Hype ↓
08:52 sabato 20 dicembre 2025
Di Digger di Alejandro G. Iñárritu non sappiamo ancora niente, tranne che un Tom Cruise così strano e inquietante non si è mai visto La trama della nuova commedia di Iñárritu resta avvolta dal mistero, soprattutto per quanto riguarda il ruolo da protagonista di Tom Cruise.
C’è un’estensione per browser che fa tornare internet com’era nel 2022 per evitare di dover avere a che fare con le AI Si chiama Slop Evader e una volta installata "scarta" dai risultati mostrati dal browser tutti i contenuti generati con l'intelligenza artificiale.
Kristin Cabot, la donna del cold kiss-gate, ha detto che per colpa di quel video non trova più lavoro e ha paura di uscire di casa Quel video al concerto dei Coldplay in cui la si vedeva insieme all'amante è stata l'inizio di un periodo di «puro orrore», ha detto al New York Times.
I Labubu diventeranno un film e a dirigerlo sarà Paul King, il regista di Paddington e Wonka Se speravate che l'egemonia dei Labubu finisse con il 2025, ci dispiace per voi.
Un reportage di Vanity Fair si è rivelato il colpo più duro inferto finora all’amministrazione Trump Non capita spesso di sentire la Chief of Staff della Casa Bianca definire il Presidente degli Stati Uniti una «alcoholic’s personality», in effetti.
Il ministero del Turismo l’ha fatto di nuovo e si è inventato la «Venere di Botticelli in carne e ossa» come protagonista della sua nuova campagna Dopo VeryBello!, dopo Open to Meraviglia, dopo Itsart, l'ultima trovata ministeriale è Francesca Faccini, 23 anni, in tour per l'Italia turistica.
LinkedIn ha lanciato una sua versione del Wrapped dedicata al lavoro ma non è stata accolta benissimo dagli utenti «Un rituale d'umiliazione», questo uno dei commenti di coloro che hanno ricevuto il LinkedIn Year in Review. E non è neanche uno dei peggiori.
C’è una specie di cozza che sta invadendo e inquinando i laghi di mezzo mondo Si chiama cozza quagga e ha già fatto parecchi danni nei Grandi Laghi americani, nel lago di Ginevra e adesso è arrivata anche in Irlanda del Nord.

Seaspiracy è la conferma che Netflix ha un problema con i documentari

Il lavoro di Ali Tabrizi, come altri presenti sulla piattaforma, non si preoccupa di verificare le informazioni e ha il solo scopo di far credere allo spettatore di essere vittima di una cospirazione.

06 Aprile 2021

È possibile che dopo aver guardato Seaspiracy su Netflix smettiate di mangiare pesce. Per un giorno o due, per una settimana, un mese. Poi l’effetto dello shock si riassorbirà come un ematoma e tutto tornerà come prima. D’altra parte, non abbiamo buttato via lo smartphone dopo The Social Dilemma, altro shock metabolizzato e dimenticato. Il documentario diretto (e «interpretato») da Ali Tabrizi prova a condensare il lungo percorso di cambiamento che spinge le persone a diventare vegane dentro un tunnel dell’orrore di novanta minuti su tutti i mali della pesca. Seaspiracy è la pillola rossa super concentrata per accorciare il processo, anzi, per sostituirlo. Nessuna sfumatura, nessuna complessità, perché la complessità porta complicazioni narrative e non si sminuzza o digerisce facilmente. È il problema del documentario contemporaneo, militante ma di massa: le piattaforme come Netflix (dove potete guardare Seaspiracy, Cowspiracy, What the Health, The Social Dilemma) hanno spalancato gli orizzonti al genere, ma lo hanno anche modificato geneticamente. Oggi i documentari devono essere esperienze trasformative, un’ora e mezza ad alta intensità radicale, con la call to action finale, per uscire rinnovati e in missione, come al termine di una beauty farm etica. Il problema delle pillole rosse, però, è che esistono solo in Matrix o nelle metafore dei fanatici. Non si diventa vegani per effetto di intense cure Ludovico e comunque non è per questo che esistono i documentari. 

Seaspiracy mette il dito su un problema enorme: l’industria della pesca è insostenibile dal punto di vista ambientale, sanitario e sociale. Non c’è altro modo di definire l’overfishing se non come una catastrofe e non esiste transizione ecologica senza un cambiamento sostanziale nel modo in cui il cibo viene prelevato dagli oceani. Però Seaspiracy non vuole informarci su questo, vuole trasformarci, e questo slittamento ha una prima vittima collaterale: la scienza. Si potrebbero fare cinque ore di debunking sui novanta minuti di Seaspiracy. Il suo dato più forte, l’architrave del ragionamento, è falso. Tabrizi ci dice che gli oceani saranno vuoti nel 2048 se continueremo così. Ha preso il dato da una ricerca del 2006, ritrattata dal suo autore (l’ecologo canadese Brian Worm) già nel 2009. Inoltre, la pesca collaterale e per errore di specie protette non è il 40 per cento ma il 10 per cento del totale, secondo Nazioni Unite e Fao. Un solo studio ha parlato di 40 per cento, forzando le unità di misura, mescolando specie in via di estinzione e spreco alimentare, che è un problema, ma è un altro problema. Certo, Onu e Fao potrebbero mentirci, potrebbe essere tutta una cospirazione, come suggerisce il titolo, ed è uno degli effetti di questo tipo di documentari, metterci nella posizione di dover pensare: mentono, tutti mentono, e solo io posso cambiare le cose.

Il padre di questi filmmaker in missione è ovviamente Michael Moore. In primo piano lui e tutto il resto dietro. Ogni tanto verrebbe da dire a Tabrizi quello che Dini Risi diceva a Nanni Moretti: “spostati e facci vedere i pesci”. Come Moore, Ali è affabile con lo spettatore ma spietato con i cattivi, è coraggioso ed emotivo, quando cerca informazioni sensibili su Google ha il cappuccio della felpa sulla testa, come nelle foto di stock per illustrare una pagina Seo su come diventare giornalisti investigativi. Il film è il suo viaggio trasformativo di un bambino che amava le balene. Dal primo minuto ci tiene a farci sapere che sta rischiando la sua vita per cambiare la nostra. Verso la prima mezz’ora si nasconde dietro un muro, indica la scena alla sua compagna di viaggio e di vita Lucy Tabrizi e ci fa sapere che in quel momento ha scoperto davanti ai nostri occhi la multimiliardaria industria del tonno. Seguono immagini brutali. Ce ne sono tantissime, spesso d’archivio, fanno male a vedersi: tartarughe fatte a pezzi, squali morti buttati in mare, delfini maciullati. Il linguaggio visivo di Seaspiracy sarà familiare a chi guarda ancora Le Iene: allegria apocalittica, dress code fisso, inseguimenti, immagini sfiancanti, manipolazioni e interviste tagliate sulle pause e le esitazioni dei colpevoli, perché quale migliore prova di una cospirazione che un’esitazione alla domanda: dovremmo smettere di mangiare pesce e basta? È ovviamente una domanda legittima, il problema è nel percorso tracciato dal documentario per indurci a una risposta. 

Kip Andersen è il produttore di Seaspiracy ed era il regista di Cowspiracy e What the Health, altre due pietre miliari del documentario trasformativo. Sono di fatto una sola saga, con la stessa forzatura di ricerche e dati (in What the Health si parla dei danni alla salute di una dieta e non vegana, si dice che il latte causa il cancro e che le uova fanno male quanto le sigarette) e lo stesso obiettivo, non tanto i consumatori o i produttori, ma quella complicata terra di mezzo, fatta di miglioramenti, cadute, rischi e compromessi, che è la sostenibilità. È una parola sulla quale nutrire la giusta diffidenza, il greenwashing è uno dei prodotti più nocivi della contemporaneità e non c’è grande inquinatore globale che oggi non parli di sostenibilità. Eppure è l’unico terreno di evoluzione e incontro che abbiamo tra produzione, consumo e ambiente. La sostenibilità è fallata e imprecisa come la democrazia, ma è anche senza alternative migliori su larga scala. Kip Anderson e Ali Tabrizi non sono d’accordo e usano ogni mezzo possibile per convincerci del fatto che la sostenibilità vada bombardata e che lo scopo etico di quel bombardamento consenta qualsiasi distorsione retorica o scientifica. Non si può stare in mezzo, o con noi o contro di noi. 

Alla fine di Seaspiracy viene intervistato un baleniere delle isole Far Oer che, come ogni baleniere, usa questo argomento standard: che differenza c’è tra mangiare una balena pilota e un pollo d’allevamento? Lì dove gli estremi si incontrano, l’ecologista vegano e il baleniere scandinavo sono d’accordo: non c’è differenza. O stai col baleniere, e allora vale tutto, o stai con Seaspiracy. In mezzo ci sono tutti gli altri: Onu, Fao, le organizzazioni ambientaliste a destra di Sea Shepard e Peta, i certificatori di sostenibilità. La terra di mezzo è dove stanno i dubbi, la complessità, la scienza, gli onnivori, gli errori, i compromessi e chiunque creda che la pesca vada radicalmente riformata ma non abolita.

Articoli Suggeriti
Di Digger di Alejandro G. Iñárritu non sappiamo ancora niente, tranne che un Tom Cruise così strano e inquietante non si è mai visto

Da quello che si vede nel trailer (pochissimo), di sicuro non è il Tom Cruise di Top Gun o di Mission: Impossible.

I migliori album del 2025

Una liberissima selezione degli album usciti quest'anno che ci sono piaciuti di più.

Leggi anche ↓
Di Digger di Alejandro G. Iñárritu non sappiamo ancora niente, tranne che un Tom Cruise così strano e inquietante non si è mai visto

Da quello che si vede nel trailer (pochissimo), di sicuro non è il Tom Cruise di Top Gun o di Mission: Impossible.

di Studio
I migliori album del 2025

Una liberissima selezione degli album usciti quest'anno che ci sono piaciuti di più.

Ludovica Rampoldi è da anni una delle più brave sceneggiatrici italiane ma ora è anche una regista

C'è la sua firma su 1992, Gomorra, The Bad Guy, Esterno notte, Il traditore e Il maestro. E adesso anche su una delle sorprese di questo anno cinematografico: Breve storia d'amore, la sua opera prima da regista.

Father Mother Sister Brother è il film perfetto da vedere a Natale, soprattutto per chi trema all’idea di passarlo in famiglia

Il film con cui Jim Jarmusch ha vinto il Leone d'oro a Venezia è un'opera apparentemente "piccola" che però affronta il mistero più grande di tutti: cosa passa per la testa dei nostri genitori? E per quella dei nostri figli?

I migliori film e serie tv del 2025

Una selezione delle cose che ci sono piaciute di più quest'anno, in televisione e al cinema.

Tra i 12 film in corsa per l’Oscar al Miglior film internazionale ben tre parlano di Palestina

È invece rimasto fuori dalla lista Familia: il film di Francesco Costabile, purtroppo, non ha passato neanche la prima selezione dell’Academy.