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15:26 sabato 22 novembre 2025
Negli Usa il Parmigiano Reggiano è così popolare che un’agenzia di Hollywood lo ha messo sotto contratto come fosse una celebrity La United Talent Agency si occuperà di trovare al Parmigiano Reggiano opportunità lavorative in film e serie tv.
I farmaci dimagranti come l’Ozempic si starebbero dimostrando efficaci anche contro le dipendenze da alcol e droghe La ricerca è ancora agli inizi, ma sono già molti i medici che segnalano che questi farmaci stanno aiutando i pazienti anche contro le dipendenze.
Kevin Spacey ha raccontato di essere senza fissa dimora, di vivere in alberghi e Airbnb e che per guadagnare deve fare spettacoli nelle discoteche a Cipro L'ultima esibizione l'ha fatta nella discoteca Monte Caputo di Limisso, biglietto d'ingresso fino a 1200 euro.
Isabella Rossellini ha detto che oggi non è mai abbastanza vecchia per i ruoli da vecchia, dopo anni in cui le dicevano che non era abbastanza giovane per i ruoli da giovane In un reel su Instagram l'attrice ha ribadito ancora una volta che il cinema ha un grave problema con l'età delle donne. 
Da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco, le donazioni per Gaza si sono quasi azzerate Diverse organizzazioni umanitarie, sia molto piccole che le più grandi, riportano cali del 30 per cento, anche del 50, in alcuni casi interruzioni totali.
Lorenzo Bertelli, il figlio di Miuccia Prada, sarà il nuovo presidente di Versace Lo ha rivelato nell'ultimo episodio del podcast di Bloomberg, Quello che i soldi non dicono.
Il più importante premio letterario della Nuova Zelanda ha squalificato due partecipanti perché le copertine dei loro libri erano fatte con l’AI L'organizzatore ha detto che la decisione era necessario perché è importante contrastare l'uso dell'AI nell'industria creativa.
Per evitare altre rapine, verrà costruita una stazione di polizia direttamente dentro il Louvre E non solo: nei prossimi mesi arriveranno più fondi, più telecamere, più monitor, più barriere e più addetti alla sicurezza.

Com’è andata la moda uomo

Da Londra a Milano, passando per Firenze, le sfilate maschili non hanno convinto molto gli addetti ai lavori. Forse perché hanno poco da raccontare?

22 Giugno 2017

A questo giro, nessun completo fiorato firmato Gucci né qualche look particolarmente azzardato di Vetements è finito sulla bacheca di Selvaggia Lucarelli o su Instagram fino a diventare un meme, tanto da far passare quanto stava succedendo sulle passerelle della moda uomo nel sostanziale disinteresse del pubblico generalista. Dubbia analisi social a parte, è piuttosto vero che le sfilate maschili per la Primavera Estate 2018, iniziate l’8 giugno a Londra e proseguite tra Firenze, Milano e tuttora in corso a Parigi, non hanno convinto molto neanche degli addetti ai lavori. È una polemica cronica che conosciamo bene: dalla mancanza di originalità alla carenza di idee e nuovi nomi, il carrozzone della settimana della moda – che nel caso di Milano Moda Uomo è una definizione piuttosto pomposa, trattandosi in realtà di un weekend lungo, come nota Antonio Mancinelli su Marieclaire.it – fatica a trovare una sua compiuta espressione contemporanea. Questo non significa che non sia successo nulla di cui prender nota, perché di collezioni belle se ne sono viste, né si traduce in un automatico tracollo economico dell’industria, ma sicuramente evidenzia una volta di più quelle difficoltà di un modello che si fa fatica a ripensare.

E dire che solo lo scorso settembre Business of Fashion scriveva del «momento bellissimo» della moda italiana, ma in quel caso si recensiva un’edizione particolarmente felice di Milano Moda Donna. Per quanto riguarda la controparte maschile, invece, è innegabile che la formula della fiera allargata di Pitti continui a essere il punto di riferimento del settore e un appuntamento imperdibile per Firenze: solo nel 2016, come registra Il Sole 24 Ore, ha infatti generato un ritorno economico sul territorio pari a 392,2 milioni di euro. E se gli ospiti di quest’anno, da J.W. Anderson a Virgil Abloh di Off-White, sono stati poi meno interessanti di quelli dell’anno scorso (che erano Raf Simons e Gosha Rubchinskiy), non è una colpa da addossare agli organizzatori, così come continuare a lamentarsi dello street style di plastica all’ingresso dei Bastioni ormai lascia il tempo che trova.

Marni - Backstage - Milan Men's Fashion Week Spring/Summer 2018

Milano, d’altra parte, soffre di più e per più ragioni, nonostante gli sforzi della Camera della Moda di Carlo Capasa. Intanto per il calendario striminzito, dovuto anche al fatto che molti marchi (compreso Gucci) scelgono altri luoghi e modalità per presentare le proprie collezioni, quindi per la ripetitività e la poca brillantezza delle proposte. Ci sono delle eccezioni, certo: a cominciare da Francesco Risso, che inizia a costruire il suo universo da Marni, oppure ancora la collezione di Fendi, disegnata da Silvia Venturini Fendi, e quella di Alessandro Sartori per Zegna. Nelle prime righe della sua recensione su BoF, tuttavia, Angelo Flaccavento dice di essere «ufficialmente preoccupato» per Milano e prosegue a spiegarne lucidamente il perché: al di là dei brand che hanno fatto la fortuna della moda italiana nel mondo, chi sono oggi gli autori da tenere in considerazione e cos’hanno da dirci? Passando in rassegna i casi dello stesso Risso, GCDS e Palm Angels fra gli altri, Flaccavento evidenzia in ultima analisi un difetto micidiale del sistema milanese, fatto di piccoli circoli, che impedisce al talento di emergere al di fuori del “solito giro”. Difficile dargli torto, soprattutto perché, senza nulla togliere allo sforzo di ognuno per entrarci, in quei circoli, l’idea che per farcela servano solo i contatti giusti è profondamente italiana.

Certo, succede anche all’estero, ma se al di là dei nostri confini (o semplicemente di quelli di Milano) il giro giusto è un po’ più meritocratico, un po’ meno inaccessibile, un po’ più ampio, qualche risultato alla fine si vede. Craig Green a Londra in poche stagioni è stato incoronato il nuovo Jonathan Anderson dal Financial Times, mentre Grace Wales Bonner viene raccontata dal Guardian in un bel profilo che difficilmente troverebbe spazio su un quotidiano italiano e non è azzardato prevedere che sentiremo parlare molto della venticinquenne francese Marine Serre, che si è aggiudicata il LVMH Prize di quest’anno. Vedremo mai un designer supportato dalla sua città come ha fatto Marsiglia con il ventisettenne Simone Porte Jacquemus, ospite d’onore dell’edizione 2017 dell’OpenMyMed, che ogni anno a maggio inaugura la stagione dei festival provenzali? Alla Fabbrica del Vapore in concomitanza con le sfilate c’era Milano Moda Graduate, che ha raccolto i migliori progetti di alcuni validissimi studenti provenienti da tutte le scuole di moda italiane: a quanti di loro sapremo assicurare lo stesso appoggio di sistema (e conseguente copertura mediatica)? Nessuno mette in dubbio il valore commerciale di Milano, ma se abbiamo paura di diventare irrilevanti, se il tempo di nascondersi dietro a Miuccia Prada sembra ormai finito e se non vogliamo che le uniche discussioni legate alle sfilate milanesi siano quelle sui litigi di Stefano Gabbana via Instagram – con tanto di protesta in passerella contro il suo “endorsement” per Melania Trump – o quelle lanciate senza nessun tipo di contesto dai post di Selvaggia Lucarelli su Facebook, bisognerà farsi più furbi e lavorare per davvero su quella circolarità ampia (e non sui circolini) tra scuole, istituzioni e industria di cui si parla da anni. In alternativa, si possono mandare dei papà in passerella o creare spin-off brand che giocano con l’auto-citazionismo fino alla tautologia come fa Demna Gvasalia da Balenciaga/Boolenciaga, e diocenescampi di quante copie della copia vedremo a febbraio.

In copertina: Fendi Primavera Estate 2018; nel testo: Marni Primavera Estate 2018. Immagini Getty Images
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