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C’è un’estensione per browser che fa tornare internet com’era nel 2022 per evitare di dover avere a che fare con le AI Si chiama Slop Evader e una volta installata "scarta" dai risultati mostrati dal browser tutti i contenuti generati con l'intelligenza artificiale.
Kristin Cabot, la donna del cold kiss-gate, ha detto che per colpa di quel video non trova più lavoro e ha paura di uscire di casa Quel video al concerto dei Coldplay in cui la si vedeva insieme all'amante è stata l'inizio di un periodo di «puro orrore», ha detto al New York Times.
I Labubu diventeranno un film e a dirigerlo sarà Paul King, il regista di Paddington e Wonka Se speravate che l'egemonia dei Labubu finisse con il 2025, ci dispiace per voi.
Un reportage di Vanity Fair si è rivelato il colpo più duro inferto finora all’amministrazione Trump Non capita spesso di sentire la Chief of Staff della Casa Bianca definire il Presidente degli Stati Uniti una «alcoholic’s personality», in effetti.
Il ministero del Turismo l’ha fatto di nuovo e si è inventato la «Venere di Botticelli in carne e ossa» come protagonista della sua nuova campagna Dopo VeryBello!, dopo Open to Meraviglia, dopo Itsart, l'ultima trovata ministeriale è Francesca Faccini, 23 anni, in tour per l'Italia turistica.
LinkedIn ha lanciato una sua versione del Wrapped dedicata al lavoro ma non è stata accolta benissimo dagli utenti «Un rituale d'umiliazione», questo uno dei commenti di coloro che hanno ricevuto il LinkedIn Year in Review. E non è neanche uno dei peggiori.
C’è una specie di cozza che sta invadendo e inquinando i laghi di mezzo mondo Si chiama cozza quagga e ha già fatto parecchi danni nei Grandi Laghi americani, nel lago di Ginevra e adesso è arrivata anche in Irlanda del Nord.

Sei pezzi facili è l’omaggio che Mattia Torre ha sempre meritato

Paolo Sorrentino fa rivivere l'opera di Mattia Torre con un'antologia in sei parti tra teatro, cinema e tv.

18 Novembre 2022

Mattia Torre scriveva di noi, di quello che siamo, dell’essenza disinibita delle cose. I suoi spettacoli teatrali erano specchi: il pubblico li vedeva, e intanto si riconosceva. Parlava di cibo, politica e comunità. Di cosa vuol dire stare insieme, e di cosa, poi, significa vivere in solitudine. Torre sapeva, perché partiva dall’assunto di raccontare ciò che aveva visto e provato; e se esagerava, esagerava in modo lungimirante, contando le distanze, affidandosi agli attori, dando a ogni parola e ogni pausa un peso preciso. Non si limitava a scrivere: intesseva trame, le creava; si divertiva a tenerle insieme, a vederle intrecciate, ordinatamente confuse, e a rileggerle. Era preciso. Un fedele, prima che un esperto, di quello che faceva. Descriveva la commedia come una cosa seria, serissima, e sacra. Con le sue regole, i suoi accorgimenti, il suo modo d’essere. Torre usava la realtà come fonte d’ispirazione, e non si allontanava molto nelle sue opere: rimaneva lì, meditabondo, musicale, perfetto. E probabilmente, per raccogliere questa visione, non poteva esserci miglior regista di Paolo Sorrentino. Perché anche lui, come scrittore, è preciso. Anche lui usa l’immagine non per saltare, ma per unire. Da una parte c’è il teatro, con la sua elegante povertà e la sua fiera essenzialità; e dall’altra c’è il cinema da Oscar, che punta ad ammaliare con la sua bellezza e con la sua pienezza.

Foto di Ago Panini

Eppure, in mezzo, c’è molto di più. C’è, appunto, un’idea precisa di scrittura e messa in scena, di ritmo e dialogo: io inizio, tu continui; tu rilanci, e io rilancio. Un botta e risposta costante, frenetico, che non annoia, non appesantisce, ma regge. Migliora. Supera qualunque tipo di aspettative: non siamo qui per vedere la vita e basta; siamo qui per riderne, per bearcene, per poter ascoltare attivamente, senza mai subire. In Sei pezzi facili, dal 19 novembre su Rai3 e in anteprima su Raiplay, Sorrentino dirige Torre ed è facile notare immediatamente il meglio di entrambi: la mano che guida la camera e che si mette al servizio della parola scritta, e la parola scritta che, grazie alla mano che guida la camera, può essere ancora più libera. «Questo lavoro è il tentativo di valorizzare e amplificare la cassa di risonanza sul teatro di Mattia Torre», ha detto Sorrentino. «Io ho fatto una regia con dei minimi appigli cinematografici, perché è l’unica cosa che so veramente fare. C’è una leggera ibridazione del teatro con il cinema. Però rispettando sempre e comunque quello che aveva in testa Mattia. Che, da quello che ho capito raccogliendo mezze frasi dei suoi attori, aveva delle idee molto, molto precise sui suoi spettacoli. Io ho cercato di intervenire senza alterare le sue decisioni. Anche se tutto questo deve andare in televisione, il teatro di Torre è totalmente compiuto, e quindi non aveva bisogno di interventi, se non di interventi di – appunto – ritmo cinematografico».

Tutto, insomma, sembra ridursi (o allargarsi?) a questo: al modo in cui la forma cerca il contenuto, e in cui il contenuto, in un’altra dimensione, può finalmente trovare spazio. Guardando “Gola” con Valerio Aprea, si vede subito la semplicità della scenografia, con il leggio, le luci, un solo uomo fermo sul palco. Poi intervengono i suoni, le inquadrature a tradimento di Sorrentino sul pubblico che ride, che si diverte, che – incredibilmente – partecipa. Ci sono due velocità, e sono due velocità che non vanno mai in contrasto: quella della sceneggiatura, e quindi dell’interpretazione, e quella della regia, e quindi delle immagini. Valerio Mastandrea, parlando di Sei pezzi facili, l’ha descritto come un «viaggio sentimentale»: «Voglio ringraziare Paolo perché ha portato la sua emozione vicino alla nostra, e non sopra di essa: non è stato invasivo, è stato rispettosissimo e ha avuto un approccio sano». Sorrentino ha, prima di tutto, osservato. E poi capito, appreso e, solo alla fine, agito. Nelle foto delle prove, scattate da Ago Panini, si riconoscono l’allegria trascinante dell’esercizio e la condivisione genuina con gli attori.

Foto di Ago Panini

«Mattia era un regista molto rigoroso, perché era uno scrittore molto rigoroso, e dirigeva i suoi spettacoli come una prosecuzione della sua scrittura», ha detto Francesca Rocca. «Paolo è stato un’intuizione, e io ho avuto il privilegio di poter intuire e desiderare una persona come Paolo avendo al mio fianco un amico e un fratello come Lorenzo [Mieli, produttore e AD di The Apartment, ndr]. Perché Paolo? L’ho capito solamente ieri, lo ammetto. Quando abbiamo celebrato Mattia all’Ambra Jovinelli, l’apertura l’ha fatta Lorenzo e ha detto delle cose incredibili. Da lui, però, me lo aspettavo: Lorenzo era lo sposo lavorativo di Mattia. […] Paolo ha letto un pezzo che aveva scritto per Mattia, e ascoltandolo ho capito che Paolo aveva fotografato Mattia pur non conoscendolo da molto tempo. Ha mantenuto una distanza rispettosa, goliardica, raccontando il Mattia dei loro incontri lavorativi, delle cena; ed era esattamente quello che amo di Mattia».

Ora, in Sei pezzi facili, ritroviamo Torre, il suo genio, la sua penna onesta, magnetica, assoluta, e anche, come sguardo silenzioso, Sorrentino: i due, insieme, si muovono su due strade parallele; non c’è sfida, non c’è voglia di trasformare tutto in qualcos’altro; c’è – e ne abbiamo già parlato – il rispetto di un autore per un altro, e la centralità, conquistata così duramente, della parola scritta sul resto. Gli attori, le figure, le facce, sono la sostanza viva e vibrante, il ponte di carne ed espressioni che chiude, in modo piuttosto preciso, questo cerchio. Sei pezzi facili è qualcosa di cui essere felici: come spettatori, certo; ma pure come persone. Perché un gruppo d’amici s’è riunito, ha lavorato insieme, e ha ascoltato un altro regista, un altro direttore d’orchestra, per suonare la musica di chi non c’è più. E il merito, per una volta, è tutto loro. Non del fato, non di qualcosa più grande: da Francesca Rocca a Lorenzo Mieli, e da Paolo Sorrentino al cast di attori e attrici. Mattia Torre vive nella sua parola, e finalmente, anche se solo per pochi sabati, avrà il pubblico che ha sempre meritato.

Foto di Ago Panini

Sei pezzi facili raccoglie alcune delle opere più famose e apprezzate di Mattia Torre. È una produzione di Fremantle in collaborazione con The Apartment, parte Fremantle, per Rai Cultura. La regia televisiva è curata da Paolo Sorrentino. Sei pezzi facili andrà in onda dal 19 novembre per cinque sabati conseguitivi, alle 22, su Rai3. Andranno in scena: “Migliore” con Valerio Mastandrea, “Perfetta” con Geppi Cucciari (26 novembre), “Qui e ora” con Valerio Aprea e Paolo Calabresi; “456” con Giordano Agrusta, Massimo De Lorenzo, Cristina Pellegrino e Carlo De Ruggieri (10 dicembre), “In mezzo al mare” e “Gola” con Valerio Aprea (17 dicembre).

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