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14:48 martedì 23 dicembre 2025
Gli scatti d’ira di Nick Reiner erano stati raccontati già 20 anni fa in un manuale di yoga scritto dall’istruttrice personale d Rob e Michele Reiner Un volume per bambini firmato dall’istruttore di yoga della famiglia Reiner rievoca episodi che ne anticipavano i gravi problemi psicologici.
Il neo inviato speciale per la Groenlandia scelto da Trump ha detto apertamente che gli Usa vogliono annetterla al loro territorio Jeff Landry non ha perso tempo, ma nemmeno Danimarca e Groenlandia ci hanno messo molto a ribadire che di annessioni non si parla nemmeno.
Erika Kirk ha detto che alle elezioni del 2028 sosterrà J.D. Vance, anche se Vance non ha ancora nemmeno annunciato la sua candidatura «Faremo in modo che J.D. Vance, il caro amico di mio marito, ottenga la più clamorosa delle vittorie», ha detto.
A causa della crescita dell’industria del benessere, l’incenso sta diventando un bene sempre più raro e costoso La domanda è troppa e gli alberi che producono la resina da incenso non bastano. Di questo passo, tra 20 anni la produzione mondiale si dimezzerà.
È appena uscito il primo trailer di The Odyssey di Nolan ed è già iniziato il litigio sulla fedeltà all’Odissea di Omero Il film uscirà il 16 luglio 2026, fino a quel giorno, siamo sicuri, il litigio sulle libertà creative che Nolan si è preso continueranno.
Il ministero della Giustizia americano ha fatto prima sparire e poi ricomparire una foto di Trump con Epstein Il Department of Justice sostiene che tutto è stato fatto per «proteggere delle potenziali vittime di Epstein» ritratte nella foto.
Di Digger di Alejandro G. Iñárritu non sappiamo ancora niente, tranne che un Tom Cruise così strano e inquietante non si è mai visto La trama della nuova commedia di Iñárritu resta avvolta dal mistero, soprattutto per quanto riguarda il ruolo da protagonista di Tom Cruise.
C’è un’estensione per browser che fa tornare internet com’era nel 2022 per evitare di dover avere a che fare con le AI Si chiama Slop Evader e una volta installata "scarta" dai risultati mostrati dal browser tutti i contenuti generati con l'intelligenza artificiale.

L’internet sta finendo

Non proprio, però siamo a corto di indirizzi IP. Per fortuna c'è l'IPv6, un nuovo protocollo, che Google e altri giganti cominceranno a usare dal 6 giugno.

17 Maggio 2013

Le radici teoriche della rete internet risalgono al 1969, anno di creazione di ARPANET, un progetto dell’ARPA (ente creato dal Dipartimento della difesa statunitense per sviluppare la ricerca scientifica in chiave antisovietica). Era un esperimento grazie al quale enormi e costosissimi computeroni riuscivano a scambiarsi pacchetti di dati, creano una rete estesa e impalpabile, uno scenario da fantascienza per l’epoca. Era un mondo diverso, i computer erano calcolatori enormi, lenti e costosissimi; il fine ultimo dell’operazione era militare, non la creazione di Pinterest.

Oggi internet è ovunque e una parte inscindibile della vita di miliardi di persone. Non ci connettiamo nemmeno più a internet: ce lo troviamo in tasca, in casa, in ufficio, per strada. Le cose non sono sempre state così, ovviamente: è stata con la recentissima svolta mobile e l’affermazione dei social network che il web ha impregnato il tessuto sociale in profondità. Sono cambiate tecnologie e infrastrutture ma non l’impianto di base, rimasto intatto da quarant’anni.

Una cosa che è rimasta intatta sono per esempio gli indirizzi IP. Un indirizzo IP (Internet Protocol address) è una stringa di 32 cifre che contraddistinge ogni macchina collegata alla rete, è il codice essenziale per comunicare su internet, e dev’essere unico. Il vostro computer ne ha uno, il vostro smartphone un altro e il vostro tablet un altro ancora. Se siete tra quelli che hanno acquistato un frigorifero in grado di collegarsi al web, beh, allora anche il vostro frigo ne ha uno tutto suo. Complimenti. Il problema è proprio questo: con il boom del mobile e la diffusione di device sempre più economici nei Paesi in via di sviluppo, abbiamo attinto alla riserva di IP disponibili fino a raggiungerne il fondo. Come spiega Vint Cerf, uno dei padri della Rete, ora “chief internet evangelist” presso Google, «all’epoca (il 1973, Ndr) internet era ancora un esperimento, quindi creammo combinazioni possibili per 4,3 miliardi di terminazioni di rete». Non poche, affatto. Ma non abbastanza. E infatti oggi, a quarant’anni di distanza, ci sta finendo l’internet.

Ci siamo preoccupati per anni – invano? – della fine del petrolio e invece ecco arrivare la fine del web, estinto come i bufali in Nord America da una nuova invasione di coloni rapaci e ingordi di phablet. Gli IP infatti cominciano a scarseggiare: l’Asia, continente sovrappopolato che ha vissuto recentemente la diffusione della rete, ha già esaurito i suoi IP disponibili e «sta andando avanti con procedure d’emergenza», racconta Phil Roberts, esperto dell’Internet Society.; l”Europa è invece agli sgoccioli così come l’America. Quindi tutto finirà e torneremo a vivere offline vivendo d’espedienti in real life.

No, tranquilli. Perché Google, la nostra piccola Skynet con il senso dell’umorismo, non è stata a guardare e insieme ad altri giganti del settore è corsa ai ripari, promuovendo un nuovo protocollo per gli indirizzi di rete chiamata IPv6, con cui sostituire quello usato finora, IPv4. Il nuovo sistema entrerà in funzione in funzione il 6 giugno, quando Google e altri colossi del settore manderanno in soffitta le vecchie combinazioni numeriche per le nuove. E questa volta dovrebbe bastare per molto tempo, infatti se l’IPv4 era un sistema a 32-bit, l’IPv6 è a 128 byte: ciò vuol dire che se le combinazioni possibili con il primo erano 4,3 miliardi, con il secondo sono 340 trilioni di trilioni di trilioni.

Lo volete in numeri? Eccolo: 340.ooo.ooo.ooo.ooo.ooo.ooo.ooo.ooo.ooo.ooo.ooo.ooo.

340 trilioni di trilioni di trilioni di indirizzi, computer fissi, portatili, smartphone, phablet, frigoriferi e tutti gli altri oggetti con cui riusciremo a collegarci a Google grazie al mitico “internet delle cose“. L’allegra brigata del 6 giugno comprende, oltre a Google, anche Facebook, Bing e Yahoo!, ovvero i principali servizi del mondo che già l’8 giugno 2011 avevano lanciato il “IPv6 day”, un giorno di test del nuovo protocollo. E che, a due anni di distanza, il 6 giugno, cambieranno tutto, definitivamente. Voi non vi accorgerete di niente ma sarà uno switch epocale per internet e verrà ricordato come il giorno in cui stavamo per finire l’internet.

340 trilioni di trilioni di trilioni di IP. Questa volta ci devono bastare, però.

Immagine: un cyber-veliero naviga l’interwebs (via questo notevole album di pseudo digital art)

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