Cose che succedono | Ucraina

Il New York Times ha ricostruito e documentato il mese di terrore a Bucha

«Mentre l’avanzata russa verso Kiev rallentava, cominciava una campagna di terrore e vendetta contro i civili della vicina Bucha, dicono sopravvissuti e investigatori», comincia così il lungo articolo pubblicato ieri dal New York Times, una ricostruzione quanto più possibile dettagliata di quanto successo nel sobborgo alle porte di Kiev durante il mese di occupazione dell’esercito russo. Cecchini appostati sui tetti degli edifici, pronti a far fuoco su chiunque si trovasse in strada. Torture. Stupri. Esecuzioni sommarie. Attraverso interviste ai civili e grazie anche al lavoro svolto da investigatori ucraini, il Times è riuscito a raccontare cosa è successo in una delle città che resterà tra gli eventi fondamentali, tra i momenti dirimenti di questa guerra.

«Le prove indicano che i russi hanno ucciso con noncuranza, talvolta con crudeltà, in parte per vendetta», si legge nell’articolo. Una delle spiegazioni alla strage di Bucha è la frustrazione dell’esercito russo, cresciuta sempre più nelle settimane passate impantanati in una guerra che ai soldati era stata raccontata come un blitz, un attacco che in pochi giorni avrebbe portato alla presa della capitale, alla conquista del Paese e al ritorno a casa. Quando la resistenza ucraina si è dimostrata molto più tenace di quanto chiunque (in Russia, in Occidente, nel mondo) avesse previsto, la frustrazione dei soldati si è presto trasformata in vendetta: «Una donna uccisa da un cecchino mentre con la propria famiglia andava a prendere un thermos con del tè. Una ragazza usata come schiava sessuale, nuda, coperta solo con una pelliccia e rinchiusa in un deposito di patate prima di essere giustiziata. Due sorelle morte nella loro casa, i cadaveri abbandonati sul pavimento per settimane». In più di una settimana d’indagine, gli inviati del Times hanno assistito al ritrovamento di quasi quaranta cadaveri («nelle loro case, nei boschi, arsi nei parcheggi») e sono stati testimoni del ritrovamento di più di cento corpi seppelliti in una fossa comune nei pressi del cimitero della città.

Stando a quanto riporta il Times, la situazione a Bucha è precipitata proprio dopo i primi scontri tra l’esercito russo e quello ucraino. In particolare, un contrattacco ucraino arrivato qualche giorno dopo l’arrivo dei russi in città ha messo in grandissima difficoltà l’esercito invasore: venti mezzi di trasporto persi, diversi soldati fuggiti, parecchi feriti. Da questo momento in poi la situazione per i civili di Bucha è diventata quella che abbiamo scoperto in questi giorni: se fino a quel punto era stato possibile trovare riparo nelle case e nei rifugi e quantomeno provare a sopravvivere, dopo questo scontro è diventato impossibile anche uscire per cercare cibo e acqua. I soldati russi hanno cominciato a piazzare cecchini sui tetti e a pattugliare le strade, a perquisire le case e a sequestrare telefoni e computer e a vietare alle persone di uscire di casa. Il Times dice che è per questo che le strade di Bucha erano piene di cadaveri nel momento in cui i russi l’hanno abbandonata: perché fino a quel momento agli abitanti era stato impedito anche di seppellire i morti. E i morti lasciati nelle strade sono solo una parte delle vittime di Bucha: ce ne sono nelle cantine, nei seminterrati, nei nascondigli, nei bunker. Un gruppo di donne è stato tenuto prigioniero in una cantina per 25 giorni. Nove di queste donne ora sono incinte. Nelle stanze dove i soldati russi tenevano prigioniere le donne sono stati ritrovati tantissimi preservativi. Lyudmyla Denisova, attivista per i diritti umani ucraina, ha detto al Times che lo stupro, per i soldati russi, è un’arma vera e propria, uno strumento di conquista.

E poi c’erano la fame e il freddo. Bucha è rimasta senza corrente elettrica, acqua corrente, gas o connessione internet dall’inizio di marzo fino al giorno in cui è stata liberata. Migliaia di persone si sono ritrovate intrappolate nelle loro case, senza cibo, acqua, riscaldamento o un mezzo per comunicare con l’esterno. Sei ospiti di una casa di riposo sono morti di fame: nelle loro stanze faceva talmente freddo che quattro di loro hanno cercato calore in una sala esposta al sole, dall’altro lato del giardino sul quale affacciavano i loro alloggi. Lì sono morti. In una casa accanto alla casa di riposo, una donna è stata ritrovata impiccata a un albero.

Quando è arrivato l’attacco dell’esercito ucraino, i soldati russi a un certo punto hanno capito che non sarebbero riusciti a tenere la città. A quel punto, racconta il Times, hanno cominciato a giustiziare i prigionieri detenuti fino a quel momento. Almeno quindici cadaveri sono stati ritrovati con le mani legate, sparsi in diversi punti di Bucha, un fatto che indicherebbe che i soldati russi avevano luoghi diversi preposti all’incarcerazione e agli interrogatori (alle torture) dei prigionieri. A Motyzhyn, villaggio confinante con Bucha, i corpi della sindaca, di suo marito e di suo figlio sono stati ritrovati in una fossa al limite della zona abitata. I corpi avevano segni di tortura: le dita del figlio erano spezzate e il volto della sindaca pieno di contusioni, ferite inflitte prima della morte. I soldati russi li avrebbero uccisi perché arrabbiati a causa della perdita di un mezzo durante l’ultimo assalto della resistenza ucraina. «È stata vendetta», ha dichiarato al Times Anatoly Rodchenko, suocero della figlia della defunta sindaca.