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00:33 giovedì 11 dicembre 2025
Si è scoperto che Oliver Sacks “ritoccò” alcuni casi clinici per rendere i suoi libri più appassionanti e comprensibili Un'inchiesta del New Yorker ha rivelato diverse aggiunte e modifiche fatte da Sacks ai veri casi clinici finiti poi nei suoi libri.
Lo 0,001 per cento più ricco della popolazione mondiale possiede la stessa ricchezza della metà più povera dell’umanità, dice un rapporto del World Inequality Lab Nella ricerca, a cui ha partecipato anche Thomas Piketty, si legge che le disuguaglianze sono ormai diventate una gravissima urgenza in tutto il mondo.
È morta Sophie Kinsella, l’autrice di I Love Shopping Aveva 55 anni e il suo ultimo libro, What Does It Feel Like?, era un romanzo semiautobiografico su una scrittrice che scopre di avere il cancro.
La Casa Bianca non userà più il font Calibri nei suoi documenti ufficiali perché è troppo woke E tornerà al caro, vecchio Times New Roman, identificato come il font della tradizione e dell'autorevolezza.
La magistratura americana ha pubblicato il video in cui si vede Luigi Mangione che viene arrestato al McDonald’s Il video è stato registrate dalle bodycam degli agenti ed è una delle prove più importanti nel processo a Mangione, sia per la difesa che per l'accusa.
David Byrne ha fatto una playlist di Natale per chi odia le canzoni di Natale Canzoni tristi, canzoni in spagnolo, canzoni su quanto il Natale sia noioso o deprimente: David Byrne in versione Grinch musicale.
Per impedire a Netflix di acquisire Warner Bros., Paramount ha chiesto aiuto ad Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi e pure al genero di Trump Lo studio avrebbe chiesto aiuto a tutti, dal governo USA ai Paesi del Golfo, per lanciare la sua controfferta da 108 miliardi di dollari.
Sempre più persone si uniscono agli scream club, cioè dei gruppi in cui per gestire lo stress invece di andare dallo psicologo ci si mette a urlare in pubblico Nati negli Stati Uniti e arrivati adesso anche in Europa, a quanto pare sono un efficace (e soprattutto gratuito) strumento di gestione dello stress.

Come parlare dei libri scritti dagli amici

È difficile fare i complimenti agli scrittori che conosciamo: una confessione in mezzo al guado dell'insincerità.

04 Luglio 2018

Da tanto tempo a questa parte ho un problema coi complimenti. Quando concludo un libro o anche un articolo che mi è piaciuto particolarmente mi sembra doveroso fare i complimenti all’autore, solo che poi non riesco a farli. Mi pare che questo lavoro, scrivere, sia valutato talmente poco – dico, non solo economicamente – che chi si è sforzato con profitto meriti almeno una parola di conforto. Di qualsiasi tipo, anche da uno sconosciuto da cui non può ottenere nulla in cambio, giusto un po’ più di attenzione da quel momento in poi. Probabilmente è una mia convinzione, all’autore non gliene frega nulla e infatti spesso mi accontento di retwittare quel pezzo su un social o consigliare a un amico quel libro, se capita, e la cosa finisce lì. Ma il desiderio di essere più amichevole e sincero mi resta.

Eppure non dovrebbe essere difficile, oggi, rivolgere dei complimenti più sentiti. Potrei fare una foto di quel libro assieme alla mia colazione, potrei sottolinearlo e fotografarlo, potrei esagerare coi complimenti pubblici sapendo che l’eccessivo entusiasmo verrebbe comunque tarato con un po’ di ironia. Potrei fare una di queste cose o più assieme, ma non le faccio. Non me ne voglia chi lo fa, li invidio molto, sento che sono più liberi di me, ma sono tutte cose che mi mettono in imbarazzo. Forse perché faccio un sacco di molliche con la colazione e perché non sottolineavo neanche a scuola perché volevo rivendermi i libri, ma è più forte di me. Quando James Franco scrisse quel pezzo sul New York Times in difesa del selfie, disse che non ci si può fidare di chi non si fa i selfie perché sono persone che non hanno il coraggio di guardare il proprio interlocutore negli occhi. Sono due tipi di foto ed esibizione di sé molto diverse, mi direte, e d’accordo, può essere, ma, nella mia mente, si assomigliano molto.

Il mio timore è, però, legato anche al fatto che mi pare di sguazzare nei complimenti degli altri e io, quando vedo i complimenti degli altri, sono sempre sospettoso. Mi sembra che maggior parte dei complimenti a cui siamo ormai abituati facciano parte di una capillare e studiata operazione di posizionamento. Le foto coi libri, le recensioni che ci scambiamo, persino i like vengono pesati: più si assottigliano le possibilità di questa specie di ambiente culturale in cui ci illudiamo di vivere e più i complimenti diventano una delle poche forme efficaci di ascesa. Una recensione entusiasta può valerti un invito a un festival, verrai ringraziato con un altro vertiginoso complimento, una presentazione, incroci tra case editrici, consulenze per un programma tv. Per carità, intendiamoci, non dico che non ci sia nulla di sincero mai, anzi, non voglio fare il solito intervento millenarista sul marcio del mondo culturale, tutt’altro, ma dire che proprio la presenza di tanta sincerità mista a tanta insincerità rende complicate le cose e lascia qualcuno, pochi, spaventati di essere presi per falsi.

L’unica cosa per cui mi piace inviare dei fiori è che puoi andare dal fioraio e sfogliare gli elenchi di frasi fatte di accompagnamento per mazzi di fiori. Quando hai pagato e pensi di aver finito, il fioraio ti ricorda che potresti aggiungere una frase, allora ti ritrovi con la penna in mano e il foglietto bianco. E scopri di non avere alcuna idea. Tabula rasa. Il vuoto. Lui riconosce l’occhio disperato, lo smarrimento di chi guardandosi attorno cerca un’ispirazione che non può arrivare, come fossimo ancora a scuola davanti a un compito di matematica, e allora, da sotto il banco, ti passa uno di quei begli elenchi di frasi fatte. Libroni usurati, sfogliati e risfogliati decine di volte da anaffettivi come te. E finalmente tutto si ricompone. Frasi per papà, citazioni per la mamma, auguri per il fratello, cose passionali per la fidanzata, cose più mature e distaccate per le mogli, porcate per l’amante. La somma del tuo vuoto e del vuoto delle frasi incredibilmente produce il senso. E puoi scrivere “La felicità è un bene vicinissimo, alla portata di tutti: basta fermarsi e raccoglierla. Ti amo XXX”; attribuendolo a Seneca, o perfino appropriandone, senza sentirti cretino. Ecco, io avrei bisogno di un elenco del genere anche per i complimenti librari per dire a Simone Lenzi e a Veronica Raimo che i loro libri mi sono piaciuti.

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