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Charli xcx sarà produttrice e protagonista del nuovo film di Takashi Miike Chiusa ufficialmente la brat summer, la cantante ha deciso di dedicarsi al cinema.
A Parigi hanno dimostrato che la migliore arma contro l’inquinamento è la pedonalizzazione delle città Negli ultimi dieci anni più di 100 strade sono state chiuse al traffico e l'inquinamento è calato del 50 per cento.
Tutti i media hanno ripreso un articolo di Reuters sulla vibrazione atmosferica indotta, che però non c’entra niente con il blackout iberico (e forse non esiste) E infatti Reuters quell'articolo è stata costretta a cancellarlo.
La chiusura della più famosa sauna di Bruxelles è un grosso problema per la diplomazia internazionale A Bruxelles tutti amano la sauna nella sede della rappresentanza permanente della Finlandia. Che ora però resterà chiusa almeno un anno.
C’è un cardinale che potrebbe non partecipare al conclave perché non si riesce a capire quando è nato Philippe Nakellentuba Ouédraogo, arcivescovo emerito di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, ha 80 anni o 79? Nessuno riesce a trovare la risposta.
La Corte europea ha vietato ai super ricchi di comprarsi la cittadinanza maltese Per la sorpresa di nessuno, si è scoperto che vendere "passaporti d'oro" non è legale.
Una nuova casa editrice indipendente pubblicherà soltanto libri scritti da maschi Tratterà temi come paternità, mascolinità, sesso, relazioni e «il modo in cui si affronta il XXI secolo da uomini».
Nella classifica dei peggiori blackout della storia, quello in Spagna e Portogallo si piazza piuttosto in basso Nonostante abbia interessato 58 milioni di persone, ce ne sono stati altri molto peggiori.

A Istanbul migliaia di donne hanno marciato contro il ritiro della Turchia dalla Convenzione

02 Luglio 2021

Erano oltre mille le persone, per lo più donne, che ieri, primo luglio, sono scese nelle strade di Istanbul per protestare contro la decisione di Erdogan di ritirarsi dalla convenzione che era stata firmata nella stessa città 10 anni fa, e da cui prende anche il nome. La Turchia è uscita dall’accordo formalmente ieri. Nel 2011 era stata il primo Paese a ratificare la Convenzione di Istanbul, sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica. Come si legge sul sito del Consiglio d’Europa, era «il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che creasse un quadro giuridico completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza». In Italia sarebbe entrata in vigore ben due anni dopo, e alcuni Paesi del Consiglio ancora non l’hanno ratificata. Lo scorso marzo Erdogan aveva deciso di recidere dalla convenzione, dicendo che la Turchia avrebbe usato le leggi locali per punire i crimini di genere, «perché la nostra lotta non è iniziata con la Convenzione e non finirà col nostro ritiro da questa».

Secondo molti conservatori e sostenitori di Erdogan, l’accordo danneggiava i valori della famiglia convenzionale e “criminalizzare la discriminazione” era un modo di promuovere l’omosessualità. Sarebbero infatti queste le motivazioni del ritiro, riporta Reuters. Negli ultimi 10 anni proprio la violenza di genere in Turchia è triplicata, si legge nell’articolo, dove viene stimato un femminicidio al giorno. Così ieri, appena poche ore dopo l’apparizione in tv del leader turco e l’annuncio della decisione, sono sorte numerose manifestazioni.

Intervistata, una studentessa ha detto: «Trovo assurdo che il governo ci stia togliendo dei diritti invece che implementarli, ogni giorno ci alziamo con la notizia di un femminicidio o dell’omicidio di una persona trans e in quanto donne è impossibile sentirsi al sicuro in questo Paese», facendo eco anche a quanto avevano dichiarato alcuni Paesi membri preoccupati, come la Francia, che proprio a questo proposito considerava il ritiro dalla convenzione un passo indietro verso il rispetto dei diritti umani. «Noi non rinunceremo alla convenzione di Istanbul», recitava la scritta su un cartellone durante alle proteste, mentre in coro le donne ripetevano «non verremo silenziate, non avremo paura e non ci inginocchieremo».

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