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Quali sono i nomi più strani dati dagli scrittori ai loro animali domestici

Si parla di animali domestici. Di chi li usa come scusa per uscire durante la reclusione da Coronavirus, di chi si ingegna con i droni per portali a spasso come accaduto in Israele a un volpino molto fortunato. Per questo Literary Hub ha deciso di parlare di Cliché, Flush, Fireball Wilson Roberts, gli animali da compagnia di alcuni scrittori e letterati, svelando le ragioni della scelta dei loro nomi.

Storie di gatti che avevano un nome semplice, come Beppo, di Jorge Luis Borges, «dal nome di un personaggio di una poesia di Lord Byron, su un uomo che si perde in mare», e di felini con un nome più seri, come quello di Edward Lear, un soriano di nome Foss: «Ma è un diminutivo», aveva detto, «il suo nome completo è Adephos, una variante del greco Adelphos, “fratello”». Convinto che ai gatti piacesse sentire il suono della “s”, Hemingway li battezzò con nomi come Stephen Spender (poi variato in Spendthrift e abbreviato in Spendy), Shakespeare (cambiato in Barbershop e abbreviato in Shopsky) e l’ultimo, Estasi. Nelle fotografie degli anni ’50 e ’60 che ritraggono Albert Camus, lo si vede quasi sempre avvolto in una nuvola di fumo, magari seduto al Café de Flore, con una  Gitane o una Gauloise tra l’indice e il medio della mano sinistra: il suo gatto, non a caso, si chiamava Cigarette. Chester Himes, aveva un siamese, Griot, che «prese il nome dai maghi nelle corti dei re dell’Africa occidentale», mentre Julio Cortázar chiamò il suo gatto Theodor W. Adorno (riferendosi a lui sempre con il nome completo) in onore del sociologo e filosofo tedesco. «Suppongo che non vi sia alcun motivo per cui Thomas Hardy avrebbe chiamato il suo gatto Kiddleywinkempoops, tranne forse per deriderlo», continua Emily Temple. Ma aveva anche un soprannome: Trotto.

Mark Twain ha avuto molti gatti, fino a 19 contemporaneamente, e ha avuto tra gli altri: Abner, Motley, Stray Kit, Fraulein, Lazy, Buffalo Bill, Soapy Sal, Cleveland, Satan (trovato sulla strada per la chiesa, e poi ribattezzato Sin dopo aver scoperto fosse una femmina), Carestia, Pestilenza, Sour Mash, Appollinaris, Zoroaster, Babylon, Bones, Genesis, Deuteronomy, Germania, Bambino, Ananda, Annanci, Socrates, Ashes, Tammany, Sinbad, Danbury e Billiards. Non se ne conoscono bene i motivi.

Per quanto riguarda i cani invece, Dorothy Parker ha chiamato uno dei suoi barboncini neri francesi Cliché perché, come aveva riferito a un giornalista, le «strade sono tappezzate di barboncini neri francesi», mentre Maurice Sendak ha chiamato il suo cane Herman come Herman Melville, uno dei suoi più amati scrittori americani; così come John Green, che si è ispirato a un romanzo di James Crumbly per il nome del suo west highland terrier: Fireball Wilson Roberts. Della storia di Flush, nome del cocker spaniel di Elizabeth Barrett Browing non si sa niente, a differenza del barboncino bianco di Gertrude Stein, Basket, «perché era talmente vanitoso che avrebbe dovuto andarsene in giro portando un cestino di fiori in bocca».  Infine George Orwell e sua moglie Eileen avevano una capra di nome Muriel, chiamata come una zia di Orwell che la consorte detestava. Una capra con lo stesso nome sarebbe apparsa anche in Animal Farm, presentandosi però come uno dei personaggi più simpatici del libro.