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L’ignoto spazio profondo di Olafur Eliasson

Fino al 26 marzo il Castello di Rivoli ospita la mostra Orizzonti tremanti, un percorso di giochi di luce immerso nel buio per ripensare il nostro rapporto con il tempo e lo spazio.

di Studio

Nel 2003 Olafur Eliasson realizzò alla Turbine Hall della Tate Modern di Londra “The Weather Project”, un’installazione che riproduceva un tramonto senza fine. Centinaia di lampadine, un elaborato gioco di specchi e una serie di umidificatori che diffondevano nell’aria una leggera nebbiolina: così l’artista e il suo studio avevano creato un’atmosfera che risvegliava artificialmente le sensazioni che si provano davanti a un tramonto. Chi visitava la mostra si sdraiava sul pavimento e si osservava, piccolissimo, riflesso nel soffitto specchiato 35 metri sopra di lui, oppure si fotografava davanti a quel sole finto che non emetteva calore, come se fosse davanti a un paesaggio. A ripensarci vent’anni dopo,“The Weather Project” assume una connotazione sinistra e rimanda al cambiamento climatico: la nebbiolina che rendeva la luce arancione così morbida e dolce oggi sembra inquinata, il sole richiama il riscaldamento globale e lo specchio riflette le nostre responsabilità.

Oltre ad aver espresso in diverse opere le sue preoccupazioni per la complicata relazione tra l’ambiente e la realtà urbana (ad esempio nel bellissimo progetto Green River, realizzato dal 1998 al 2001, in cui colorò di verde fosforescente l’acqua dei fiumi di diverse grandi città), nel corso della sua carriera Olafur Eliasson ha utilizzato spesso la luce e gli specchi per creare installazioni artificiali che rimandano al nostro rapporto, fisico e spirituale, con la natura: torna a farlo nella mostra Orizzonti tremanti (a cura di Marcella Beccaria, dal 3 novembre al 26 marzo), allestita nella Manica Lunga del Castello di Rivoli, scegliendo di immergere lo spazio nell’oscurità per generare un ambiente che inviti all’introspezione. Il percorso è introdotto da una lettera scritta dall’artista a ogni visitatore: «Stai per entrare in uno spazio molto buio. Dopo un po’ i tuoi occhi si adatteranno e sarai in grado di navigare. I “caleidorama” si vedono meglio in queste condizioni. Prova a vedere con il tuo corpo piuttosto che attraverso il tuo schermo digitale. Tuo, Olafur». Nello spazio stretto e lungo della Manica del castello sono posizionate sei opere d’arte che funzionano come un percorso di meditazione guidato: all’interno di ognuna di queste installazioni vanno in scena giochi di luce e illusioni ottiche che sembrano manifestarsi in uno spazio molto più grande e coinvolgono specchi, sistemi di lenti e bacini d’acqua in movimento. Il viaggio fisico e mentale si apre con “Navigation star for utopia”, una stella che con i suoi fasci di luce colorata suggerisce l’idea di uno strumento di orientamento per il futuro.

Olafur Eliasson, Navigation star for utopia, 2022
Olafur Eliasson, Your power kaleidorama, 2022
Olafur Eliasson, Your hesitant kaleidorama, 2022
Esperimenti di luce per la mostra, foto Tegan Emerson. Courtesy Studio Olafur Eliasson

Dopo la stella inizia un percorso a tappe che si sviluppa attraverso diversi “caleidorama” (così li chiama l’artista, combinando le parole caleidoscopio e panorama), installazioni luminose con titoli che guidano l’esplorazione sensoriale come “Your curious kaleidorama”, “Your self-reflective kaleidorama” e “Your hesitant kaleidorama”. «Stando all’interno di questi caleidorama», spiega Eliasson, «ti potresti sentire come di fronte al tempo mentre si svolge. È un’opportunità per riconsiderare il tuo senso della proporzione e del tempo, come quando si vedono le immagini del telescopio per lo spazio profondo che provengono dai limiti della nostra immaginazione». A chiudere questo percorso c’è “Your non-human friend and navigator”, un’opera prodotta utilizzando pezzi di tronchi raccolti sulle spiagge dell’Islanda, dove approdano resti di legname che hanno compiuto viaggi lunghissimi da paesi lontani. Come fa notare Carolyn Christov-Bakargiev, direttore del Castello di Rivoli, l’opera rimanda all’Arte povera, collegando «il pensiero processuale ed ecologico degli anni Sessanta alla visione contemporanea». Con la sua atmosfera che mescola malinconia e speranza, Orizzonti tremanti sembra dar voce all’instabilità dei tempi che stiamo vivendo: un percorso nel buio in cerca dell’illuminazione o anche soltanto di un momento di tregua.