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Chloe Malle è la nuova direttrice di Vogue Us Figlia dell'attrice Candice Bergen e del regista francese Louis Malle, dal 2023 era direttrice del sito di Vogue, dove lavora da 14 anni.
Anche la più importante associazione di studiosi del genocidio del mondo dice che quello che sta avvenendo a Gaza è un genocidio L'International Association of Genocide Scholars ha pubblicato una risoluzione in cui condanna apertamente Israele.
La standing ovation più lunga di Venezia l’ha presa The Rock Per il suo ruolo in The Smashing Machine, il biopic sul lottatore Mark Kerr diretto da Benny Safdie.
Il Ceo di Nestlé è stato licenziato per aver nascosto una relazione con una sua dipendente Una «undisclosed romantic relationship» costata carissimo a Laurent Freixe, che lavorava per l'azienda da 40 anni.
La turistificazione in Albania è stata così veloce che farci le vacanze è diventato già troppo costoso I turisti aumentano sempre di più, spendono sempre di più, e questo sta causando gli ormai soliti problemi ai residenti.
Nell’assurdo piano di Trump per costruire la cosiddetta Riviera di Gaza ci sono anche delle città “governate” dall’AI Lo ha rivelato il Washington Post, che ha pubblicato parti di questo piano di ricostruzione di Gaza che sembra un (brutto) racconto sci-fi.
Stasera La chimera di Alice Rohrwacher arriva per la prima volta in tv, su Rai 3 Un film d'autore per festeggiare l'apertura della Mostra del Cinema di Venezia 2025.
Emma Stone, che in Bugonia interpreta una donna accusata di essere un alieno, crede nell’esistenza degli alieni E ha spiegato anche perché: lo ha capito guardando la serie Cosmos di Carl Sagan.

Coalizioni da incubo

Sicuri che i problemi dei progressisti in Italia si risolvano semplicemente andando "oltre il Pd"? Storia di un'anomalia tutta italiana.

27 Giugno 2018

Riusciranno Paolo, Carlo e Maurizio a trasformare un cartello elettorale composto da vecchi partiti in disarmo completamente da ristrutturare, partitini dello zero virgola che non hanno mai visto il sole e formazioni ancora tutte da costruire, di cui al momento esiste solo la sigla, in una coalizione vincente, capace di tornare competitiva sul mercato politico per più di una stagione? Ce la faranno a battere il record di Romano, Walter e Massimo?

Sembra uno dei mille reality show che ormai dilagano su tutti i canali e tutte le piattaforme, tra hotel, cucine e palinsesti da incubo, dove ogni minuto c’è qualcuno impegnato a ritinteggiare una casa diroccata o a rilanciare un albergo fatiscente, a salvare una pasticceria o un matrimonio in crisi, ma non è altro, in verità, che la tristissima storia della politica italiana, almeno da trent’anni a questa parte: coalizioni da incubo.

Soprattutto, però, è la storia della sinistra. O meglio: della sinistra italiana. In Germania, nonostante tutto, il principale partito della sinistra è ancora l’Spd, fondato nel 1864; in Gran Bretagna è il Labour Party, fondato nel 1900; in Spagna è il Psoe, fondato nel 1879. Ma se negli Stati Uniti il Partito democratico ha compiuto centonovant’anni, da noi il Pd sembra destinato a non superare i dieci. E sarebbe comunque un record.

Ai settanta anni del Pci – di cui venti di fascismo e una cinquantina di guerra fredda – erano già seguiti, infatti, in rachitica successione, i sette anni del Pds e i nove dei Ds. E stiamo parlando comunque della formazione, almeno a sinistra, complessivamente più stabile e facilmente identificabile, con tutte le divisioni, scissioni e ricomposizioni che l’hanno accompagnata.

Il fatto è che nell’ultimo quarto di secolo il tasso di mortalità infantile dei partiti italiani ha raggiunto livelli sconosciuti alle democrazie avanzate. Dalla fine della Prima Repubblica a oggi, dunque, in Italia è successo qualcosa. Qualcosa che non è successo in Germania, né in Gran Bretagna, né in America. Tra le molte ragionevoli spiegazioni che si potrebbero dare, mi permetto di richiamare l’attenzione su un dato statistico: il fatto che in Italia, unico tra i paesi occidentali, dal 1993 abbiamo un sistema politico fondato sulle coalizioni pre-elettorali.

Sembra passato un secolo, ma una delle ragioni per cui il Partito democratico fu fondato, nel 2007, era proprio la necessità di «superare», come si dice in questi casi, l’incubo di coalizioni interminabili e ingovernabili. E le due cose – dissolvimento dei partiti e centralità delle coalizioni – continuano ad andare insieme. Non per niente oggi a intonare il de profundis per il Pd sono gli stessi che annunciano nuove coalizioni da incubo. Alleanze sempre più larghe e immaginifiche, come il fronte repubblicano di Carlo Calenda, deciso a lanciare «una grande lista civica nazionale che possa mobilitare il Paese nel profondo, cosa che il Pd non riesce più a fare perché impegnato in una diatriba interna che non interessa a nessuno» (nessuno tranne lui, verrebbe da aggiungere, considerando che si è iscritto al Pd da appena tre mesi). O come il fronte berluscomunista lanciato da Federico Pizzarotti, primo sindaco grillino di Parma, eletto sull’onda della rivolta contro la casta e lo strapotere della vecchia sinistra nelle regioni rosse, che ora propone nientemeno che un «fronte nuovo che vada da Sel a Forza Italia».

E davvero non si capisce per quale ingiusto ostracismo, per quale angusta concezione della politica e delle alleanze, nessuno abbia ancora pensato a tante altre forze rimaste fuori da ogni appello, dall’ala migliorista di Potere al Popolo alle correnti liberali di Casapound, o quanto meno a Pippo Civati (che a onor del vero fu anche il primo a parlare di «coalizioni da incubo», in polemica con l’alleanza formata dal Pd, da cui era uscito nel 2015 per formare Possibile, confluire in Liberi e Uguali in vista delle elezioni del 2018 e di qui defluire rapidamente dal parlamento e dalla politica italiana). Insomma, se grande alleanza ha da essere, che lo sia fino in fondo.

Il grande reality show del centrosinistra può ritornare così, ancora una volta, alla casella di partenza. Al posto del grande carrozzone che andava da Fausto Bertinotti a Clemente Mastella avremo una più modesta carrozzina che andrà da Pizzarotti a Calenda. Avremo nuovi manifesti, una gran quantità di proclami e almeno un’altra dozzina di leader, che si riuniranno solennemente in vertici di coalizione da trecento posti a sedere, ciascuno con il suo bravo partito, la sua irrinunciabile carta dei valori e la sua indispensabile proposta politica sotto braccio, che troverà il giusto spazio nelle trecento pagine del programma elettorale. Trattandosi di una riedizione in tono minore della vecchia Unione prodiana, per non creare false aspettative, suggerirei di chiamarla semplicemente Ri-unione.

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