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08:46 venerdì 28 novembre 2025
Dopo quasi 10 anni di attesa finalmente possiamo vedere le prime immagini di Dead Man’s Wire, il nuovo film di Gus Van Sant Presentato all'ultima Mostra del cinema di Venezia, è il film che segna il ritorno alla regia di Van Sant dopo una pausa lunga 7 anni.
Un esperimento sulla metro di Milano ha dimostrato che le persone sono più disponibili a cedere il posto agli anziani se nel vagone è presente un uomo vestito da Batman Non è uno scherzo ma una vera ricerca dell'Università Cattolica, le cui conclusioni sono già state ribattezzate "effetto Batman".
Secondo una ricerca dell’università di Cambridge l’adolescenza non finisce a 18 anni ma dura fino ai 30 e oltre Secondo nuove analisi neuroscientifiche, la piena maturità cerebrale degli adulti arriva molto dopo la maggiore età.
I fratelli Duffer hanno spiegato come settare la tv per guardare al meglio l’ultima stagione di Stranger Things I creatori della serie hanno invitato i fan a disattivare tutte le “funzioni spazzatura” delle moderne tv che compromettono l'estetica anni '80 di Stranger Things.
L’incendio di Hong Kong potrebbe essere stato causato dalle tradizionali impalcature in bambù usate nell’edilizia della città Le vittime accertate sono 55, ci sono molti dispersi e feriti gravi. Sembra che il rogo sia stato accelerato dal bambù usato nei lavori di ristrutturazione.
L’Onu ha definito Gaza «un abisso» e ha detto che ci vorranno almeno 70 miliardi per ricostruirla Quasi sicuramente questa cifra non sarà sufficiente e in ogni caso ci vorranno decenni per ricostruire la Striscia.
Anche quest’anno in Russia è uscito il calendario ufficiale di Vladimir Putin Anche nel 2026 i russi potranno lasciarsi ispirare dalle foto e dalle riflessioni del loro presidente, contenute nel suo calendario
Sarkozy è stato in carcere solo 20 giorni ma dall’esperienza è riuscito comunque a trarre un memoir di 216 pagine Il libro dell’ex presidente francese sulla sua carcerazione lampo a La Santé ha già trovato un editore e verrà presto pubblicato.

Franz Reichelt, l’uomo che morì provando a volare

Il libro di Étienne Kern, vincitore di quest’anno del premio Goncourt per l’esordio narrativo, racconta la storia del sarto aspirante paracadutista che si lanciò dalla Torre Eiffel.

11 Ottobre 2022

Leonardo da Vinci alla fine del ‘400, mentre era a Milano, si dedicò a quello che verrà poi chiamato Grande Nibbio, una macchina volante che permetterebbe all’uomo di librarsi in cielo con delle ali che somigliavano a quelle di un rapace e di un pipistrello. Tornato a Firenze vennero fatte addirittura delle prove giù per una collina di Fiesole, dove il suo collaboratore, Tommaso Masini, riportò diverse fratture alle gambe cercando di alzarsi in cielo. «Piglierà il primo volo il grande uccello, sopra del dosso del suo magno cecero, empiendo l’universo di stupore, di sua fama tutte le scritture e gloria eterna il nido dove nacque», scrive Leonardo alla fine del suo incompiuto Codice sul volo degli uccelli. La strada dell’aviazione è lastricata di ossa rotte. Si può andare indietro all’infinito, passando per Dedalo e Icaro, alla ricerca del perenne desiderio dell’uomo di alzarsi in cielo, invidioso della libertà degli uccelli di fluttuare tra le nuvole. «Per lo libero ciel fan mille giri», scriverà Leopardi, «voli imprevedibili ed ascese velocissime, traiettorie impercettibili, codici di geometria esistenziale», canterà Battiato. Fascinazione, ammirazione e gelosia eterna quella per il volo per il povero bipede costretto a stare coi piedi per terra, e anche pratica mistica, come racconta Errico Buonanno in Vite straordinarie di uomini volanti: prima che Newton scoprisse la forza di gravità a volte i santi estatici levitavano, come Teresa d’Avila o fra Giuseppe da Copertino. Ma con le grandi rivoluzioni industriali, con l’invenzione di mongolfiere e poi degli aerei, raggiunto quindi l’obiettivo millenario di alzarsi, diventa necessario trovare un modo non più per volare, ma per tornare sani e salvi sulla terra. Certo, anche a questo ovviamente Leonardo ci aveva già pensato – un paracadute triangolare in lino inamidato – ma mancava la possibilità di tenerlo chiuso in un velivolo e che si aprisse solamente al bisogno, lanciandosi ad esempio da un aereo in panne.

Nell’epoca in cui, per via dei lasciti umorali della guerra franco-prussiana, i tedeschi non erano proprio ben visti a Parigi, un sarto boemo nato nel 1878 cercò di “inventare” il paracadute pieghevole. Si chiamava Franz Reichelt. Negli anni dieci, dopo la visita dei fratelli Wright e la traversata della manica (Calais-Dover in 32 minuti) di Louis Blériot, che aveva investito nell’aviazione il patrimonio guadagnato inventando i fanali per auto, la mania per il volo nella sua declinazione ingegneristica raggiunse un apice, che si indirizzò in breve nell’industria militare trasformando, di lì a pochi anni, le dinamiche e le strategie della prima guerra mondiale. Reichelt aveva un suo atelier di moda in Rue Gaillon, non lontano dall’Operà, anche di discreto successo. Nel cortile del palazzo provò più volte a testare i paracaduti di sua invenzione, pieghevoli, integrati in una tuta da aviatore, lanciando dei manichini dalle finestre. Si trattava di una tuta gommata con all’interno pistoni. Nel 1911 viene offerto dal Aéro-Club de France un premio di 10.000 franchi, il premio Lalance, per chi avesse inventato un paracadute sicuro per i piloti. Questo aumentò ancora di più il desiderio di Reichelt, che riuscì finalmente ad ottenere il permesso per provare il suo paracadute dalla Tour Eiffel e quando, nella mattina del 4 febbraio 1912 si presentò al primo piano della torre, tutti pensavano che avrebbe gettato uno dei suoi manichini. Fu anche la giustificazione del prefetto della polizia che gli aveva dato il permesso. Reichelt, con addosso la sua invenzione, si gettò infatti dalla torre e morì creando a terra un piccolo cratere. Esiste un suo video, lui in piedi coi baffoni, imbardato nella sua invenzione, su uno sgabello al primo piano della torre. Salta e finisce dritto a terra, circondato subito da una piccola folla di curiosi dispersi in breve dalla polizia. «Sarebbe bello se fosse stato uno sketch. Charlie Chaplin nel ruolo del ballerino sulla sedia. Buster Keaton interpreta l’inventore del paracadute che non si apre. Su internet ti piazzi ai primi posti nelle classifiche delle morti più stupide della storia. Si fa ironia. Si prende in giro quel costume da supereroe mancato», scrive Étienne Kern, che ha dedicato a Reichelt la sua prima opera di narrativa, Il sarto volante (appena uscito in italiano per l’Orma, tradotto da Anna Scalpelli). Il libro ha vinto quest’anno il Goncourt per l’esordio narrativo.

Anche se a volte eccessivamente sentimentale nel tentativo di riempire quei vuoti personali, quelle dinamiche private del sarto inventore, il libro di Kern vive di un’urgenza sentita nel cercare di approfondire i motivi dietro il gesto di Reichelt. Suicidio? Arroganza? Cieca fede nel progresso tecnologico? Ma non solo, l’ossessiva ricerca sulla vita del sarto è alimentata per Kern da una serie di eventi che hanno portato via all’autore persone amate, amiche malate e parenti sbadati, cadute da finestre per errore o per desiderio di farla finita. Il doppio piano, le incursioni intime dell’autore, mostrano che quando si lavora a un libro che nasce per caso, da una fotografia, da un titolo letto di sfuggita su una rivista, nella fase dell’ideazione e della ricerca, si trovano dentro di noi i motivi veri, profondi, per cui quel tema o quel personaggio ci interessava. La curiosità per un sarto boemo morto dalla Tour Eiffel diventa auto-fiction e un modo per ragionare sui propri morti.

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