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I ladri del Louvre sono stati catturati anche perché hanno lasciato indietro un sacco di indizi, tra cui dei guanti, un casco, un gilet catarifrangente, una fiamma ossidrica e un walkie-talkie Un sospettato è stato fermato all'aeroporto Charles de Gaulle mentre tentava di partire per l'Algeria, l'altro mentre si preparava a partire per il Mali.
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Foto di coppia con Le Corbusier

Intervista a Mária Švarbová, autrice della serie "Fragile Concrete" dedicata alla ricerca di un’armonia tra persone e architettura e in mostra alla Galerie Kolektiv - Cité Radieuse fino alla fine di agosto.

04 Luglio 2021

Se avessimo visto le fotografie della serie Fragile Concrete di Mária Švarbová un anno e mezzo fa, probabilmente avremmo raccontato tutta un’altra storia: una giovane coppia entra in un edificio con una incredibile forza estetica – la Cité Radieuse di Le Corbusier a Marsiglia – e lì impara a conoscersi, a costruire una relazione, tra alti e bassi. Poi è successo che chiusi nelle nostre case, nelle nostre “macchine per abitare” come le chiamava l’architetto, ci siamo finiti davvero, e lì dentro tutti noi abbiamo imparato a costruire o ricostruire le relazioni con l’altro, con il mondo, con la tecnologia, con i materiali, con gli spazi, con la luce che arriva sempre dall’esterno, forse con noi stessi. Per questo, l’intervista realizzata con Mária Švarbová, in occasione dell’inaugurazione della sua mostra alla Galerie Kolektiv – Cité Radieuse  (dal 26 giugno al 27 agosto 2021) dovrebbe essere accompagnata da una serie di “update”: tutto è da aggiornare, tutta la concettualità è da riconsiderare alla luce dei fatti. Mária Švarbová è una delle fotografe più apprezzate del momento, la sua estetica modernista affascina il pubblico reale, delle mostre e delle gallerie, e virtuale, su Instagram. Il suo è un minimalismo, una ricerca delle geometrie, che funziona sia dal punto di vista estetico sia quando si tratta di sintetizzare le dinamiche per niente lineari del mondo in cui ci troviamo a vivere.

Mettiamo in ordine i tempi: hai scattato queste fotografie prima dei lockdown del 2020?
Sì, ho realizzato il progetto nell’autunno 2019. La mostra e la pubblicazione delle foto dovevano avvenire durante l’estate del 2020, purtroppo a causa della brutta situazione del Covid-19 tutto è stato rimandato a quest’anno.

E già in quel momento hai pensato che la Cité Radieuse potesse essere un buon set per il tuo progetto?
È stata la Galerie Kolektiv – Cité Radieuse ad invitarmi a creare una serie sul tema del “Fragile Concrete”. Sono sempre stata ispirata dall’essere umano, ecco perché ho voluto raccontare la relazione tra due individui, un uomo e una donna, che vivono all’interno della massa di cemento della Cité Radieuse. Dovrebbe rappresentare il rapporto tra le persone, che passa attraverso la conoscenza, l’avvicinamento e la tensione. Le fotografie hanno anche un forte riferimento alla mitologia greca, Marsiglia è una città costruita dai greci.

Durante quest’ultimo anno, ho spesso pensato che uno degli ambienti più contemporanei del mondo fosse la Cité Radieuse di Le Corbusier. La sintesi di quello che era diventato il nostro modo di vivere. Hai avuto anche tu questa sensazione?
L’edificio progettato da Le Corbusier è veramente visionario. È vero quando si scrive che è uno degli edifici più importanti del XX secolo. L’edificio è stato creato per una vita comunitaria chiusa, una struttura che può contenere tutto il necessario per vivere, dalla quale non si deve uscire per le necessità di base.

Hai voluto ricostruire questo modo di vivere in un ambiente chiuso, dove tutto può esistere in 9 piani?
Ho ricercato un rapporto che può essere fragile ma allo stesso tempo forte, come il cemento. Sono stata ispirata da una giovane coppia di sposi che arriva in una nuova unità abitativa, qui inizia una vita familiare ed entra in contatto con la comunità che abita quel luogo. Di sicuro, dopo i lockdown, in questa serie di immagini tutti noi possiamo trovare molti altri riferimenti al modo di vivere e costruire relazioni in un ambiente chiuso.

Helénê and Pâris © Maria Svarbova for Kolektiv Cité Radieuse, with the kind authorization of Le Corbusier Foundation ©FLC I ADAGP Paris 2021

Enigma © Maria Svarbova pour Kolektiv Cité Radieuse, with the kind authorization of Le Corbusier Foundation ©FLC I ADAGP Paris 2021

Epilogue © Maria Svarbova pour Kolektiv Cité Radieuse, with the kind authorization of Le Corbusier Foundation ©FLC I ADAGP Paris 2021

The Fall of Icarus © Maria Svarbova for Kolektiv Cité Radieuse, with the kind authorization of Le Corbusier Foundation ©FLC I ADAGP Paris 2021

Dove hai sviluppato questa tua sensibilità, o attrazione, per il modernismo, per l’estetica razionale, che emerge in tutte le tue fotografie?
Chi mi conosce sa che sono un grande appassionata di architettura moderna. Trovo grande ispirazione nell’architettura e nel design moderni. Amo l’architettura brutalista e il funzionalismo. Sono attratta dal minimalismo e delle sue linee perfettamente pulite e diritte. Nel mio lavoro, utilizzo molta la geometria, che a sua volta mi aiuta a creare scene cinematografiche.

Cosa hai trovato di “fragile” nell’idea della Cité Radieuse di Marsiglia?
Ciò che è importante è prendersi cura delle cose. Quell’edificio, apparentemente così solido, può essere molto fragile, quando non te ne prendi cura. Tutta l’architettura ha sempre bisogno di essere curata. E questo vale anche le relazioni tra le persone, hanno bisogno di essere curate nel tempo. Se non ce ne prendiamo cura, le relazioni possono andare male fino a scomparire. È importante rendersi conto di questo.

Il cemento bianco non è solo uno sfondo, una buona scenografia, è un simbolo – architettonico – della relazione tra questi individui?
Cerco sempre di armonizzare l’uomo con l’ambiente creato dall’uomo. L’uomo diventa una parte dello spazio, e tutto diventa una cosa sola. A volte i modelli di queste foto sembrano assorti, senza emozioni, ma questo è un mezzo utile allo spettatore per immergersi nel personaggio ed ascoltare effettivamente i propri sentimenti.

Il modo in cui i modelli del tuo progetto interagiscono tra loro – così lontani, così vicini, come direbbe Wim Wenders – è il mondo in cui viviamo oggi?
Il rapporto mostrato in questa serie di fotografie simboleggia il percorso della relazione. In primo luogo, li mostro come una giovane coppia affettuosa che si conosce. Cercano di comunicare, giocano insieme. Poi ci sono le incomprensioni, le situazioni di tensione in cui sono entrambi lontani. A volte, addirittura, preferirebbero spararsi l’uno con l’altro. Sì, è un esempio delle relazioni del tempo che viviamo. Tutta la relazione si basa sulla decisione di stare insieme o meno. È questa possibilità di decidere il focus del progetto.

La Cité Radieuse è una delle utopie di Le Corbusier, forse la sua grande utopia, molto legata a un’epoca storica di rinascita. Le tue scene, le ste fotografie, ci parlano di utopie?
Amo gli ideali e l’idea di qualcosa di bello e irraggiungibile. Mi sembra che sia il desiderio di  raggiungere qualcosa di immortale. La domanda è quale tipo di relazione costruiranno, queste persone, nella loro vita. Sarà fragile o sarà forte? E allora, certo, posso dire che probabilmente stiamo parlando di un’utopia.

Sei nata in Slovacchia, lontano dal Mediterraneo. La Cité Radieuse contiene molti simboli del Mediterraneo, architettonici ma anche ambientali, come la luce di Marsiglia ed un panorama di mare e di montagne. Come ti sei rapportata a queste scene, ai colori, alla luce che hai trovato a Marsiglia?
L’atmosfera della serie Fragile Concrete è diversa da quella di altre mie serie. Come hai detto, c’è un clima diverso, cemento bianco e montagne. Devo dire che ho amato molto questa atmosfera. Amo il colore blu del cielo, il cemento bianco, la luce naturale del giorno. Nei giorni del servizio fotografico c’era molto vento, altro elemento tipico di questo luogo, che aggiunge dinamismo alle foto. Ricordo le sensazioni che ho provato durante il servizio fotografico, quanto fosse opprimente la massa di cemento, sembrava che stesse per cadermi addosso o assorbirmi.

Una delle tue serie più famose è il tuo lungo lavoro sulle piscine. Anche sul tetto della Cité Radieuse hai trovato una piscina. Perché ti interessa fotografare le piscine?
Nella mia vita personale, così come nel mio lavoro, amo il minimalismo e la ricerca della simmetria. Ci vedo caratteristiche senza tempo e fantascientifiche. Mi piacciono le linee pure, i grandi spazi aperti con molta luce naturale, questi sono fattori importanti del mio processo creativo. Considero la mia fotografia come un documento fittizio, e la piscina è come un documento fittizio. Sicuramente sono sempre stata affascinata dall’architettura delle piscine, mi colpisce la calma dell’acqua. È come se trovassi uno specchio con l’altro lato del mondo.

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