confuse, e a rileggerle. Era preciso. Un fedele, prima che un esperto, di quello che faceva. Descriveva la commedia come una cosa seria, serissima, e sacra. Con le sue regole, i suoi accorgimenti, il suo modo d’essere. Torre usava la realtà come fonte d’ispirazione, e non si allontanava molto nelle sue opere: rimaneva lì, meditabondo, musicale, perfetto. E probabilmente, per raccogliere questa visione, non poteva esserci miglior regista di Paolo Sorrentino. Perché anche lui, come scrittore, è preciso. Anche lui usa l’immagine non per saltare, ma per unire. Da una parte c’è il teatro, con la sua elegante povertà e la sua fiera essenzialità; e dall’altra c’è il cinema da Oscar, che punta ad ammaliare con la sua bellezza e con la sua pienezza.

Foto di Ago Panini

Eppure, in mezzo, c’è molto di più. C’è, appunto, un’idea precisa di scrittura e messa in scena, di ritmo e dialogo: io inizio, tu continui; tu rilanci, e io rilancio. Un botta e risposta costante, frenetico, che non annoia, non appesantisce, ma regge. Migliora. Supera qualunque tipo di aspettative: non siamo qui per vedere la vita e basta; siamo qui per riderne, per bearcene, per poter ascoltare attivamente, senza mai subire. In Sei pezzi facili, dal 19 novembre su Rai3 e in anteprima su Raiplay, Sorrentino dirige Torre ed è facile notare immediatamente il meglio di entrambi: la mano che guida la camera e che si mette al servizio della parola scritta, e la parola scritta che, grazie alla mano che guida la camera, può essere ancora più libera. «Questo lavoro è il tentativo di valorizzare e amplificare la cassa di risonanza sul teatro di Mattia Torre», ha detto Sorrentino. «Io ho fatto una regia con dei minimi appigli cinematografici, perché è l’unica cosa che so veramente fare. C’è una leggera ibridazione del teatro con il cinema. Però rispettando sempre e comunque quello che aveva in testa Mattia. Che, da quello che ho capito raccogliendo mezze frasi dei suoi attori, aveva delle idee molto, molto precise sui suoi spettacoli. Io ho cercato di intervenire senza alterare le sue decisioni. Anche se tutto questo deve andare in televisione, il teatro di Torre è totalmente compiuto, e quindi non aveva bisogno di interventi, se non di interventi di – appunto – ritmo cinematografico».

Tutto, insomma, sembra ridursi (o allargarsi?) a questo: al modo in cui la forma cerca il contenuto, e in cui il contenuto, in un’altra dimensione, può finalmente trovare spazio. Guardando “Gola” con Valerio Aprea, si vede subito la semplicità della scenografia, con il leggio, le luci, un solo uomo fermo sul palco. Poi intervengono i suoni, le inquadrature a tradimento di Sorrentino sul pubblico che ride, che si diverte, che – incredibilmente – partecipa. Ci sono due velocità, e sono due velocità che non vanno mai in contrasto: quella della sceneggiatura, e quindi dell’interpretazione, e quella della regia, e quindi delle immagini. Valerio Mastandrea, parlando di Sei pezzi facili, l’ha descritto come un «viaggio sentimentale»: «Voglio ringraziare Paolo perché ha portato la sua emozione vicino alla nostra, e non sopra di essa: non è stato invasivo, è stato rispettosissimo e ha avuto un approccio sano». Sorrentino ha, prima di tutto, osservato. E poi capito, appreso e, solo alla fine, agito. Nelle foto delle prove, scattate da Ago Panini, si riconoscono l’allegria trascinante dell’esercizio e la condivisione genuina con gli attori.

Foto di Ago Panini

«Mattia era un regista molto rigoroso, perché era uno scrittore molto rigoroso, e dirigeva i suoi spettacoli come una prosecuzione della sua scrittura», ha detto Francesca Rocca. «Paolo è stato un’intuizione, e io ho avuto il privilegio di poter intuire e desiderare una persona come Paolo avendo al mio fianco un amico e un fratello come Lorenzo [Mieli, produttore e AD di The Apartment, ndr]. Perché Paolo? L’ho capito solamente ieri, lo ammetto. Quando abbiamo celebrato Mattia all’Ambra Jovinelli, l’apertura l’ha fatta Lorenzo e ha detto delle cose incredibili. Da lui, però, me lo aspettavo: Lorenzo era lo sposo lavorativo di Mattia. […] Paolo ha letto un pezzo che aveva scritto per Mattia, e ascoltandolo ho capito che Paolo aveva fotografato Mattia pur non conoscendolo da molto tempo. Ha mantenuto una distanza rispettosa, goliardica, raccontando il Mattia dei loro incontri lavorativi, delle cena; ed era esattamente quello che amo di Mattia».

Ora, in Sei pezzi facili, ritroviamo Torre, il suo genio, la sua penna onesta, magnetica, assoluta, e anche, come sguardo silenzioso, Sorrentino: i due, insieme, si muovono su due strade parallele; non c’è sfida, non c’è voglia di trasformare tutto in qualcos’altro; c’è – e ne abbiamo già parlato – il rispetto di un autore per un altro, e la centralità, conquistata così duramente, della parola scritta sul resto. Gli attori, le figure, le facce, sono la sostanza viva e vibrante, il ponte di carne ed espressioni che chiude, in modo piuttosto preciso, questo cerchio. Sei pezzi facili è qualcosa di cui essere felici: come spettatori, certo; ma pure come persone. Perché un gruppo d’amici s’è riunito, ha lavorato insieme, e ha ascoltato un altro regista, un altro direttore d’orchestra, per suonare la musica di chi non c’è più. E il merito, per una volta, è tutto loro. Non del fato, non di qualcosa più grande: da Francesca Rocca a Lorenzo Mieli, e da Paolo Sorrentino al cast di attori e attrici. Mattia Torre vive nella sua parola, e finalmente, anche se solo per pochi sabati, avrà il pubblico che ha sempre meritato.

Foto di Ago Panini

Sei pezzi facili raccoglie alcune delle opere più famose e apprezzate di Mattia Torre. È una produzione di Fremantle in collaborazione con The Apartment, parte Fremantle, per Rai Cultura. La regia televisiva è curata da Paolo Sorrentino. Sei pezzi facili andrà in onda dal 19 novembre per cinque sabati conseguitivi, alle 22, su Rai3. Andranno in scena: “Migliore” con Valerio Mastandrea, “Perfetta” con Geppi Cucciari (26 novembre), “Qui e ora” con Valerio Aprea e Paolo Calabresi; “456” con Giordano Agrusta, Massimo De Lorenzo, Cristina Pellegrino e Carlo De Ruggieri (10 dicembre), “In mezzo al mare” e “Gola” con Valerio Aprea (17 dicembre).

Articoli Suggeriti
Mountainhead, l’ennesimo buon motivo per odiare Big Tech ce lo dà Jesse Armstrong

Il creatore di Succession torna con un film in cui racconta un quartetto di tech bro ricchi, stupidi e crudeli. Ma non così interessanti.

Ronja, la prima e unica serie animata dello Studio Ghibli, verrà trasmessa dalla Rai

Ispirata dall’omonimo romanzo dell’autrice di Pippi Calzelunghe, è stata diretta dal figlio di Hayao Miyazaki, Goro. 

Leggi anche ↓
Mountainhead, l’ennesimo buon motivo per odiare Big Tech ce lo dà Jesse Armstrong

Il creatore di Succession torna con un film in cui racconta un quartetto di tech bro ricchi, stupidi e crudeli. Ma non così interessanti.

Ronja, la prima e unica serie animata dello Studio Ghibli, verrà trasmessa dalla Rai

Ispirata dall’omonimo romanzo dell’autrice di Pippi Calzelunghe, è stata diretta dal figlio di Hayao Miyazaki, Goro. 

Per ricordare Brian Wilson, Vulture ha pubblicato un estratto del suo bellissimo memoir

Si intitola I Am Brian Wilson ed è uscito nel 2016. In Italia, purtroppo, è ancora inedito.

Brian Wilson, una creatura nelle mani del suono

È stato un dei più grandi compositori del Novecento, anche se non lo si è celebrato abbastanza quando era in vita. Una vita folle che ha rivoluzionato il pop.

È uscito il primo trailer di Eddington, il “western pandemico” di Ari Aster

Prodotto da A24, con protagonisti Joaquin Phoenix, Pedro Pascal ed Emma Stone, uscirà nell'autunno di quest'anno nelle sale italiane.

L’ultimo samurai di Helen DeWitt: non è mai troppo tardi per diventare un classico

Pubblicato nel 2000, acclamato, dimenticato, ripubblicato e riscoperto nel 2016, inserito tra i 100 migliori romanzi del XXI secolo dal New York Times, L'ultimo samurai è asceso allo status di classico nonostante una travagliatissima storia editoriale.