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07:35 mercoledì 5 novembre 2025
Ogni volta che va a New York, Karl Ove Knausgård ha un carissimo amico che gli fa da cicerone: Jeremy Strong E viceversa: tutte le volte che l'attore si trova a passare da Copenaghen, passa la serata assieme allo scrittore.
È uscito il trailer di Blossoms, la prima serie tv di Wong Kar-Wai che arriva dopo dodici anni di silenzio del regista Negli Usa la serie uscirà il 24 novembre su Criterion Channel, in Italia sappiamo che verrà distribuita su Mubi ma una data ufficiale ancora non c'è.
È morta Diane Ladd, attrice da Oscar, mamma di Laura Dern e unica, vera protagonista femminile di Martin Scorsese Candidata tre volte all'Oscar, una volta per Alice non abita più qui, le altre due volte per film in cui recitava accanto alla figlia.
L’attore e regista Jesse Eisenberg ha detto che donerà un rene a un estraneo perché gli va e perché è giusto farlo Non c'è neanche da pensarci, ha detto, spiegando che a dicembre si sottoporrà all'intervento.
A Parigi c’è una mensa per aiutare gli studenti che hanno pochi soldi e pochi amici Si chiama La Cop1ne e propone esclusivamente cucina vegetariana, un menù costa 3 euro.
Il Premier australiano è stato accusato di antisemitismo per aver indossato una maglietta dei Joy Division Una deputata conservatrice l’ha attaccato sostenendo che l’iconica t-shirt con la copertina di Unknown Pleasures sia un simbolo antisemita.
Lo scorso ottobre è stato uno dei mesi con più flop al botteghino nella storia recente del cinema In particolare negli Stati Uniti: era dal 1997 che non si registrava un simile disastro.
La neo premio Nobel per la pace Maria Corina Machado ha detto che l’intervento militare è l’unico modo per mandare via Maduro La leader dell’opposizione venezuelana sembra così approvare l'iniziativa militare presa dall'amministrazione Trump.

Un Sanremo dopo l’altro

A finale non ancora disputata, ci chiediamo cosa resterà di questo Festival, mentre già si parla del prossimo, il settantesimo.

09 Febbraio 2019

Chi ci sarà dopo di te, respirerà il tuo cachet pensando che sia il mio? A finale non ancora disputata, serpeggia la domanda più spinosa del Festival. In realtà va avanti così da giorni, anzi da prima, ogni anno è la stessa solfa: importa il pre più del durante, e figuriamoci del dopo. È (pre) tutto un toto-presentatore, toto-valletti, e ovviamente toto-polemiche. Poi (durante) il solito che noia che barba che barba che noia, ma sempre tutti lì incollati a guardare per cinque sere, le stecche i vestiti brutti la cartolina del Comune di Sanremo. Infine (dopo) tanti saluti e via, al massimo qualcuno si ciuccia pure la Domenica In dall’Ariston coi cantanti finalmente (per loro) in playback, ma la testa è già all’anno che verrà.

Figura cruciale di questo Baglioni Bis è stata Teresa De Santis, la abbastanza neo-direttora di Rai1 che, sul fronte polemiche da Tapiro d’oro, ha buttato parecchia benzina. Per un attimo abbiamo sperato in una cinque-giorni di sovranisti (i nuovi vertici della tv di Stato) contro Mister Maglietta Fina unico nome forte dell’opposizione, fedele ormai al profilo evoluzionista che gli è toccato sorprendentemente in sorte: da cantautore sentimentale e dunque qualunquista nei politicissimi anni Settanta a ultima vedetta engagé della sinistra, pure per via della casa (e della causa) lampedusana che basta come prova d’anti-gialloverdismo. Dunque era cominciata come l’annata De Santis contro Baglioni (e le sue troppo generose aperture ai migranti), o questo è quel che abbiamo voluto vederci noi. Perché poi gli ascolti sono stati buoni, tendenzialmente in linea con lo scorso miracolosissimo anno, perciò tutto è rientrato, durante le conferenze stampa la direttora ha rimarcato l’assoluta libertà autoriale lasciata al presentatore improvvisamente non più scomodo, anzi «grande musicista, ma anche grande risorsa televisiva a cui non possiamo rinunciare». E lui, da par suo, s’è lasciato andare a progressive aperture verso un impegno l’anno prossimo, chissà se ancora in video o solo come direttore artistico. Sarà un’edizione importante (il settantesimo!) e non si può fallire, fanno intuire da viale Mazzini. Tramonta dunque il sogno di un Baglioni fieramente non-governativo e dunque migrante a sua volta con un festival tutto suo, che so, su La7, terra di tutti i transfughi accolti dal liberalissimo Cairo. Peccato.

Chi ci sarà dopo non si sa, quel che c’è stato l’abbiamo visto. Que reste-t-il? Una grande vittoria degli anziani, come si conviene a uno show del primo canale. Intanto il comparto delle gilf, che però piace anche alla quota camp: Loredana Bertè, e Patty Pravo, e pure Ornella Vanoni che sbertuccia (anche lei!) la Rai, «sono venuta gratis, ma che non diventi un’abitudine!». Anche lei può correre per le primarie del Pd, e vincerle. Baglioni stesso non è più un ragazzino, e tantomeno Venditti nonostante il nero corvino, gran momento al (doppio) pianoforte il loro. E poi Pippo Baudo come al solito di passaggio, forse anche per prenotare già un altro cameo nel grande anniversario dell’anno prossimo. E dire che, fanno sempre sapere nelle eccezionali conferenze stampa, mai come quest’anno è cresciuta tra gli spettatori la fascia 8-14 anni. I bambini guardano Nino D’Angelo, altro che Rovazzi.

Loredana Berte e Irene Grandi durante la serata dei duetti, l’8 febbraio 2019 (Daniele Venturelli/Getty Images)

Il resto è il solito Festival, anzi è stato: manca la finale, ma che potrà mai succedere oramai. Cast inappuntabile con molti ingressi dalla scena cosiddetta nuova, bravo Baglioni. Ma, a meno che non porti un gran pezzo (Achille Lauro, Mahmood), all’Ariston anche se sei giovane sembri comunque un vecchio: gli Ex-Otago, coi loro hipster-calzini bianchi, parevano i Nomadi. Ma pure Einar e Irama, che suonano come sigle della nuova finanziaria, e Ghemon col suo r’n’b fuori dal tempo, Federica Carta e Shade (chi?), BoomDaBash irricordabili fin dal nome, ed Enrico Nigiotti col suo tremendo inno passatista: «Centri commerciali al posto dei cortili, […] si parla più l’inglese dei dialetti nostri», ci mancano solo la Tav invece dei treni a vapore e i vaccini al posto del buon vecchio canarino che leva tutti i malanni. Da non mandare all’Eurofestival, per favore: ci basta essere gli ultimi per crescita economica, non facciamo sapere a tutto il continente che lo siamo anche alla voce cultura e progresso.

I vestiti belli e i vestiti brutti, le gag che lo sappiamo già non faranno ridere ma ci indigniamo comunque, i superospiti che questo Paese si merita (quella chi è, Gabriella Golia? ah no, Alessandra Amoroso), le canzoni che crescono al secondo ascolto e invece non crescono mai perché sono brutte e basta, i duetti che belli i duetti la serata più bella è quella dei duetti… Tutto finirà stasera e tutto si terrà per l’anno prossimo e, inutile dirlo, ci saremo ancora tutti lì. O forse qualcuno farà come Fedez. Mentre l’altra sera l’Italia ascoltava le canzonette, lui, nelle storie di Instagram, ha tenuto a farci sapere che stava leggendo un buon libro.

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