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Tutte le volte che la gente se l’è presa con la Monna Lisa

Le immagini le abbiamo viste tutti, su tutti i giornali e i siti del mondo: la teca protettiva che “avvolge” la Monna Lisa imbrattata dai rimasugli biancastri di una torta spiaccicata lì da un attivista per protestare contro l’indifferenza dei governi mondiali di fronte alla crisi climatica. «Ci sono persone che stanno distruggendo il pianeta. Mi rivolgo agli artisti, pensate alla Terra. È per questo che l’ho fatto. Pensate al pianeta!», ha urlato in francese l’uomo, subito dopo aver (provato a) insozzare il volto più ammirato nella storia della cultura umana. L’uomo era entrato al Louvre travestito da donna e sopra una sedia a rotelle, strumento probabilmente usato per nascondere il mezzo della protesta (viene da pensare che l’episodio porterà alla nascita di moltissime start up che si occuperanno di inventare un metal detector capace di rivelare anche le torte nascoste). Dettagli che rendono tutta la vicenda piuttosto incredibile, eppure non la più incredibile tra le aggressioni subite dalla Monna Lisa nell’ultimo secolo, anno più, anno meno, e raccolte in un pezzo di ARTNews.

Parte del fascino della Gioconda è fondato anche sui tanti fatti di cronaca di cui è stata protagonista. Vittima, sarebbe più corretto dire. Nel 1911 Vincenzo Peruggia entrò al Louvre e si nascose in un armadietto: erano tempi più semplici, la Monna Lisa era ancora considerata un’opera minore di Leonardo e per avvicinarsi, staccarla dalla parete e portarsela a casa non bisognava ricorrere a complessità come una sedia a rotelle e una falsa invalidità. Peruggia tenne l’opera nascosta sotto il pavimento del suo appartamento parigino per due anni, provò a rivenderla a un mercante d’arte fiorentino raccontando a quest’ultimo che aveva fatto tutto per restituire all’Italia un tesoro rubato dallo straniero, il mercante non gli diede granché retta, chiamò il direttore della Galleria degli Uffizi che a sua volta chiamò la polizia. La storia si concluse con l’arresto di Peruggia (fu condannato a sei mesi di carcere, per dire quanto minore fosse considerata all’epoca la Gioconda tra le opere di Leonardo) e la restituzione al Louvre del quadro rubato.

Il 1956, però, è probabilmente l’anno più sfortunato nella storia recente della Monna Lisa. In quei dodici mesi subì non una ma ben due aggressioni. Un uomo cercò di sfregiarla con un rasoio da barba, ma alla fine non riuscì nemmeno a graffiarla. Poi, un boliviano di nome Hugo Unjaga Villegas la prese a sassate. «Avevo un sasso in tasca e all’improvviso mi è venuta l’idea di lanciarlo», confessò all’epoca. Il Louvre, però, tra il furto di Peruggia e il rasoio dell’anonimo aveva ormai imparato la lezione: il quadro era già stato messo al riparo dalle idee degli squilibrati grazie a un pannello di vetro spesso, e quindi il sasso lanciato da Villegas fece relativamente pochi danni: si staccò un piccolissimo frammento di colore, che però costò ai restauratori mesi di fatica.

La Monna Lisa lascia raramente il suo posto d’onore al Louvre. E una delle ragioni è quello che successe a Tokyo nel 1974, quando più di un milione di giapponesi andarono al Museo Nazionale per ammirare l’opera, protagonista di un rarissimo tour in giro per il mondo. In quel milione di persone c’era anche la 25enne Tomoko Yonezu, molto arrabbiata per il fatto che il museo rifiutasse l’ingresso ai disabili adducendo come ragione le difficoltà nel controllare e sorvegliare le enormi folle che in quei giorni riempivano gli spazi del museo. Tomoko allora si fece portatrice della rabbia dei disabili giapponesi e cercò di rovesciare un barattolo di vernice rossa sulla Gioconda. Anche lei, come Hugo Unjaga Villegas, riuscì a fare pochi danni: appena venti o trenta gocce di vernice colpirono il quadro. Yonezu fu processata e condannata a una multa di 3 mila yen, ma alla fine la sua protesta ottenne i risultati sperati: da quel giorno il Museo Nazionale di Tokyo non ha mai più rifiutato l’ingresso ai disabili.

E arriviamo al 2009, ultima aggressione prima di quella di qualche giorno fa. Forse il primo segno dell’avversione che la Russia cominciava a provare nei confronti dei simboli della cultura occidentale, chissà. Nel 2009, al Louvre, una donna russa si avvicinò alla Gioconda e spaccò una tazza da tè sul vetro protettivo. Pare la donna fosse incazzatissima perché la pubblica amministrazione francese quel giorno le aveva fatto sapere che la sua richiesta di acquisire la cittadinanza francese era stata rifiutata. Anche questa volta, il capolavoro di Leonardo fu salvato dalla lastra di vetro. Ma dopo questa ennesima aggressione cominciò un dibattito piuttosto acceso sulla capacità del Louvre di proteggere la Monna Lisa: Jonathan Jones, sul Guardian, fu tra i primi a dire che ormai era arrivato il momento di spostare il quadro in una galleria dedicata, lontano dalle altre opere e in uno spazio più facile da gestire per la sicurezza. Il Louvre alla fine seguì il consiglio. E non solo: sostituì anche il vecchio vetro protettivo con un uno nuovo.