Hype ↓
18:05 mercoledì 17 dicembre 2025
La Romania spenderà un miliardo di euro per costruire Dracula Land, un enorme parco giochi a tema vampiri Il parco verrà costruito vicino a Bucarest e l'intenzione è di competere addirittura con Disneyland Paris.
Tra i 12 film nella shortlist dell’Oscar al Miglior film internazionale ce ne sono tre che parlano di Palestina È invece rimasto fuori dalla lista Familia: il film di Francesco Costabile, purtroppo, non ha passato neanche la prima selezione dell’Academy.
I sostenitori di Trump sono andati sotto l’ultimo post Instagram di Romy Reiner a festeggiare la morte del padre A fomentare ulteriormente il loro odio è stata la breve didascalia del post che contiene una frase contro Trump.
La Spagna introdurrà un abbonamento mensile di 60 euro per viaggiare con tutti i mezzi pubblici in tutto il Paese È il secondo Paese in Europa che prende un'iniziativa simile: prima c'era stata la Germania, il cui abbonamento mensile costa anche meno.
Amazon installerà nei Kindle una AI che ti spiega i libri se non li hai capiti
 La nuova funzione si chiama "Ask This Book” e servirà ai lettori confusi, distratti o non proprio sveglissimi.
Il distributore americano Neon ha organizzato una proiezione per soli manager di No Other Choice di Park Chan-wook, che è un film su un uomo che uccide manager Con tanto di lettera indirizzata a tutti i Ceo delle aziende Fortune 500, invitati a vedere il film il 17 dicembre a New York alle ore 17 locali.
Zohran Mamdani ha fatto una performance in un museo di New York invitando i cittadini a dirgli quello che pensano di lui Ispirandosi alla celebre performance di Marina Abramović, il sindaco ha offerto colloqui di tre minuti a chiunque volesse parlargli.
Negli anni ’60 la Cia ha perso un ordigno nucleare sull’Himalaya e ancora non l’ha ritrovato Nel 1965, sulla vetta di Nanda Devi, l'intelligence americana ha perso un dispositivo alimentato a plutonio. È ancora lì, da qualche parte.

I pettegolezzi degli scrittori in vacanza

Resoconto di un'estate fatta di gossip, piccole invidie, competizione a distanza.

28 Agosto 2020

Se da giovane aspirante romanziera avessi immaginato una vacanza estiva con dei veri scrittori, avrei ambientato la fantasticheria in Svizzera, con abiti ottocenteschi e atmosfere simili a quelle che descrive Mary Shelley quando ricorda la genesi di Frankenstein. Il brutto tempo ci avrebbe costretti in casa, lontano dalle rive malinconiche di un lago montano, e ci saremmo ritrovati tra le mani “volumi di storie di fantasmi tradotte in francese dal tedesco” (come no). A quel punto, il Lord Byron del 2020 avrebbe lanciato l’idea di una piccola competizione di ghost stories, e così sarebbe nato un best-seller. Non è esattamente così che sono trascorse le serate agostane con un pugno di amici scrittori e giornalisti dopo la pandemia. Tra gli indubbi vantaggi di una compagnia intellettuale, elencherei le mascherine sempre a portata di mano (non sul gomito o sul mento, ma sul naso o in una shopper Einaudi) e l’aggiornamento continuo e gratuito sul mondo della cultura e della politica internazionale, che continuava a bussare ansiosamente ai loro dispositivi (io, per fortuna, avevo affogato il telefono in un secchiello il primo giorno di mare).

E così, non c’era melone che venisse consumato senza dedicare uno sferzante commento all’ultimo Strega, un motto dileggiante i lettori sensibili del New York Times o uno strale sulla “cancel culture”. Ogni abluzione nel Tirreno poteva riservare la sorpresa di un vibrante accenno a Black Lives Matter, e i figli di tre anni ci rispondevano davvero “Ok, boomer.”  Era un sollievo non dover sprecare le serate parlando dei compiti delle vacanze o indignandosi genericamente per i parlamentari che hanno chiesto il bonus, come sarebbe capitato con la maggior parte degli amici non-scrittori. Ed era confortante sapere che ogni grigliata poteva trasformarsi in un book club sull’ultimo Adelphi, mentre attorno a noi svaporava, assieme allo zampirone, la coda fumosa di un discorso sulle fiere del libro a distanza.

Personalmente, da tempo mi sono un po’ defilata per pudore e pigrizia dalla focosa battaglia di like, pezzi e recensioni cui ogni scrittore nell’era di Internet deve sottoporsi forzatamente per conservare un minimo decoro. E così, potevo osservare – vilmente schermata dal mio ruolo di spettatrice non pagante – la trama sottile e intricata dei fili della competizione e dell’invidia, tesi senza volere da ciascun bagnante in direzione dei propri consimili, mentre cercava disperatamente di capire non se l’amico se l’intendesse con sua moglie (come in un film estivo di Muccino), ma se il collega avrebbe messo questa storia in un romanzo, se stesse scrivendo qualcosa, o progettando di scrivere qualcosa, e se l’opera parlava di bestie o poteva inserirsi a pieno titolo nell’ondata del #MeToo. Forse, alcune domande curiose erano effettive finestre di generosità su altri mondi creativi, ma a me suonavano sempre come rassicurazioni sul fatto che il vicino di sdraio non la sapesse più lunga e non ti soffiasse l’idea, magari con un editore più blasonato.

Peggio di questo continuo e strano corpo a corpo tra amici fraterni, era il confronto con i rivali assenti: cosa avessero malauguratamente detto, twittato, pubblicato oggi, e su quale buccia di banana digitale fossero scivolati. Avete visto l’editoriale di quella scrittrice a proposito del dibattito sulla classe dirigente? Si vede che non pensa neanche una delle cose che ha scritto! E quanto è patetico Tizio a twittare il suo cordoglio per Beirut coi toni di un capo di Stato? E come osa quell’altra scrivere male dell’evento che organizzo anch’io? Ma come fa certa gente a non vergognarsi a pubblicare il suo memoir? E a fare retweet col proprio trauma infantile!

Detto così, potrebbe sembrare semplicemente che io abbia passato l’estate con degli stronzi, ma so per esperienza che i bersagli del nostro gossip letterario erano altrettanto attivi, su altre rive, a smontare alacremente articoli, romanzi e tweet altrui, e a godere com’è ovvio delle gaffe dei rivali. Non è qualcosa che riguarda le mie frequentazioni, l’estate, né l’estate del virus; e forse, a ben vedere, non è neanche tanto vero che gli scrittori sono più pettegoli delle altre categorie. A essere ingenua, era la mia immagine della comunità intellettuale, la quale, oggi come nell’Ottocento, e similmente a ogni altra comunità umana, si fonda sul pettegolezzo, che per inciso è pure ciò che ci ha distinto dalle scimmie e ci ha permesso di diventare così intelligenti: tanto da poter aspirare a essere, nell’era di Internet, tutti scrittori (e tutti ciarlatani).

Mentre mi sentivo in colpa a aspettare i cadaveri degli Strega passare sull’acqua, leggevo Caro Michele, della Ginzburg. «Io apprezzo moltissimo l’intelligenza», è la frase più ripetuta dai diversi personaggi. «Mi piaceva che fosse così intelligente, che sapesse un mucchio di cose che io non so… la sua intelligenza mi sembrava lunga come una coda». Com’ero d’accordo! Con la grazia dell’intelligenza, era possibile convincermi perfino della bontà degli asterischi nei plurali! E però, fa dire la Ginzburg a un suo personaggio, alla fine ho capito che non sapevo che farmene, di tutta quell’intelligenza. Ecco, io sento di poter fare a meno di tutti i neuroni sprecati a ridimensionare i talenti altrui.

Non conosco il modo di passare le estati della Ginzburg, ma una giovane scrittrice alla quale consegnai un premio letterario mi disse che era facile avere tanti figli e scrivere come Natalia, che in Abruzzo aveva la servitù! Ecco, quella giovane poetessa aveva già confezionato un’incredibile scusante al proprio eventuale flop: addirittura un attacco allo status quo della Ginzburg mentre era in confino politico. Ora potrei dire che, invece di prendercela con gli altri, dovremmo sgobbare sui romanzi che non scriveremo mai, presi come siamo ad annaspare nel grande mare della scrittura rapida e semi gratuita; ma la realtà è che la mia stessa visione è forse adulterata dall’invidia, e non sono proprio nella posizione di dare consigli ai colleghi, che invece dovrei ringraziare per tutta l’intelligenza che mi hanno passato per osmosi, nel mare. E tuttavia, rimango avida delle parole dei miei nemici, specialmente se sono taglienti verso i miei amici. E, siccome non ho nessuna vera scusa per la mia inconsistenza al cospetto dei miei ambiziosi compagni di viaggio, preferisco fare ghosting sia sui social che in spiaggia. Forse, un giorno, scriverò una ghost story.

Articoli Suggeriti
Leggi anche ↓
I migliori film e serie tv del 2025

Una selezione delle cose che ci sono piaciute di più quest'anno, in televisione e al cinema.

Tra i 12 film nella shortlist dell’Oscar al Miglior film internazionale ce ne sono tre che parlano di Palestina

È invece rimasto fuori dalla lista Familia: il film di Francesco Costabile, purtroppo, non ha passato neanche la prima selezione dell’Academy.

Mick Herron resta un convinto pessimista, nonostante il successo di Slow Horses

Da pendolare e scrittore part time ad autore di una saga diventata una delle serie tv più amate di questi anni: una conversazione con Mick Herron su spie, terrorismo, depressione, meteo inglese e Gary Oldman.

Rob Reiner voleva che tutti vivessero felici e contenti

Era amato dal pubblico, era amato dai critici, era amato dagli attori, era amato dagli sceneggiatori: Reiner è stato uno dei maestri americani, una delle più influenti e carismatiche personalità mai viste a Hollywood.

Cosa c’è nei primi sei minuti dell’Odissea di Christopher Nolan che sono già stati mostrati nei cinema americani

Se vi state chiedendo se si vede il Polifemo animatronico annunciato dal regista, la risposta è sì. Però poco.

di Studio
I migliori libri del 2025

Dieci libri selezionati dalla redazione di Rivista Studio tra tutti quelli usciti quest'anno.