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Anche stavolta il premio di Designer of the Year l’ha vinto Jonathan Anderson È la terza volta consecutiva, stavolta ha battuto Glenn Martens, Miuccia Prada, Rick Owens, Martin Rose e Willy Chavarria.
L’Oms ha detto che i farmaci come Ozempic dovrebbero essere disponibili per tutti e non solo per chi può permetterseli Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, in futuro bisognerà garantire l'accesso a questi farmaci a chiunque ne abbia bisogno.
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Il sindaco di Pesaro si è dovuto scusare perché ha coperto di ghiaccio la statua di Pavarotti per far spazio a una pista di pattinaggio Ma ha pure detto che Pavarotti resterà "congelato" fino a dopo l'Epifania: spostare la statua o rimuovere la pista sarebbe troppo costoso.
Siccome erano alleati nella Seconda guerra mondiale, la Cina vuole che Francia e Regno Unito la sostengano anche adesso nello scontro con il Giappone Indispettita dalle dichiarazioni giapponesi su Taiwan, la diplomazia cinese chiede adesso si appella anche alle vecchie alleanze.
È morto Tom Stoppard, sceneggiatore premio Oscar che ha reso Shakespeare pop Si è spento a ottantotto anni uno dei drammaturghi inglesi più amati del Novecento, che ha modernizzato Shakespeare al cinema e a teatro.
La tv argentina ha scambiato Gasperini per il truffatore che si era travestito da sua madre per riscuoterne la pensione Un meme molto condiviso sui social italiani è stato trasmesso dal tg argentino, che ha scambiato Gasperini per il Mrs. Doubtfire della truffa.

Il Festival di Sanremo come non l’abbiamo mai visto

Abbiamo provato a immaginare questa edizione senza precedenti insieme a Eddy Anselmi, giornalista, esperto di festival e autore tv.

15 Febbraio 2021

«Questo festival è un’opportunità. Un’opportunità di fare uno spettacolo diverso dal solito, senza essere schiavi dello schema che si ripete da anni: il comico che dice la sua battuta, il pubblico che ride e poi, finalmente, il cantante che si esibisce. Quest’anno è differente. Amadeus e Fiorello non hanno un pubblico in teatro, e devono concentrarsi su quello che sta a casa». Eddy Anselmi è un giornalista, esperto di musica e autore tv; nel 2020, per DeAgostini, ha pubblicato Il Festival di Sanremo, che non è solo un libro, ma  un’enciclopedia delle edizioni che sono state fatte, delle rivoluzioni, dei fallimenti e, soprattutto, delle canzoni. Quando parla dell’Amadeus bis, Sanremo numero 71, Anselmi parla di una grande sfida. «Di solito», dice, «il pubblico in sala attiva quello a casa: se ridono le persone inquadrate, ridono anche quelle che seguono Sanremo in televisione. Scegliendo chi inquadrare, il regista e gli autori provano a suscitare determinate reazioni».

ⓢ Quest’anno, invece, l’Ariston sarà vuoto.
E diventa tutto più difficile. Il presentatore, in questo caso, non è aiutato. Personalmente scriverei lo spettacolo in maniera totalmente nuova, e punterei tutto sulla gara delle canzoni. Cercherei di trasformarla in un racconto.

ⓢ In che senso?
Sono le canzoni le vere protagoniste. Sanremo non fa questa scelta dagli anni di Baudo, che spiegava ogni brano, con cura, attenzione, compiendo una scelta precisa. Da sola, la gara canora può tranquillamente reggere il festival. Ed è una cosa che, nelle ultime edizioni, non è stata sfruttata abbastanza.

ⓢ Forse perché quello che interessa di più, adesso, sono gli ospiti, i conduttori e i siparietti comici.
Ma sono le canzoni che restano. Faccio un esempio. L’anno scorso c’era il brano di Levante, “Tikibombom”, che meritava di avere più spazio. C’era un percorso che poteva essere raccontato.

Baudo, mi diceva, era più attento.
Spiegava le canzoni, introduceva l’artista, costruiva una vera e propria narrazione. L’anno scorso c’era un’altra intenzione, e va bene. Ma la verità è un’altra: Sanremo viene visto per le canzoni. Il resto è un contorno, è superfluo. Quando hanno provato a ridurre le canzoni in finale, nel 2006, Sanremo è crollato. È stata una delle edizioni meno seguite della storia del festival.

ⓢ Ha già ascoltato le canzoni di quest’anno?
Non ancora. Ma preferisco sentire le canzoni dal vivo, durante le prove. Onestamente, apprezzo poco gli articoli sui brani se non posso ascoltarli. Spesso i colleghi non si accorgono della loro forza. Qualcuno aveva notato Gabbani, per esempio. Qualcun altro Lo Stato Sociale. Ma nessuno era riuscito a prevederne il successo. Con Diodato, l’anno scorso, è andata diversamente.

ⓢ Secondo lei perché?
Perché i pezzi vanno ascoltati, masticati e digeriti. Non basta l’audio. Bisogna vedere i cantanti. Per questo le prove sono diverse. Perché vedi l’artista, vedi quello che sa fare, quello che vuole ottenere, e puoi percepire il risultato finale.

ⓢ C’è qualche sorpresa in questa edizione?
Non mi aspettavo gli Extraliscio con Davide Toffolo, La Rappresentante di Lista e I Coma_Cose. Il mondo indie è estremamente interessante. Mi incuriosiscono molto Colapesce e Dimartino. Non conoscevo Random, ma avevo già sentito il nome di Aiello.

ⓢ E poi?
E poi c’è Gaia, che è nel giro di Amici. Amici in questi anni, dopo Marco Carta nel 2009, è cresciuto, è migliorato, ha selezionato artisti sempre più bravi e importanti.

ⓢ Era inevitabile fare Sanremo?
Assolutamente sì. La televisione non si è fermata. Lo spettacolo dal vivo, è vero, ha sofferto. Ma lo spettacolo a distanza ha resistito.

ⓢ Sarà un’edizione diversa, mi diceva. Ma in Rai riusciranno a cambiare in tempo?
In Rai ci sono tantissime professionalità. Ma ci sono anche i team di autori che seguono i conduttori e i direttori artistici. Tocca a loro ripensare Sanremo. Le circostanze sono cambiate,  ma l’evento centrale è sempre lo stesso.

ⓢ Qualcuno ha criticato questa scelta: mentre si lavora al festival, cinema e teatri restano chiusi.
Ma non è Sanremo il problema. Sanremo rimane uno show, un programma televisivo, che simboleggia qualcosa e che si muove su un altro piano, in un’altra dimensione. Altri programmi tv, come il Maurizio Costanzo Show, sono stati fatti. E poi Sanremo può rappresentare un precedente importante, essere un esempio, un caso da studiare.

ⓢ Com’è cambiato Sanremo in questi anni?
Sanremo nasce come opportunità per gli editori di inserire le proprie canzoni all’interno dei palinsesti radio. Successivamente gli editori musicali sono diventati discografici e sono nati gli impresari. Tutti avevano lo stesso interesse: produrre dischi e far conoscere i cantanti. Alla fine, negli anni Novanta, Sanremo è diventato un prodotto prettamente televisivo. Il successo, a quel punto, non si è misurato più in dischi venduti, ma in ascolti, in share.

ⓢ E oggi?
Oggi Sanremo è una parte fondamentale, importantissima, del bilancio Rai. Perché può aiutare la televisione pubblica con il suo deficit. Alcune persone dicono che è uno spreco, e invece è una risorsa. Una risorsa importante.

ⓢ Si parla già di un Amadeus ter.
Ci sta voler fare un altro festival senza questi problemi, senza questa emergenza. I mandati di Sanremo, secondo me, dovrebbero essere triennali o quadriennali. Proprio per dare spazio a quegli autori che lavorano dietro le quinte.

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