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Cosa sappiamo sul riscaldamento climatico

Come sappiamo che la Terra si sta riscaldando? E perché sarebbe un male? È davvero colpa dell'uomo? Ma non stavamo andando verso una glaciazione? Alcune domande frequenti sul global warming con le relative risposte.

di Anna Momigliano

L’ultimo rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) ha riaperto il dibattito sul riscaldamento climatico. La prestigiosa organizzazione internazionale sostiene che ci stiamo avvicinando al “punto di non ritorno” e che se vogliamo evitarlo dobbiamo tagliare drasticamente le emissioni di gas serra. Tuttavia sulla stampa, e in particolare sul Wall Street Journal, sono apparse le critiche di alcuni scienziati che dissentono con alcuni aspetti del dossier.  Nel frattempo, al di fuori della comunità scientifica c’è ancora chi dubita che il clima stia cambiando, che questo cambiamento sia attribuibile alle azioni dell’uomo e, non ultimo, che questo comporti un rischio.

“Come sappiamo che la Terra si sta riscaldando?”, “il clima non cambia anche per cause naturali?”, “ma non si diceva che stiamo andando verso una glaciazione?” sono domande piuttosto comuni. Per rispondere abbiamo messo a punto questa breve sintesi.

 

Siamo sicuri che la temperatura stia aumentando?

Sì. È dalla seconda metà dell’Ottocento che l’uomo misura costantemente la temperatura globale media, anche se le misurazioni sono diventate molto più precise a partire dagli anni Cinquanta del Novecento.  La stragrande maggioranza della comunità scientifica è concorde nel sostenere che la temperatura si sta alzando, anche se esiste qualche divergenza sulla quantificazione esatta di questo riscaldamento.  La stima più frequentemente citata è quella dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), secondo cui tra il 1880 e il 2012, la temperatura media della Terra è aumentata di circa 0,85 gradi.  A questo inoltre bisogna aggiungere che fino al 1915 le temperature sono rimaste piuttosto stabili, mentre sono aumentate costantemente tra il 1915 ed oggi: di conseguenza la variazione è avvenuta soprattutto negli ultimi 100 anni. Finora il 2014 è l’anno più caldo mai registrato (dati relativi a gennaio-settembre).

(Fonti: Fifth Assessment Report dell’IPCC e National Climatic Data Center)

Non sembra poi così grave: 0,84 gradi in 132 anni.

Da un punto di vista geologico è un riscaldamento rapidissimo. Per fare un paragone di quali sono i tempi geologici, basti pensare a quello che è successo dopo l’ultima glaciazione, che si è conclusa circa 10 mila anni fa. Gli scienziati stimano che rispetto all’era glaciale la temperatura sia aumentata tra i 4 e i 7 gradi e che questo cambiamento sia avvenuto nell’arco di 5 mila anni, approssimativamente. Ricapitolando: l’ultima volta che il pianeta si è riscaldato ci ha messo 5 mila anni ad acquistare, nella più estrema delle ipotesi, 7 gradi. Adesso ha acquistato 0,84 gradi in cent’anni circa. Il pianeta non si è mai riscaldato così in fretta negli ultimi 11mila anni e il problema sta proprio in questa “velocità” senza precedenti.
(Fonte: Science)

 

Come si spiega allora che ci sono stati inverni molto freddi?

Negli ultimi anni si sono verificati inverni rigidi, specialmente nel Nord degli Stati Uniti, il che ha portato alcuni scettici a mettere in dubbio il riscaldamento climatico. In realtà il fatto che alcune zone specifiche registrino temperature molto basse in alcuni periodi specifici non smentisce di per sé che il pianeta nel suo complesso si stia riscaldando. Inoltre alcuni ricercatori hanno ipotizzato che l’innalzamento delle temperature nel circolo polare artico (che si sta riscaldando più velocemente del resto del pianeta) potrebbe avere contribuito a raffreddare gli inverni alle medie latitudini. Il fatto che i ghiacci si stiano sciogliendo al Polo Nord starebbe alterando il vortice polare, alimentando il flusso di venti freddi verso Sud.
(Fonte: Yale Center for Climate Communication)

 

Ma il clima non cambia anche per cause naturali?

Certamente. Il clima del pianeta è cambiato molte volte, anche prima della comparsa dell’uomo. Uno dei cambiamenti più noti e studiati è l’avvento delle ere glaciali, che si sono alternate in clicli più o meno regolari negli ultimi tre milioni di anni. Nei 500 milioni di anni precedenti è probabile che la Terra fosse molto più calda di oggi. Il clima della Terra può cambiare per molte ragioni che nulla hanno a che vedere con l’azione umana: per esempio l’inclinazione dell’asse terrestre. Tuttavia i cambiamenti climatici finora noti e dovuti a fattori “naturali” sono stati molto più lenti. Un recente studio di Stanford conclude che «il riscaldamento globale del 21esimo secolo è comparabile, per la sua portata, al più grande cambiamento climatico negli ultimi 65 milioni di anni, ma è più rapido di diversi ordini di grandezza»
(Fonti: National Geophysical Data CenterScience).

 

Come facciamo a sapere che le azioni dell’uomo hanno un impatto sul clima?

L’aumento della temperatura degli ultimi cento anni – che come spiegavamo prima sta avvenendo a una velocità senza precedenti – corrisponde temporalmente alla diffusione dell’industrializzazione. Nello stesso periodo temporale sono aumentati a dismisura anche i cosiddetti gas serra, come l’anidride carbonica: si tratta di sostanze presenti in natura che però vengono anche prodotte dall’uomo, specie con la combustione di combustibili fossili. Dunque il rapporto di causa-effetto è piuttosto chiaro: l’industrializzazione ha portato all’aumento dei gas-serra, che a sua volta ha portato a un aumento “innaturale” della temperatura. Gli scienziati mettono a confronto i dati che registrano l’aumento effettivo della temperatura e modelli che simulano i cambiamenti climatici che ci sarebbero comunque anche senza l’uomo. Come si può vedere da questo grafico la differenza è davvero notevole
(Fonte: Fourth Assessment Report dell’IPCC)

 

E perché tutto questo sarebbe un male?

Da mettere prima di tutto in chiaro: il riscaldamento climatico non è un danno per il pianeta, è un danno per l’uomo (e con esso altre specie). In pratica, il rischio non è, come talvolta si sente dire, quello di “distruggere la Terra”, bensì di rendere una Terra un luogo inospitale per specie come la nostra. Tra le conseguenze del riscaldamento climatico, c’è l’inaridimento di alcune zone: i deserti avanzano, mentre le zone già aride diventano sempre più aride, diventando di fatto non più coltivabili. Poi c’è l’innalzamento del livello del mare, con il conseguente rischio di inondazioni. Il continente che rischia di essere più danneggiato attualmente è l’Africa: si stima che da qui al 2020 l’accesso della popolazione africana al cibo potrebbe peggiorare di molto. Molti scienziati ritengono inoltre che l’innalzamento della temperatura media stia facendo aumentare la probabilità di “eventi estremi” come uragani e ondate di calura inusuale. Si tratta di vedere la cosa in termini di probabilità statistica: eventi del genere si sono sempre verificati, ma la loro probabilità sta aumentando.
(Fonti: NasaFourth Assessment Report dell’IPCC).

 

C’è chi dice che stiamo andando verso una glaciazione. Allora perché preoccuparsi del riscaldamento climatico?

Negli ultimi tre milioni di anni le ere glaciali si sono alternate in clicli più o meno regolari, di circa 100 mila anni. Sulle cause esistono teorie discordanti. Una di queste attribuisce il raffreddamento ciclico del globo al cosiddetto “ciclo di Milankovitch”: si tratta di cambiamenti sistematici nell’orbita terrestre che, cambiando l’angolazione dei raggi solari, portano ciclicamente a estati più rigide nelle regioni più a Nord. In ogni caso l’ultima era glaciale è finita “soltanto” 10 mila anni fa. Cioè decisamente poco rispetto ai tempi geologici, dunque è presumibile che la prossima avverrà nel futuro molto lontano. Riassumendo: sappiamo per certo che il pianeta si sta riscaldando, e molto in fretta, e che probabilmente continuerà farlo nel prossimo futuro. Il fatto che tra 100 mila anni ci potrebbe essere una nuova glaciazione non cambia il fatto che rischiamo di rendere il pianeta un luogo inospitale per gli esseri umani molto prima.
(Fonte: Science DailyScience)

 

Esiste un consenso scientifico sul riscaldamento climatico?

La stragrande maggioranza degli scienziati sono concordi nello stabilire che il pianeta si sta riscaldando e che le azioni umane svolgano un ruolo in questo processo. Tuttavia non tutti gli scienziati sono d’accordo sul come affrontare la questione. Anche sulla quantificazione del riscaldamento passato (i famosi 0,84 gradi dal 1880 ad oggi) la comunità scientifica pare piuttosto d’accordo. Tuttavia esistono divergenze sulla stima del riscaldamento futuro.

L’ultimo rapporto dell’IPCC (l’Intergovernmental Panel on Climate Change di cui si parlava sopra) ha recentemente lanciato un allarme sull’approssimarsi del «punto di non ritorno», di cui si è molto discusso sulla stampa italiana e internazionale: «Senza sforzi maggiori rispetto a quelli messi in campo oggi […] la fine del 21esimo secolo porterà a un alto rischio di un impatto globale grave, diffuso e irreversibile», si legge nella sintesi di 40 pagine del dossier (se v’interessa potete leggerla qui). L’IPCC ha stabilito che questo punto di non ritorno sarebbe l’innalzamento della temperatura di due gradi centigradi, rispetto all’era pre-industriale, sostenendo che se non riduciamo drasticamente le emissioni la temperatura del pianeta aumenterà di oltre due gradi nei prossimi 70 anni: sommati ai 0,8 gradi già registrati, significa che la soglia dei 2 gradi rispetto all’era pre-industriale sarà raggiunta a brevissimo. Dunque la questione è urgentissima. La climatologa Judith Curry del Georgia Tech ha criticato le raccomandazioni dell’IPCC, sostenendo che la soglia dei due gradi sarebbe «arbitraria» e che le stime sul riscaldamento nei prossimi 70 anni andrebbero viste al ribasso, probabilmente intorno agli 1,3 gradi.  Dunque anche l’urgenza va ridimensionata. Tuttavia anche Curry, spesso presentata come “scettica” del riscaldamento climatico, concorda con L’IPCC sulle stime del riscaldamento passato (qui potete leggere un suo editoriale sul Wall Street Journal).

Lo stato del dissenso all’interno della comunità scientifica è stato riassunto in un altro editoriale sul Wall Street Journal, dal fisico della NYU Steven E. Koonin, altro scienziato “dissidente”: «La questione scientifica non è se il clima sta cambiando. Si tratta di una questione risolta: si sa, per esempio, che nel corso del 20 ° secolo la temperatura superficiale media globale della Terra è aumentata di 1,4 gradi Fahrenheit [0,84 Celsius]. Né è la questione cruciale se gli esseri umani stanno influenzando il clima: non c’è dubbio nella comunità scientifica che le crescenti quantità di gas serra in atmosfera, dovute in gran parte alle emissioni di anidride carbonica derivanti dall’uso di combustibili fossili, stanno influenzando il clima. Piuttosto, la questione scientifica irrisola è: “Come cambierà il clima nel prossimo secolo, sia per influenze umane che per cause naturali?”».

 

Le immagini, tutte di Joe Raedle / Getty, provengono dal portfolio “Greenland: A Laboratory For The Symptoms Of Global Warming”