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Anche stavolta il premio di Designer of the Year l’ha vinto Jonathan Anderson È la terza volta consecutiva, stavolta ha battuto Glenn Martens, Miuccia Prada, Rick Owens, Martin Rose e Willy Chavarria.
L’Oms ha detto che i farmaci come Ozempic dovrebbero essere disponibili per tutti e non solo per chi può permetterseli Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, in futuro bisognerà garantire l'accesso a questi farmaci a chiunque ne abbia bisogno.
Aphex Twin ha caricato a sorpresa su SoundCloud due nuovi brani ispirati a una vacanza in Sicilia Le tracce sono comparse a sorpresa e sarebbero state ispirate da una vacanza italiana del musicista, intristito dalla pioggia autunnale.
Il sindaco di Pesaro si è dovuto scusare perché ha coperto di ghiaccio la statua di Pavarotti per far spazio a una pista di pattinaggio Ma ha pure detto che Pavarotti resterà "congelato" fino a dopo l'Epifania: spostare la statua o rimuovere la pista sarebbe troppo costoso.
Siccome erano alleati nella Seconda guerra mondiale, la Cina vuole che Francia e Regno Unito la sostengano anche adesso nello scontro con il Giappone Indispettita dalle dichiarazioni giapponesi su Taiwan, la diplomazia cinese chiede adesso si appella anche alle vecchie alleanze.
È morto Tom Stoppard, sceneggiatore premio Oscar che ha reso Shakespeare pop Si è spento a ottantotto anni uno dei drammaturghi inglesi più amati del Novecento, che ha modernizzato Shakespeare al cinema e a teatro.
La tv argentina ha scambiato Gasperini per il truffatore che si era travestito da sua madre per riscuoterne la pensione Un meme molto condiviso sui social italiani è stato trasmesso dal tg argentino, che ha scambiato Gasperini per il Mrs. Doubtfire della truffa.
La parola dell’anno per l’Oxford English Dictionary è rage bait Si traduce come "esca per la rabbia" e descrive quei contenuti online il cui scopo è quello di farci incazzare e quindi interagire.

L’importanza della scatola

Quanto conta il packaging di un prodotto e come le aziende lo stanno sfruttando, a partire da "condividi una lattina" di Coca Cola.

02 Luglio 2013

Era una bella giornata di fine giugno e mi trovavo a passeggiare nel centro di Milano.

La situazione era quella più o meno prevista: un sacco di gente in giro, negozi semivuoti (tranne qualche sparuto turista giapponese o russo) e tutti quanti di fronte alle vetrine a preconizzare quali sarebbero stati i prezzi dei prodotti esposti nelle successive settimane con i saldi di fine stagione (e mai come quest’anno la dicitura “fine stagione” suona ironica e paradossale).

A metà di Corso Vittorio Emanuele, all’altezza del Mondadori Multicenter, si stagliava invece un’interminabile coda composta da un’umanità varia che andava dall’uomo d’affari in giacca e cravatta alla cumpa di teenager, dalla signora milanese di mezz’età allo studente nigeriano che vende i libri per la strada. Tutti a fare la fila per personalizzare le lattine di Coca-Cola.

Condividi una Coca-Cola” è la fortunata operazione della multinazionale di Atlanta che permette a chiunque, grazie alla sorprendente evoluzione delle tecniche di stampa nel packaging, di scrivere il proprio nome o quello di un amico o di un parente sulla lattina di Coca-Cola. Un’attività di marketing che non si esaurisce solo nei luoghi del tour itinerante, ma che prosegue in tutti i supermercati e negozi dove sono disponibili i vari prodotti Coca-Cola personalizzati con i 150 nomi propri più diffusi in Italia.

Al di là del comportamento un po’ infantile dei “consumatori”- di cui magari parleremo in un’altra occasione – non possiamo fare altro che complimentarci con quelli del marketing Coca-Cola i quali hanno saputo traslare il concetto dello sharing online nella condivisione della vita reale attraverso quello straordinario feticcio che è la lattina.Quando però sui loro comunicati leggi cose come “storytelling dinamico”,“fine tuning con i consumatori”, “idea contagiosa capace di diffondersi in maniera liquida”, inevitabilmente ti viene un po’ da ridere, però quantomeno hanno capito che il packaging può diventare uno dei medium più efficaci di sempre, uno strumento di comunicazione personalizzato.

Certo, non è una cosa nuova. È da tempo che il pack non è più considerato solo ed unicamente in grado di proteggere il prodotto: a fianco delle classiche funzioni del pack, ovvero quello di contenere, difendere e informare, c’è anche la parte puramente promozionale che permette di comunicare la propria diversità e originalità, nonché l’identità del brand, e che quindi ha una propria valenza strategica.

In certi mercati il packaging diventa inesorabilmente il “custode comunicativo” del brand, capace di tradurne i valori, la mission e la reputazione e fare in modo che da semplice oggetto statico si trasformi in qualcosa che riesca a stabilire una sorta di legame emotivo con l’utilizzatore finale.

Succede nel mondo degli alcolici (Absolut Vodka è riuscita a fare della sua bottiglia dalla forma atipica e senza un’etichetta il principale oggetto della propria comunicazione e del proprio successo globale), ma ancora di più accade nel campo della profumeria dove il pack diventa quasi un prodotto a sé dove il contenuto è ciò che viene pubblicizzato ma spesso è la sua estetica a determinarne l’acquisto finale.

Il packaging dei profumi – e, in generale, dei prodotti di lusso – si sviluppa tramite un’accuratissima ricerca di materiali e una minuziosa selezione del design, spesso sviluppata da famosi designer. Si arriva addirittura al punto che un’azienda come Baccarat, nota al mondo per la cristalleria e per aver creato per altri marchi preziose bottiglie di profumo, decida di lanciare essa stessa un linea di tre profumi, rendendo quindi ancora più evidente l’importanza del contenitore rispetto al contenuto.

Ma torniamo con i piedi per terra a parlare di prodotti di largo consumo. Per un lungo periodo il pack è stato visto come un elemento negativo per tutti quella fascia di consumatori eco-sensibili ed eco-sostenibili; in alcuni supermercati c’è stata (e c’è ancora, per le comunità più radicali) la possibilità di acquistare i detersivi sfusi, annullando totalmente la funzione e l’esistenza del packaging. Oggi però il settore degli imballaggi, che in Italia è formato da 7246 aziende e che occupa 105.750 persone (dati Conai, Consorzio Nazionale Imballaggi), è particolarmente attento all’ambiente, specialmente nel settore food grazie alle confezioni richiudibili, la riduzione dello spessore dei film in polietilene, l’innovazione di nuovi materiali riciclabili e una seria campagna di comunicazione e sensibilizzazione dei cittadini verso la creazione di una cultura e di un’educazione ambientale focalizzata sulla raccolta differenziata e sul recupero dei materiali di imballaggio.

In termini puramente di marketing, il packaging sta diventando il più importante medium di contenuto per il prodotto: non solo l’etichettatura costituisce la base per una nuova relazione tra il brand e chi acquista, ma secondo una recente studio condotto da Pointologic International Media Consultant le fasce di popolazione più giovane tendono ad osservare le confezioni (forma, design, info) più di quelle anziane, segno sicuro del fatto che il packaging non perderà la sua importanza nel tempo.

Infine, paradossalmente, il packaging acquista sempre più importanza nel mondo del media digitali: se da un lato, infatti, permette di connettere gli acquirenti al prodotto attraverso internet (sebbene il QR code, presente in gran parte delle confezioni, sia ancora poco utilizzato), dall’altro lato per chi fa gli acquisti online, il visual del pack continua ad avere un’importanza fondamentale per la decisione d’acquisto.

Se poi riescono anche a personalizzarlo, il gioco – come si è visto – è fatto.

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