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L’episodio di Stranger Things in cui Will fa coming out è diventato quello peggio recensito di tutta la serie E da solo ha abbassato la valutazione di tutta la quinta stagione, nettamente la meno apprezzata dal pubblico, almeno fino a questo punto.
Il progetto europeo di rilanciare i treni notturni sta andando malissimo Uno dei capisaldi del Green Deal europeo sulla mobilità, la rinascita dei treni notturni, si è arenato tra burocrazia infinita e alti costi.
Un’azienda in Svezia dà ai suoi lavoratori un bonus in busta paga da spendere in attività con gli amici per combattere la solitudine Il progetto, che per ora è solo un'iniziativa privata, prevede un’ora al mese di ferie e un bonus di 100 euro per incentivare la socialità.
Diverse celebrity hanno cancellato i loro tributi a Brigitte Bardot dopo aver scoperto che era di estrema destra Chapell Roan e altre star hanno omaggiato Bardot sui social per poi ritirare tutto una volta scoperte le sue idee su immigrazione, omosessuali e femminismo.
È morta la donna che restaurò così male un dipinto di Cristo da renderlo prima un meme, poi un’attrazione turistica Nel 2012, l'allora 81enne Cecilia Giménez trasformò l’"Ecce Homo" di Borja in Potato Jesus, diventando una delle più amate meme star di sempre.
C’è un’associazione simile agli Alcolisti Anonimi che aiuta le persone dipendenti dall’AI Si chiama Spiral Support Group, è formato da ex "tossicodipendenti" dall'AI e aiuta chi cerca di interrompere il rapporto morboso con i chatbot.
I massoni hanno fatto causa alla polizia inglese per una regola che impone ai poliziotti di rivelare se sono massoni Il nuovo regolamento impone agli agenti di rivelare legami con organizzazioni gerarchiche, in nome della trasparenza e dell’imparzialità.
Il primo grande tour annunciato per il 2026 è quello di Peppa Pig, al quale parteciperà pure Baby Shark La maialina animata sarà in tour in Nord America con uno show musicale che celebra anche i dieci anni di Baby Shark.

Mi chiamo Ash Ketchum, come tutti

I Pokémon, che hanno segnato immaginario e identità dei Millennial, hanno vent'anni. Ma il successo di Pokémon Go non deve sorprendere.

13 Luglio 2016

Si può pensare ciò che si vuole del soldato americano che ha pubblicato una foto dello Squirtle “catturato” in prima linea a Mosul, a qualche centinaio di metri dagli accampamenti dell’Isis. O dell’uomo che ha prodotto lo screenshot di un Pidgey trovato nella sala operatoria dove la moglie stava per partorire il suo primogenito. O della stazione di polizia di Darwin, Australia, che ha dovuto chiedere pubblicamente di non sconfinare nella sua proprietà per rifornirsi di sfere Poké. O, ancora, dei malintenzionati che stanno sfruttando le zone più feconde di Pokémon per derubare improvvidi allenatori di ogni latitudine. Ma il successo planetario che Pokémon Go, la nuova applicazione in realtà aumentata Nintendo basata sulla popolare serie animata giapponese, sta ottenendo in questi giorni va oltre i suoi meriti. The Verge, che pure ha coperto notizie come quelle appena citate con un tempismo e una dovizia di particolari da Watergate, l’ha definito «un gioco insipido e ripetitivo», che tuttavia contribuisce a esprimere la «tacita fantasia» della saga come nessun altro titolo precedente.

Pokemon Go smartphoneNintendo, che controlla parte della multimiliardaria società-brand dei Pokémon, da anni resisteva alla possibilità di concedere il nulla osta a un’app per smartphone, ma la sua decisione di accettare il compromesso l’ha ripagata con un valore azionario aumentato del 25% nella sola giornata di lunedì. Non è semplice descrivere la mania che da una settimana circonda il grande ritorno al mainstream dei Pokémon: Pokémon Go può già vantare poco meno degli utenti attivi giornalieri di Twitter su Android, un subreddit dedicato e, pare, più interesse generato rispetto a quanto fatto segnare dalla chiave di ricerca “porno” (ah, i suoi download hanno già superato quelli di Tinder, peraltro). E non è facile nemmeno credere che di colpo la realtà aumentata, da tecnologia in fase di sperimentazione, sia diventata parte del vissuto quotidiano di migliaia di persone di ogni provenienza. È immediato però, almeno per un ex ragazzino degli anni Novanta, capire perché sono stati i Pokémon a riuscire in questa serie di prodigi.

Vent’anni fa, quando Satoshi Tajiri, un programmatore frequentatore della scena gaming giapponese, si preparava a vedere uscire il primo gioco per Game Boy basato su quella strana intuizione di collezionare creature simili agli insetti che raccoglieva da bambino, non era particolarmente ottimista. «A Nintendo non si aspettavano molto dal gioco. La popolarità del Game Boy era in declino. Quando ho finito il videogioco e l’ho portato da Nintendo, mi sentivo come un giocatore di baseball che scivola in seconda base anche se sa che verrà eliminato», come ha poi detto a Time in una rara intervista del 1999. Nelle parole del padre del franchising, oggi cinquantenne, c’era già molto dello spirito della saga: a una domanda del magazine sui nomi dei personaggi, ad esempio, rispondeva «la cosa più importante è che i mostri sono controllabili dai giocatori. Potrebbe trattarsi di quelli che vivono al tuo interno, la paura o l’ira ad esempio»; e ancora: «Volevo disegnare un videogame in cui la comunicazione interattiva avesse un ruolo. Ricordate, non c’era Internet allora. Il concetto del cavo di comunicazione [di Nintendo] è molto giapponese: one-on-one. È come il karate: due giocatori si sfidano, inchinandosi uno davanti all’altro. Il concetto giapponese di rispetto».

Di sfide rispettose, dalla fine degli anni Novanta a oggi, ce ne sono state parecchie. Per i nati nella seconda metà degli Ottanta i Pokémon hanno avuto almeno la stessa rilevanza di quella di Carosello per la generazione venuta al mondo trent’anni prima. Non sono mai stati un cartone animato, un gioco di carte o una serie di videogame, anzi il loro punto di forza è stato creare un ecosistema che si è espanso a partire dall’intersezione di queste tre cose per influenzare l’immaginario, la creatività e l’apprendimento di milioni di persone. Come scrive un interessante pezzo uscito sull’Economist in questi giorni, «un’estetica definita che abbraccia climi e pseudo-culture diverse e un universo illimitato di creature sono i tratti distintivi dei Pokémon. Lo slogan familiare ai bambini degli anni Novanta – “Gotta catch’em all” – ha incoraggiato un sentire scientifico e un’ammirazione per lo sconosciuto nei bambini curiosi. Quella dei Pokémon è una storia darwiniana di osservazione, collezione e registrazione che poggia su una mentalità buddista, il cui protagonista in jeans ha un senso dell’avventura paragonabile a quello di un sufi errante. Con l’eccezione di Star Wars, nessuna saga multinazionale sul piccolo o grande schermo si avvicina a questo livello di spiritualità».

Pokemon Go iPhone app

Per un venticinque-trentenne di oggi, Ash Ketchum (Satoshi, nella versione originale giapponese), Pikachu e le palestre da conquistare non sono soltanto un pezzo dell’infanzia o adolescenza, ma anche un filtro attraverso cui ha guardato la società in cui iniziava ad affacciarsi, un mondo diventato ristretto e più raggiungibile, consumista, basato sull’individuo, in cui la scienza e la condivisione di dati stavano facendo enormi passi avanti, e dove le anteprime del futuro venivano dal Giappone. Per questo, dichiara senza mezzi termini l’Economist, «i Pokémon hanno trasformato il modo in cui i Millennial identificano il loro posto nel mondo».

Nel 2016 la Pokémon Co. può dire di aver venduto 280 milioni di videogiochi, 22 miliardi di carte da gioco (fa poco meno di tre carte a testa per ogni terrestre, anche se al tempo ricordo raccoglitori pieni forieri di agonismi infantili, questi sì, a volte poco rispettosi), 17 film, con entrate totali stimate in poco meno di 58 miliardi di dollari americani. Pikachu, il celebre topo elettrico diventato metonimia della saga, nei piani iniziali era solo uno dei tanti personaggi immaginati da Tajiri e dal suo responsabile del design Ken Sugimori: «Quando hanno creato l’anime, volevano un nome specifico su cui focalizzarsi. Pikachu era relativamente più popolare degli altri e potenzialmente apprezzabile da bambini e bambine. Hanno sentito un sacco di pareri su questo, non è stata un’idea mia», ha detto in merito il creatore della serie.

I Pokémon sono stati – e sono ancora, a giudicare dalle news di queste ore – una coincidenza irripetibile e fortunata di fattori, una favola intrinsecamente giapponese riscopertasi mito mondiale, oppure soltanto la cosmologia ispirata del mondo creato da un bambino.

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