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L’Unione Europea ha stabilito che sapere quanto guadagnano i propri colleghi è un diritto Lo ha fatto con una direttiva che l’Italia deve recepire entro il 2026. L'obiettivo è una maggiore trasparenza e, soprattutto, contribuire alla diminuzione del gap salariale tra uomini e donne.
Grazie all’accordo tra Netflix e la Nasa ora si potrà fare binge watching anche dell’esplorazione spaziale Il servizio di streaming trasmetterà in diretta tutta la stagione dei lanci spaziali, comprese le passeggiate nello spazio degli astronauti.
Gli asini non sono affatto stupidi e se hanno questa reputazione è per colpa del classismo Diverse ricerche hanno ormai stabilito che sono intelligenti quanto i cavalli, la loro cattiva fama ha a che vedere con l'associazione alle classi sociali più umili.
In Turchia ci sono proteste e arresti per una vignetta su Maometto pubblicata da un giornale satirico Almeno, secondo le autorità e i manifestanti la vignetta ritrarrebbe il profeta, ma il direttore del giornale ha spiegato che non è affatto così.
Una delle band più popolari su Spotify nell’ultimo mese è un gruppo psych rock generato dall’AI Trecentomila ascoltatori mensili per i Velvet Sundown, che fanno canzoni abbastanza brutte e soprattutto non esistono davvero.
A Bologna hanno istituito dei “rifugi climatici” per aiutare le persone ad affrontare il caldo E a Napoli un ospedale ha organizzato percorsi dedicati ai ricoveri per colpi di calore. La crisi climatica è una problema amministrativo e sanitario, ormai.
Tra i contenuti speciali del vinile di Virgin c’è anche una foto del pube di Lorde Almeno, secondo le più accreditate teorie elaborate sui social sarebbe il suo e la fotografia l'avrebbe scattata Talia Chetrit.
Con dei cori pro Palestina e contro l’IDF, i Bob Vylan hanno scatenato una delle peggiori shitstorm della storia di Glastonbury Accusati di hate speech da Starmer, licenziati dalla loro agenzia, cancellati da Bbc: tre giorni piuttosto intensi, per il duo.

Che succede? Il Festival di Sanremo

È stato tutto come sempre, ma mancava qualcosa.

03 Marzo 2021

“Che succede?” forse quest’edizione 2021 del Festival di Sanremo poteva iniziare così, con l’ormai celebre meme di Morgan dell’edizione scorsa, uno degli ultimi momenti di ignara normalità che ora ricordiamo con nostalgica gioia. Il Festival quest’anno invece va in onda con il teatro vuoto, il distanziamento, i musicisti dell’orchestra con le mascherine, i fiori portati con il carrellino. Nonostante tutto, nonostante le minacce di annullamento, di posticipazione alla prossima estate, del pubblico prima fatto di 300 fantomatici figuranti tamponati ospitati in una crociera e poi lasciati a casa, la 71sima edizione di Sanremo c’è e lotta insieme a noi.

Non potevamo non avere il nostro Festival della Canzone Italiana, il nostro rito collettivo a lamentarci che le canzoni non sono più quelle di una volta, ma poi almeno qualcuna diventerà un classico che intoneremo quando torneremo ancora a cantare, che i siparietti non fanno ridere e che gli ospiti a cosa servono se non a farci tirare tardi, ché già ci sono 26 cantanti in gara e forse basterebbero e avanzerebbero. Dateci almeno una settimana di vecchie abitudini, di tweet con o senza hashtag, con i gruppi d’ascolto ma ok, vanno bene anche su Whatsapp. Fateci cantare “Fai Rumore” di Diodato e fateci pensare che, come sempre, tutto ci sembra meglio prima.

Il Festival mette tutta l’Italia davanti alla stessa cosa, dopo che per un anno abbiamo più o meno tutti le stesse abitudini, come prigionieri. Qualcuno soffre d’insonnia ma quasi tutti andiamo a letto presto (e allora che senso ha fare serate che durano sei ore) e intanto accendiamo la tv. Abbiamo tutti fatto il pane e la pizza, cantato dai balconi, pensato per un attimo che forse sarebbe andato tutto bene e ci saremo riabbracciati più forte domani, per cui eccoci a soffiare la candelina di un anno di restrizioni con un grande spettacolo in eurovisione, tutti sintonizzati, dateci qualcosa per dimenticare quello che c’è fuori. Amadeus e Fiorello anche quest’anno conducono insieme con lo schema per cui Amadeus fa quello serio che guarda l’amico simpatico far ridere parlando di culi e di anuli (l’anulare del piede) e con un po’ di omofobia facile facile, bilanciata con il messaggio per la liberazione di Patrick Zaki e contro la violenza sulle donne. Poi c’è “la varietà” – al femminile come la chiamava mia nonna – con le ballerine con i ventagli di piume come quelle di Fantastico.

Come sempre per ascoltare una canzone in gara bisogna aspettare le 22, giusto per far rincasare tutti per il coprifuoco. Prima, quattro Nuove Proposte, che hanno confermato, come sempre, che per non sembrare troppo nuove bisogna assomigliare a qualcuno di già esistente, ma poi per sembrare diversi bisogna avere dei nomi bizzarri che non hanno senso. Come sempre abbiamo commentato le canzoni, le esibizioni, l’inattesa disinvoltura della co-conduttrice della prima serata ( Matilda De Angelis è stata davvero molto brava), i vestiti, Zlatan Ibrahimovic che dovrebbe avere un suo programma, Fedez che ormai non si ricorda più che una volta era un cantante e ora è solo l’attore protagonista delle sue storie di Instagram, Noemi che è dimagrita, non si può dire ma sta da dio, Arisa che canta per prima, i bei pastelli Faber Castell Colapesce e Dimartino, così rétro che mancava solo la scritta Totip sullo sfondo. Come sempre, anche ieri sera è arrivato qualcuno a ricordarci che prima era tutto più bello, che vorremmo volentieri indietro i nostri vent’anni, la 600 e Loredana Bertè con il finto pancione sul palco dell’Ariston. Basta sentirle intonare la prima nota di “Mare d’Inverno” per stracciarci il cuore e cantare “Sei Bellissima” sbracciando sul divano, commossi.

Come sempre abbiamo guardato l’ora, ci siamo detti (e continueremo a dircelo nelle prossime serate): «Sì ma quando finiscono, io c’ho sonno», abbiamo visto esagerare Achille Lauro (finirà a un certo punto, si spera), ci siamo chiesti: «E questi chi sono?» e il perché di numerose cose che non abbiamo capito, tipo il tango suonato dall’orchestra della Polizia di Stato all’una e mezza di notte. Quasi tutto, in questa prima serata, è andato come sempre, ci ha confortati e fatto quasi dimenticare cosa succedeva fuori. Nonostante tutto però la sensazione che non lo fosse era palpabile. Forse non ce ne eravamo mai resi conto, ma a legare i pezzi, la scaletta, i cantanti, gli ospiti si è sentito che mancava qualcosa, un collante fatto di contatto fisico, di pacche sulla spalla e di abbracci di incoraggiamento, di applausi (veri) del pubblico o dell’indignazione, anche se quella di solito serve di più nella serata finale. Eravamo lì, quasi tutti, quasi tutti soli davanti al proprio personale apparecchio, degni eredi degli anni del boom ma senza il boom, atomizzati e chiusi in casa, con la terza ondata a bussare alle finestre.

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