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21:19 martedì 18 novembre 2025
Il Ceo di Google ha detto che nessuna azienda si salverebbe dall’eventuale esplosione della bolla dell’intelligenza artificiale Sundar Pichai ha detto che la "corsa all'AI" è un tantino irrazionale e che bisogna fare attenzione: se la bolla scoppiasse, nemmeno Google uscirebbe indenne.
La cosa più discussa del prossimo Met Gala non è il tema scelto ma il fatto che lo finanzierà Jeff Bezos Il titolo e il tema del Met Gala di quest'anno è Costume Art, un'edizione realizzata anche grazie al generoso investimento di Bezos e consorte.
Per la prima volta è stata pubblicata la colonna sonora di Una mamma per amica In occasione del 25esimo anniversario della serie, su tutte le piattaforme è arrivata una playlist contenente i migliori 18 brani della serie.
Jeff Bezos ha appena lanciato Project Prometheus, la sua startup AI che vale già 6 miliardi di dollari Si occuperà di costruire una AI capace poi di costruire a sua volta, tutta da sola, computer, automobili e veicoli spaziali.
Le gemelle Kessler avevano detto di voler morire insieme ed è esattamente quello che hanno fatto Alice ed Ellen Kessler avevano 89 anni, sono state ritrovate nella loro casa di Grünwald, nei pressi di Monaco di Baviera. La polizia ha aperto un'indagine per accertare le circostanze della morte.
Vine sta per tornare e sarà il primo social apertamente anti AI Jack Dorsey, il fondatore di Twitter, ha deciso di resuscitarlo. A una condizione: sarà vietato qualsiasi contenuto generato con l'intelligenza artificiale.
C’è una app che permette di parlare con avatar AI dei propri amici e parenti morti, e ovviamente non piace a nessuno Se vi ricorda un episodio di Black Mirror è perché c'è un episodio di Black Mirror in cui si racconta una storia quasi identica. Non andava a finire bene.
In Cina Wong Kar-wai è al centro di uno scandalo perché il suo assistente personale lo ha accusato di trattarlo male Gu Er (pseudonimo di Cheng Junnian) ha detto che Kar-wai lo pagava poco, lo faceva lavorare tantissimo e lo insultava anche, in maniera del tutto gratuita.

Chi è Hiro Murai, il regista del video di Childish Gambino

Su Youtube dal 5 maggio, This is America ha battuto i record di visualizzazioni ed è già considerato un capolavoro. Ma chi è la mente che l'ha creato?

09 Maggio 2018

Quando si tratta di serie tv e, soprattutto, di video musicali, può capitare che lo spettatore comune sopravviva ignorando il nome del regista (coi film accade meno spesso). Può capitare di vedere video sparpagliati nel tempo, magari addirittura negli anni, realizzati per i cantanti o gruppi più diversi, e amarli e ricordarli separatamente, per poi scoprire che erano effettivamente legati da qualcosa, o meglio, da qualcuno. Ricordo ancora lo stupore con cui, improvvisamente, qualcuno mi fece scoprire che l’80% dei video che avevo amato negli anni dell’adolescenza, da un classicone come “Smack My Bitch Up” dei Prodigy a ossessioni tutte mie come “Country Girl” dei Primal Scream (per limitarmi a citarne soltanto due) erano firmati Jonas Åkerlund. Nel caso di Hiro Murai, fortunatamente, la mia scoperta arriva con un ritardo meno imbarazzante. Ma anche volendo, come avrei potuto ignorarlo? In questi giorni il regista giapponese è su tutte le bocche e tutte le pagine: è uscita proprio oggi su Gq un’approfondita intervista di Shakeil Greeley, corredata da belle fotografie di Ibra Ake, in cui si parla soprattutto di Atlanta, la serie tv scritta e recitata da Donald Glover, di cui Murai ha diretto diversi episodi).

È molto difficile trovare qualcuno che non abbia ancora visto “This is America” di Donald Glover aka Childish Gambino, comparso su Youtube il 5 maggio. Mentre scrivo ha raggiunto 47.849.489 visualizzazioni. Il pezzo è una critica spietata e rabbiosa della società americana che si trasforma, nelle mani di Murai, in una potente metafora dell’industria dell’intrattenimento, che con le sue mossette (interpretate da un Glover iper-espressivo, espressionista) e il suo politically correct (il rapper si dimena circondato da un gruppo bambini in divisa di scuola, grintosi e sorridenti) cerca di distrarre dal pandemonio che ha luogo sullo sfondo: esplosioni, spari e sparatorie, gente che scappa o che si suicida lanciandosi di sotto, un cavallo bianco cavalcato dalla morte seguito dalla macchina della polizia e molto altro. Se il brano contiene ad-lib di diversi rapper, le cui voci compaiono per aggiungere una parola o due (sono Young Thug, 21 Savage, Quavo, Slim Jxmmi e BlocBoy JB), il video contiene una serie di simboli e citazioni che rimandano alla cultura degli Stati Uniti: dalla posa di Glover mentre spara, che rimanda al personaggio di Jim Crow, ai pantaloni che indossa, che fanno parte dell’uniforme dell’esercito degli Stati Confederati, alla scena della sparatoria, che rimanda al massacro di Charleston del 2015.

This is America si accosta ai video di rapper superstar come Kendrick Lamar (“HUMBLE” diretto da Dave Meyers) e Jay Z (“The Story of O.J.”, diretto da Mark Romanek e lui stesso) e tanti altri meno famosi, perché parla di razzismo e cultura black, appropriazione, rabbia, dolore, violenza, riscatto sociale e economico. Tutto questo mentre Kanye West, come sappiamo, sembra essersi completamente rincoglionito (anche se io continuo a non crederci: prima di darmi per vinta aspetto l’uscita del nuovo disco, e intanto leggo e rileggo l’ottimo pezzo di Ta-Nehisi Coates). L’impressione che si ha guardando il video di Gambino, però, è che se ha saputo scalare così rapidamente le vette che portano dalla nicchia alla super-popolarità è stato grazie al fatto di essere molto più didascalico, semplice e crudele di quelli dei colleghi. E il merito è di Hiro Murai, del modo in cui riesce a coniugare l’espressione dell’orrore e una pulizia formale rigorosa. Gli equilibri cromatici, le composizioni formate da corpi, oggetti e architetture: ogni inquadratura sembra nata per diventare un frame virale. Non solo: le improvvise scariche delle armi da fuoco (un colpo preciso a un uomo incappucciato e una mitragliata al gruppo gospel) riescono a dare fastidio: di spari ne vediamo in continuazione, nei film e nelle serie, ma qui arrivano così, dalle mani di quello che dovrebbe essere il buono, improvvisamente e fuori contesto, e sembrano più reali del reale, toccano un punto profondo, mettendoci in bocca un sapore di morte e di paura.

La grande confidenza del regista con il protagonista del video è evidente: e infatti Murai collabora con Glover ormai da più di 5 anni, lo conosce molto bene, così come conosce le potenzialità del corpo in generale. È da quando ha finito gli studi di cinema che Murai (nato a Tokyo, vive a Los Angeles da quando ha 9 anni), realizza video musicali. A lui si deve, ad esempio, un altro piccolo capolavoro coreografico incentrato sui corpi: “Gold” (2014) di Chet Faker, in cui tre pattinatrici fluiscono a tempo di musica su una strada immersa nell’oscurità, in una danza sensuale che si allontana e si avvicina dalla telecamera. Di notte si svolge anche il video di “Take It There” (2016) di Massive Attack, Tricky e 3D, così come i primi video girati per Gambino “3005” (2013), “Sweatpants” (entrambi 2014) e “Sober (2015), dove in un fast food deserto, un Glover fattissimo si mette a importunare una ragazza con passi di danza e trovate da mago del circo finché riesce a farla ridere (ma non a conquistarla, visto che quando il suo cibo è pronto lei lo prende e se ne va). Un altro lavoro notevole è il video di “Never Catch Me “(2014) di Flying Lotus e Kendrick Lamar, scenario alquanto surreale che mescola gioia e malinconia: durante un funerale i due giovanissimi morti si risvegliano e iniziano a ballare.

Un immaginario dark esteticamente riconoscibile – scene immerse nella notte costellate di elementi surreali, magici o stranianti – che sa oscillare tra l’incubo, la sensualità e la tenerezza, ma che quando sceglie di indagare orrore e violenza lo fa con accuratezza inaudita, come dimostra la seconda stagione di Atlanta (molto più oscura della prima) e il video di “This is America” che non ha luogo di notte ma nello spazio chiuso di un capannone industriale. La notte, però, è comunque lì, in forma di metafora: un’oscurità etica, politica e sociale, dove può accadere qualsiasi cosa, mentre noi siamo distratti da altro.

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